by Anna Maria Merlo * | 7 Febbraio 2024 13:02
Von der Leyen, spaventata dalle proteste degli agricoltori, cede sui fitosanitari e annacqua le raccomandazioni sulla Co2: ritirato il testo Sur che avrebbe imposto un taglio del 50% dell’agrochimica entro il 2030 e silenzio sul calo del 30% di diossido di carbonio in agricoltura
«Afuera» (come direbbe l’argentino Milei) il testo sul taglio del 50% dell’uso di pesticidi in agricoltura, minimizzazione dell’obiettivo della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2040 – meno 90% rispetto al 1990 – che sarà raggiunto anche se non facciamo niente di speciale e continuiamo «la traiettoria 2030», oltre al grande silenzio sul necessario calo del 30% di produzione di Co2 in agricoltura.
Ursula von der Leyen preoccupata per la sua rielezione alla testa della Commissione, così come il suo partito, il Ppe, è spaventato dalle proteste dei trattori che rischiano di gonfiare i consensi all’estrema destra alle prossime elezioni europee di giugno, mette precipitosamente nel cassetto alcuni pilastri del Green Deal.
IERI, LA PRESIDENTE della Commissione ha cominciato con i pesticidi, uno degli elementi della protesta degli agricoltori in Europa, che urlano contro l’eccesso di norme: ha annunciato il ritiro del testo Sur (Sustainable Use Regulation) che avrebbe imposto un taglio del 50% dell’agrochimica entro il 2030, del resto già bocciato nel novembre scorso dal parlamento europeo (il Ppe lo aveva annacquato drasticamente, troppo per la sinistra, così tutti hanno votato contro).
«La Commissione farà proposte più mature», ha detto von der Leyen, senza però sbilanciarsi su una data. Con la partecipazione «delle parti in causa», ha aggiunto, chiamate in fretta e furia a discutere nel «dialogo strategico» sull’agricoltura che la Commissione si è precipitata a evocare vedendo le strade d’Europa riempirsi di trattori in collera. «Gli agricoltori meritano di essere ascoltati» ha concluso: «dobbiamo superare il dibattito polarizzato, instaurare la fiducia, evitare di rinfacciarci le colpe e cercare assieme una soluzione».
LA COMMISSIONE ieri ha anche ridimensionato la traiettoria sulla riduzione di emissioni di Co2 per arrivare alla neutralità carbone entro il 2050, in conformità con gli Accordi di Parigi. Ha confermato una riduzione del 90% di gas a effetto serra entro il 2040, dopo il meno 55% del 2030, ma al momento è solo una raccomandazione di Bruxelles, manca l’accordo di parlamento e stati membri. Di fronte alla protesta degli agricoltori, molti governi insistono su una «pausa» nella regolamentazione della transizione climatica.
La Commissione si nasconde dietro un’analisi tecnica: «Le emissioni nette teoriche di gas a effetto serra risultanti dal quadro politico senza cambiamenti si eleverebbero a meno 88% rispetto al 1990» e nei fatti punta a soluzioni tecniche, come la captazione e lo stock di Co2. Ma un recente Rapporto del Consiglio europeo consultivo sul cambiamento climatico afferma che, al ritmo attuale, la traiettoria di riduzione di Co2 prevede solo un meno 49% entro il 2030 (invece di meno 55%). Il commissario al clima, l’olandese Wopke Hoekstra (esponente dei conservatori liberali del partito Appello Cristiano Democratico con un precedente incarico alla Shell), molto prudente, insiste sulla necessità di una «transizione giusta».
IN BALLO CI SONO delle vere bombe a scoppio ritardato: deve essere ridefinito il prezzo della tonnellata di Co2, che se troppo alto può essere causa di deindustrializzazione, è prevista la fine delle allocazioni gratuite delle quote per l’industria e l’estensione del mercato del carbonio anche alle famiglie (combustibili per riscaldamento e carburanti).
La carbon tax alle frontiere non è ancora in vigore. In ogni caso, Hoekstra se ne lava le mani, la patata bollente passa alla prossima Commissione. Il deputato di Renew Pascal Canfin, presidente della commissione Envi del Parlamento (per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare), mette in guardia: «Se le condizioni politiche non ci saranno dopo le elezioni perché non ci sarà una maggioranza per sostenere gli obiettivi 2040, non si farà». Il suo partito, del resto, al potere in Francia, ha ceduto agli agricoltori per fermare la protesta, 400 miliardi di aiuti in più e tagli netti alle norme ambientaliste.
FINORA, SONO STATI adottati circa una sessantina di testi del Green Deal, dalla fine del motore termico per le auto nel 2035 al potenziamento delle rinnovabili, all’efficacia energetica nell’edilizia, alla lotta contro la deforestazione importata. Ma la campagna elettorale è in corso. Lo slogan del Ppe, primo gruppo politico, è «proibito proibire». Non siamo nel ’68, oggi significa passi indietro nelle norme di protezione della natura.
* Fonte/autore: Anna Maria Merlo, il manifesto[1]
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