Carcere. Il «sistema» Beccaria di Milano: torture e violenze nel minorile
Arrestati 13 agenti della penitenziaria. Otto, tra cui l’ex comandante Ferone, sospesi. I reati contestati dalla Procura sono maltrattamenti, lesioni e tentata violenza sessuale
MILANO. A raccontare l’orrore del carcere minorile Beccaria di Milano sono le testimonianze delle vittime. «Sono arrivati sette agenti, mi hanno messo le manette e hanno cominciato a colpirmi» racconta ai pm S., picchiato il 18 novembre 2022. E ancora: «Ho un problema con la spalla sinistra e mettendomi le manette me l’hanno fatta uscire». S. racconta di aver urlato che gli stavano facendo male, la risposta sono stai prima uno schiaffo, poi un pugno, infine calci nelle parti intime: «Vedevo tutto nero. L’ultima cosa che mi ricordo è che mi sputavano addosso. Dopo mi hanno sollevato così, da dietro, dalle manette». S. si è svegliato con il labbro aperto e l’occhio nero, oltre alla spalla dolorante e fuori posto. Come ulteriore premio ha ricevuto 10 giorni in cella d’isolamento, i primi tre senza materasso e cuscino.
QUELLO DI S. è solo uno dei pestaggi per i quali sono stati indagati 25 agenti della polizia penitenziaria del Beccaria, cioè la metà degli agenti in servizio. 13 sono stati arrestati, 8 sospesi, gli altri 4 indagati senza provvedimenti restrittivi. «È normale essere picchiati al Beccaria» racconta A., 17 anni. Una violenza sistemica, scrive la gip Stefania Donadeo nell’ordinanza d’arresto: «Le violenze perpetrate all’interno del carcere Beccaria corrispondono esattamente a una pratica reiterata e sistematica che connota la condotta ordinaria degli agenti che vogliono stabilire le regole di civile convivenza e imporle picchiando, aggredendo e offendendo i minorenni detenuti». Un sistema «consolidato» che ha determinato «un clima infernale» verso i giovani. Sorvegliare e punire, umiliare e disumanizzare.
I REATI a vario titolo contestati dalla Procura sono lesioni, maltrattamenti, tortura e una tentata violenza sessuale. L’indagine nasce dalle presunte omissioni nelle torture a un 17enne nell’agosto del 2022 e dalle segnalazioni arrivate in procura da psicologi che lavoravano nel carcere, dalle madri di alcuni minori detenuti, dal Garante dei diritti delle persone private della libertà del comune di Milano, Francesco Maisto. Gli agenti sono accusati non solo di aver picchiato e torturato i ragazzi, ma anche di aver falsificato le relazioni di servizio per nascondere quello che accadeva. I minorenni erano costretti di volta in volta a essere vittime dei pestaggi o ad assistere al pestaggio del compagno di cella, oppure obbligati ad ascoltare le urla di dolore di chi veniva picchiato. Violenze ormai normalizzate. «La diffusione sistematica della violenza ha determinato anche negli stessi detenuti la maturazione di un’idea di normalità della stessa».
I RAGAZZI provavano a normalizzare anche la prevenzione dei pestaggi: «Ci eravamo coperti con tanti vestiti a strati perché così avremmo sentito meno le botte» ha raccontato una vittima. Nel penitenziario c’erano celle senza telecamere dove avvenivano i pestaggi più gravi. Dopo i lavori di ristrutturazione, sono state individuate diverse celle definite dai ragazzi di isolamento, «celle prive di telecamere» ha spiegato la pm Rosaria Stagnaro. Cosa succedesse dentro queste stanze lo ha raccontato una delle vittime: una notte «mi hanno svegliato e mi hanno picchiato mentre ero in cella con un altro, mi hanno portato giù in una stanza singola e lì mi hanno ancora picchiato in faccia, sul naso, che mi faceva tanto male. Mentre mi picchiavano dicevano ‘sei venuto ieri…e fai così, sei un bastardo, sei un arabo zingaro’».
GLI AGENTI avrebbero usato anche «sacchetti tipo di sabbia per picchiarli, per non lasciare tracce». I ragazzi non denunciavano per timore di rappresaglie. Uno degli episodi più gravi è un mix di molestie sessuali e violenza fisica. Racconta un ragazzo: uno degli agenti «apriva la finestra del blindo» e chiedeva al ragazzo precedentemente vittima di approcci sessuali «di avvicinarsi e gli spruzzava negli occhi lo spray al peperoncino». In sei poi lo avrebbero insultato e preso a calci e pugni su tutto il corpo e, una volta steso a terra, lo avrebbero ammanettato e continuato a colpire strappandogli la maglietta mentre lui tentava di difendersi con un pezzo di piastrella. Poi lo avrebbero portato al piano terra in una cella d’isolamento dove lo avrebbero spogliato, lasciandolo completamente nudo e con le manette per poi prenderlo a cinghiate fino a farlo sanguinare. Il mattino successivo, quando hanno trasferito il ragazzo dalla sua cella a un’altra, ancora calci e insulti: «Sei un figlio di puttana, sei un arabo zingaro, noi siamo napoletani, voi siete arabi di merda»
* Fonte/autore: Roberto Maggioni, il manifesto
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