by Michele Giorgio * | 19 Marzo 2024 10:00
Israele ha attaccato per la seconda volta il principale ospedale di Gaza. Sostiene di aver ucciso «40 terroristi», tra cui un ufficiale di Hamas. Fao e Pam: a maggio carestia nel nord della Striscia
GERUSALEMME. «I soldati israeliani sono arrivati nel cuore della notte. Quando ho raggiunto una zona non lontana dallo Shifa ho sentito raffiche di mitra, esplosioni e ho visto un incendio. Gli sfollati accampati nel cortile dell’ospedale scappavano urlando». Anas Sharif, un giornalista, ci raccontava ieri quanto ha potuto vedere e sentire prima di allontanarsi a causa la violenza del nuovo raid dell’esercito israeliano nell’ospedale Shifa di Gaza city che ha fatto decine di morti e feriti. Il portavoce militare israeliano ha parlato di «un’operazione mirata volta a colpire terroristi di Hamas». Poi si è saputo che uno degli obiettivi del raid era Fayek al Mabhouh, un ufficiale del movimento islamico. Suo fratello Mahmoud Al-Mabhouh, fu assassinato dal Mossad israeliano a Dubai nel 2010.
Lo Shifa, il più attrezzato degli ospedali di Gaza ma operativo solo in parte, era già stato circondato e poi occupato lo scorso novembre dalle truppe israeliane. Per il gabinetto di guerra guidato da Benyamin Netanyahu e i comandi militari lo Shifa era una «copertura» del quartier generale sotterraneo di Hamas. Le ispezioni portarono alla scoperta solo di alcuni tunnel: nessuna dell’«enorme base a più livelli» del movimento islamico. Molti medici ed infermieri furono arrestati. In quei giorni alcuni neonati e pazienti gravi morirono a causa della mancanza di elettricità per le incubatrici e le terapie intensive. Intervenendo di nuovo ieri mattina sullo Shifa, il portavoce dell’esercito ha detto che l’attacco non avrebbe coinvolto il personale medico, i pazienti e gli sfollati accampati. Le cose sono andate in modo ben diverso. A cominciare dal panico tra i civili. I militari hanno lanciato volantini per intimare agli accampati dentro e fuori lo Shifa di evacuare mentre in precedenza avevano ordinato di non muoversi. Tutto questo tra le terribili esplosioni causate dagli attacchi aerei. Un incendio è scoppiato all’ingresso del complesso ospedaliero. Alcune persone per diverse ore sono rimaste intrappolate all’interno del pronto soccorso.
La palazzina n.8 dell’ospedale, con il reparto di chirurgia generale, è stata colpita e occupata dai soldati alla caccia di combattenti di Hamas che a loro volta sparavano per respingere l’assalto. Fayek al Mabhouh avrebbe rifiutato di arrendersi ed è stato ucciso. Almeno 80 persone sono state arrestate. Ezz Lulu, un paramedico ha riferito della «mancanza di elettricità e generi di prima necessità nell’ospedale» e della impossibilità di lasciare lo Shifa per la presenza di cecchini. «Ci sono corpi a terra nel cortile ma non possiamo recuperarli», ha aggiunto. Nel pomeriggio le truppe israeliane, con la copertura dell’aviazione, si sono lanciate in incursioni in case e edifici nella vicina via Lababidi. Bombardamenti intensi sono avvenuti anche in via Al Jala: video e foto mostrano migliaia di civili in fuga da Gaza city con alle spalle colonne di fumo nero. Altri 16 palestinesi sono stati uccisi in attacchi aerei su Jabaliya e Beit Hanun. Ismail al Ghoul, un giornalista di Al Jazeera, è stato picchiato dai soldati e arrestato assieme alla sua troupe: l’emittente qatariota ha lanciato un appello per la sua liberazione immediata. Tra gli uccisi di ieri c’è anche un militare israeliano. Secondo un comunicato dell’esercito nell’attacco allo Shifa sarebbero morti «20 terroristi» e altrettanti sarebbero stati uccisi nei dintorni dell’ospedale. I palestinesi invece riferiscono di numerosi civili uccisi e feriti.
Netanyahu ieri ha avuto un colloquio telefonico con il presidente americano Joe Biden al quale ha ribadito che Israele non fermerà la sua offensiva a Gaza, anche contro Rafah, la città degli sfollati, «fino all’eliminazione di Hamas», affermando di voler garantire gli aiuti umanitari alla popolazione palestinese. Sino ad oggi questo è avvenuto solo in minima parte e le conseguenze sono davanti agli occhi del mondo. Le agenzie dell’Onu, Fao e Pam, con l’ultimo studio fatto dall’Ipc (Integrated food security phase classification), hanno lanciato ieri l’allarme per il rapido peggioramento della crisi alimentare a Gaza, dove si prevede una situazione di carestia entro il prossimo maggio nelle regioni settentrionali. Secondo gli ultimi dati dell’Ipc, praticamente tutte le famiglie saltano i pasti ogni giorno e gli adulti riducono i pasti in modo che i bambini possano mangiare. In particolare, nel nord in quasi due terzi delle famiglie le persone sono rimaste intere giornate e notti senza mangiare almeno 10 volte negli ultimi 30 giorni. Sempre nel nord un bambino su tre sotto i due anni è gravemente malnutrito. Una situazione catastrofica che richiede interventi urgenti e massicci. Eppure, ciò non ha impedito alle autorità israeliane di vietare l’ingresso a Gaza a Philippe Lazzarini, il commissario generale dell’Unrwa la più importante e strutturata delle agenzie umanitarie dell’Onu a Gaza.
È giunta nel frattempo in Qatar la delegazione israeliana guidata dal direttore del Mossad David Barnea per le trattative per la tregua a Gaza. Questa tornata di colloqui durerà almeno due settimane e sarà negoziata in qualche modo con Yahya Sinwar, capo di Hamas a Gaza da oltre cinque mesi ricercato da Israele. Il movimento islamico insiste su una tregua permanente, e non solo di sei settimane come offre Israele, e la scarcerazione di prigionieri politici palestinesi di primo piano in cambio della liberazione degli oltre cento ostaggi israeliani a Gaza. Uno dei prigionieri più noti, Marwan Barghouti, incluso da Hamas nell’ipotetico scambio è in isolamento e abusato in una prigione israeliana, affermano esponenti del suo partito, Fatah. Qadura Fares, capo della Commissione per i detenuti, ha denunciato che Barghouti qualche giorno fa è stato picchiato dalle guardie carcerarie.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto[1]
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