Gaza. L'”accoglienza umanitaria” dei bambini in versione italiana

Gaza. L'”accoglienza umanitaria” dei bambini in versione italiana

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La vicenda dei bambini gazawi curati e “abbandonati” da noi e la tragedia di quelli che restano senza cure nella Striscia

 

Sedotti e abbandonati. Prima trasferiti in Italia per essere curati, poi relegati in una zona grigia umiliante che con la protezione internazionale ha poco a che fare. Scaricati come pacchi ingombranti a quello stesso terzo settore che sul terreno, nei teatri di crisi dove è spesso l’ultimo baluardo di umanità, viene scientemente esautorato, screditato, de-finanziato. Sulla falsariga di quanto successo sempre in tema di Palestina con l’Unrwa.

Sono i bambini gazawi feriti o malati giunti in Italia con le loro famiglie per ricevere cure adeguate. Gli ultimi palestinesi costretti ad andarsene, in fondo. Come ai primi, non sembra essergli concessa la prospettiva di un ritorno, né quella di una permanenza serena. Visti sbagliati, fondi non previsti e e altri piccoli dettagli non compresi nel pacchetto di accoglienza.

La vicenda esemplifica il modo in cui il governo di Giorgia Meloni intende l’azione umanitaria. Uno spot come un altro, stile Piano Mattei, il beau geste a favore di telecamera e poi il contrario di quanto quell’immagine, il sorriso della premier nella foto di rito, per quanto tirato, vorrebbe annunciare. Tuttalpiù è un “30” che non diventa mai “31” perché qui l’azione, il blitz della Difesa c’è stato ed è stato sì, vivaddio, umanitario. Non è stato neanche semplice, dovendo negoziare con gli israeliani, ma alla fine ci si è riusciti. Strano che non si riesca a chiedere con altrettanta convinzione, da alleati di Israele, non dico di fermarsi, ma che almeno gli aiuti accatastati alle porte di Rafah imbocchino la strada inversa seguita da quei bambini, per salvare altre migliaia di persone ridotte alla fame.

Ovviamente ogni ferito o malato che si riesca a tirare fuori da Gaza in questo momento di cieca violenza è oro colato. Ma non cura l’ipocrisia di fondo, la scarsa volontà di esercitare tutte le pressioni possibili nelle sedi più opportune perché questo diritto di protezione – tralasciando per un momento quello fondamentale di vivere in pace nella propria terra – si estenda subito a ogni minore, ogni donna, ogni innocente che stia soffrendo le pene, dirette o indirette, della guerra scatenata contro la Striscia.

* Fonte/autore: Marco Boccitto, il manifesto

 

 

Image: Death of Yezan, by Middle East Eye – March 8, 2024



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Sono più donne che uomini, hanno meno di quarant’anni e abitano prevalentemente nelle provincie del Centro Nord, ma sono molto presenti anche in quelle del Nord-Est (Brescia, Vicenza, Treviso, Padova, Verona). La maggioranza ha chiesto e ottenuto la cittadinanza perché vive in Italia da lungo tempo e ha deciso che questo è il Paese in cui vuole vivere e con cui si identifica come cittadina o cittadino. Ma una grossa parte, e la grande maggioranza delle donne, ha ottenuto la cittadinanza perché ha sposato un cittadino italiano.

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