La rappresaglia iraniana ha avuto l’effetto di rafforzare Netanyahu all’estero e all’interno di Israele. Appena una settimana fa era un leader isolato e criticato, anche dall’«amico» Joe Biden, per l’offensiva israeliana che ha fatto 34mila morti a Gaza e gettato nel baratro della carestia due milioni di palestinesi. Ora Biden e gli altri leader occidentali corrono a promettergli sostegno e un pronto aiuto se ci sarà una guerra con l’Iran. Netanyahu sorride soddisfatto anche per la prima forma della Coalizione anti-Iran apparsa sabato sera quando aerei e sistemi antimissile di Usa, Francia, Giordania e Regno unito in Medio oriente sono intervenuti in difesa di Israele. Anche all’interno è più forte. Agli occhi degli israeliani non è più il responsabile del fallimento del 7 ottobre e il primo ministro incapace di riportare a casa gli ostaggi a Gaza. Ora è anche il leader che ha saputo difendere il paese da un ampio attacco dal cielo. Uno status diverso che si è avvertito subito all’interno del gabinetto di guerra in cui i rappresentanti del partito centrista Unione nazionale, gli ex capi militari Benny Gantz e Gadi Eisenkot, sono una spina nel fianco del premier. Se i due decideranno di uscire dall’esecutivo per andare a nuove elezioni, Netanyahu ha già trovato due sostituti: Gideon Saar che nei giorni scorsi ha rotto l’alleanza con Gantz, e Itamar Ben Gvir, il ministro della Sicurezza che da sempre esorta a colpire senza misericordia i palestinesi.
Netanyahu però in queste ore deve preoccuparsi di un altro «fronte». La guerra di attrito in corso da sei mesi con Hezbollah si fa più intensa e sanguinosa con il passare dei giorni. Il movimento sciita libanese, come ha fatto il suo alleato Iran, ha deciso che le regole di ingaggio non sono più valide e che ai raid aerei di Israele reagirà con il pugno di ferro. Dopo l’uccisione di tre suoi uomini nel sud del Libano, Hezbollah ieri ha reagito lanciando droni killer contro due basi militari in Alta Galilea: quella del controllo aereo sul monte Meron e la caserma di Arab al Aramshe. Sono tutti i soldati i 14 feriti ad Arab al-Aramashe, 6 sono gravi. Israele ha poi colpito postazioni del movimento sciita a Naqura e Yarin.
Non è un mistero che Israele si stia preparando da tempo a un’offensiva di terra in Libano. Nei giorni scorsi ha condotto manovre militari simulando una guerra con Hezbollah. Secondo il giornale di Beirut, Al Modon, dopo aver apprezzato l’aiuto sabato scorso di paesi arabi (Giordania, Arabia saudita ed Emirati), Tel Aviv «vuole colpire con più forza l’influenza iraniana nella regione, costruendo coordinamenti militari e alleanze che vanno oltre la normalizzazione». Gli Stati uniti, aggiunge il giornale, però non vogliono che Israele trasformi il Libano in quello che è oggi Gaza. Hanno bisogno di avere un piede ben saldo nel paese dei cedri, in aggiunta a quello che, pare, avranno a Gaza con la costruzione del porto galleggiante da parte dei soldati Usa.
A proposito dei progetti che gli Usa e i paesi arabi fanno per la «Gaza futura», la tv israeliana Canale 12 ha riferito di un piano per porre la Striscia sotto il controllo della NATO in cambio del riconoscimento dell’indipendenza palestinese. L’Alleanza atlantica supervisionerà la ricostruzione di Gaza e gestirà, assieme all’Autorità nazionale palestinese, la vita dei suoi abitanti in preparazione delle elezioni fra cinque anni. «Se questo modello avrà successo, allora verrà impiegato anche in Cisgiordania».
Gaza intanto è soggetta a una interminabile offensiva militare israeliana che pagano più di ogni altro i civili palestinesi. Chi non muore per le bombe, muore per la fame. Come l’adolescente Zein Oroq. A novembre era rimasto intrappolato sotto le macerie dopo un bombardamento aereo che aveva ucciso 17 membri della sua famiglia allargata. Ma era riuscito a salvarsi. La settimana scorsa, durante un lancio di aiuti con i paracadute, il ragazzo è stato colpito in pieno da uno dei pacchi mentre cercava di prendere qualche pacco di riso e della farina. Portato in ospedale, Zein è morto domenica per le gravi ferite riportate. Ieri si sono registrati nuovi raid aerei nel nord di Gaza, con 12 palestinesi uccisi a Sheikh Radwan e 2 a Shujayeh, ad est del capoluogo Gaza city. Il ministero della Sanità palestinese riferisce che 33.866 palestinesi sono stati uccisi dal fuoco israeliano dal 7 ottobre, di cui 56 nelle ultime 24 ore. I minori morti, secondo i dati diffusi ieri dall’Unicef, sono 13.750 bambini. Più di 1.000 bambini hanno subito l’amputazione di uno o più arti.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto