I trattori in marcia per Roma: «No al fotovoltaico e ai governi filo-Ue»
Al raduno sulla Nomentana agricoltori da Abruzzo e Toscana: «Siamo vittime della grande distribuzione e delle politiche verdi»
I primi trattori sono arrivati a Roma, il più grande comune agricolo d’Europa, ieri di prima mattina. Hanno superato il Grande Raccordo Anulare, l’autostrada che circonda ad anello la città, e si sono sistemati su una collinetta e un piazzale lungo la via Nomentana, nel quadrante nord-est della capitale. Provenivano dall’Abruzzo, dalla Toscana e alcuni di loro dall’agro romano. Velio Contu, un allevatore di origini sarde proprietario di azienda con un migliaio di pecore a Guidonia, poco lontano, ha fatto gli onori di casa prendendosela, in ordine alfabetico, con gli ambientalisti «teorici», gli animalisti «che difendono gli orsi e non le persone», la burocrazia statale, le organizzazioni di categoria e i sindacati «che sono i peggiori».
Gli allevatori abruzzesi – arrivati da Montesilvano e da Pescara – sono arrivati per protestare, tra le altre cose, per il problema dei branchi di lupi che sgozzano le pecore e dei cinghiali che devastano i terreni. «Ci aspettiamo che il governo decida almeno un abbattimento della fauna selvatica», dicono.
Il minimo comune denominatore per tutti è la contestazione delle politiche agricole europee «che consentono le importazioni di materie prime geneticamente modificate o trattate con pesticidi che da noi sono vietati» e delle associazioni come Coldiretti «che non fanno i nostri interessi». Molti di loro vi sono iscritti, «ma solo perché siamo costretti».
Molti ce l’hanno con gli espropri dei terreni per impiantare pannelli fotovoltaici, altri chiedono la cancellazione dell’accisa sul gasolio, circa 13 centesimi al litro che diventano una cifra importante su un pieno da 500 litri per un trattore. Tutti esprimono un malessere rivolto a un governo di destra che in gran parte hanno votato e che, sostengono, finora li ha delusi perché non li ha protetti di fronte a quello che ritengono il vero nemico: l’Unione europea da cui, per paradosso, prendono molti contributi economici.
Da Tokyo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha provato a fargli da sponda: si è detta disponibile a un confronto e ha attaccato l’«ideologia green», sostenendo che «molta della rabbia degli agricoltori viene da una visione ideologica della transizione ecologica che ha pensato di poter difendere l’ambiente combattendo gli agricoltori».
In realtà, il malessere degli agricoltori – tutti imprenditori che sono proprietari anche di centinaia di ettari di terreni e di allevamenti con centinaia e a volte migliaia di animali – è dovuto al fatto che non riescono più a determinare il prezzo delle materie prime, che invece viene fatto dalla grande distribuzione. «Il mercato è controllato dalla grande industria e dall’Unione europea», dice uno di loro. «Chiediamo al governo che imponga che le materie prime dei prodotti made in Italy siano davvero italiane», dice Roberto Rosati, un imprenditore agricolo del teramano. Gli agricoltori propongono anche che gli appalti pubblici delle mense ospedaliere e scolastiche obblighino le aziende fornitrici a usare solo prodotti italiani.
A fine giornata al presidio sulla Nomentana si contavano più o meno 700 trattori ed entro giovedì se ne attendono 1.500. Alle porte della capitale gli agricoltori si sono radunati pure a Cecchina, Formello e Valmontone. Un altro presidio, organizzato dal Comitato agricoltori traditi della zona pontina, è in preparazione all’ingresso sud di Roma. Il loro leader Danilo Calvani ieri ha partecipato a un incontro in questura per stabilire modalità e tempi di un corteo, tra giovedì e venerdì, «probabilmente anche con trattori».
L’atteggiamento delle forze dell’ordine è molto morbido, ma è arrivata pure l’indicazione ai manifestanti di sfilare senza i trattori, o con una presenza simbolica, e di evitare blocchi stradali non concordati.
Alla presentazione del festival di Sanremo, anche Amadeus si è schierato con i manifestanti, dicendo che se verranno li ospiterà sul palco. «Se ci farà salire sul palco io sono pronto a venire» gli ha risposto Tonino Monfeli, il coordinatore della protesta che per alcuni giorni ha bloccato il casello autostradale di Orte.
* Fonte/autore: Angelo Mastrandrea, il manifesto
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