by Mauro Ravarino * | 25 Febbraio 2024 9:20
Militanti, attivisti per l’ambiente e lavoratori rispondono all’appello lanciato da Avs e da Sinistra ecologista per chiedere piena occupazione
TORINO. Una marcia per il clima e per il lavoro. Ieri, attorno allo sterminato perimetro di Mirafiori, nella periferia sud di Torino, in centinaia hanno camminato per non lasciare soli gli operai in cassa integrazione e per chiedere di salvare lo storico stabilimento attraverso la transizione ecologica, non un limite ma un’opportunità. Due ore a piedi per cinque chilometri. Hanno risposto all’appello lanciato dall’Alleanza Verdi-Sinistra e da Sinistra ecologista che hanno organizzato la manifestazione. «Erano più di 45 anni non si faceva questo perimetro. Veniamo da più di 17 anni di cassa integrazione e possiamo affermare con certezza che la transizione ecologica non c’entra nulla con questa lunga crisi ma può servire a rilanciare questo stabilimento», ha detto, all’inizio, Marco Grimaldi, parlamentare torinese di Avs.
IN CORTEO TRA LE BANDIERE rossoverdi, insieme ai militanti della sinistra, anche molti attivisti per il clima e lavoratori della fabbrica, che hanno preso la parola per descrivere la situazione dei vari reparti. «Si rincorrono le voci del possibile arrivo di un produttore cinese, ben venga, ma – precisa Grimaldi – non sia l’alibi per portare via da qui la 500 elettrica, l’unica auto elettrica che si produce in Italia. Chiediamo al governo di convocare l’ad di Stellantis Tavares, perché le notizie sono inquietanti: abbiamo visto la Panda elettrica volare in Serbia, la 600 in Polonia e la Topolino in Marocco. Noi pensiamo che in Italia si possano continuare a progettare auto e a produrle. Lo diciamo per Mirafiori, ma anche per l’indotto del Paese, che ha bisogno di politiche industriali e di nuovi modelli».
DIETRO ALLO STRISCIONE della marcia ribattezzata «Clima Lavoro», in cui è esplicitata la richiesta di «piena occupazione», oltre all’assessore comunale Jacopo Rosatelli e alla consigliera regionale Silvana Accossato, anche Alice Ravinale, capogruppo in Comune a Torino di Sinistra ecologista, che con Grimaldi aveva lanciato l’appello per l’iniziativa: «Siamo qui – dice Ravinale – perché in questi quasi 3 milioni di metri quadri, già oggi per metà non utilizzati, lavorano 12mila persone, che se non ci saranno piani seri industriali di Stellantis, nei prossimi sette anni o andranno in pensione o verranno mandate via. I veri investimenti di Stellantis in Italia in questo momento li sta facendo con i piani di incentivazione all’esodo. Non possiamo permetterci di lasciar lentamente spegnere Mirafiori, anche per la tenuta dell’indotto che negli ultimi vent’anni ha perso in Piemonte 32mila persone». E per Mirafiori – attualmente – non sono previste assunzioni.
SONO ARRIVATI A TORINO i leader di Alleanza Verdi-Sinistra, Nicola Fratoianni (Sinistra italiana) e Angelo Bonelli (Europa Verde). «Vogliamo dire a questo Paese, e in particolare a chi lo governa male, che – dichiara Fratoianni – se vogliamo salvare il lavoro e le filiere industriali italiane dobbiamo investire nella conversione ecologica. Queste due grandi questioni del nostro tempo devono essere affrontate insieme e sollecitarle qui davanti a Mirafiori ha un valore simbolico». Sulla stessa lunghezza d’onda Bonelli: «Quello che manca è costruire un piano industriale per l’Italia che guardi all’innovazione e alla transizione ecologica. Meloni e il ministro Urso fanno guerra all’elettrico e pensano solo a trasformare l’Italia in un hub del gas, a favorire i grandi asset industriali delle fonti fossili. L’Eni ha fatto negli ultimi due anni extraprofitti miliardari».
APPLAUDITISSIMA Luciana Castellina, che è intervenuta davanti alla porta 2 delle Carrozzerie, ricordando come questa piazza sia stata «l’agorà principale d’Italia per anni, la mecca, il primo posto dove veniva chiunque volesse cambiare il mondo». Ha sottolineato: «Non ne parlo per piangere sul passato ma perché credo che dobbiamo tenere presente quell’esperienza; si veniva da anni difficili, ma si è avuto il coraggio di cambiare molte cose. Le tecnologie nuove hanno portato nel secolo ventesimo una riduzione dell’occupazione tradizionale del 15%, il rischio è che in questo secolo portino a una riduzione del 75%. La cosa terribile accaduta a Torino è stata non impegnarsi a pensare che le nuove tecnologie potevano portare enormi vantaggi, a partire dalla riduzione dell’orario di lavoro».
* Fonte/autore: Mauro Ravarino, il manifesto[1]
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