Ex Ilva. Il governo si decide a chiudere l’era Mittal
Ufficiale l’amministrazione straordinaria. Il ministro Urso: a giorni il commissario. Mapelli in pole. Fiom e Uilm: serve una svolta subito
Con un anno di ritardo il governo Meloni decide finalmente di disfarsi di Mittal. Ieri ha comunicato ufficialmente alle parti sociali di intraprendere la strada dell’amministrazione straordinaria per Acciaierie d’Italia: nei prossimi giorni procederà con la nomina di un commissario. Rimane in pole position il nome di Carlo Mapelli, docente del Politecnico di Milano ed ex membro del Cda di Acciaierie, apprezzato da tutte le parti in gioco.
L’amministrazione straordinaria è comunque una strada difficile, impervia e rischiosa, resasi necessaria per la pervicace volontà della società franco-indiana di non investire più neanche un euro. Il quadro formale diventa questo: Acciaierie d’Italia diventa una società in amministrazione straordinaria che sta affittando gli stabilimenti dell’ex Ilva, anch’essa in amministrazione straordinaria.
UN CASO PIÙ UNICO CHE RARO figlio di decenni di errori e malagestione a cui solo la magistratura e le sentenze dei tribunali sono riuscite a mettere fine.
Arcelor Mittal però non ha ancora alzato bandiera bianca e già venerdì ha tentato la carta disperata della richiesta di «concordato con riserva», un tentativo di negoziare un accordo con i creditori con una procedura più lunga – tra i 60 e i 120 giorni prima di presentare il piano di risanamento – rispetto all’amministrazione straordinaria.
Il governo pare però essere tranquillo. L’amministrazione straordinaria – preparata nell’ultimo decreto ex Ilva – «prevale su ogni altra procedura» e «sarà realizzata nelle prossime ore», ha detto ai sindacati il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso. «Si partirà da un commissario che dovrà essere una persona che conosce bene l’azienda e che abbia competenze nel settore siderurgico per rilanciarla subito». L’idea del governo è un commissariamento breve per poi «una gara nel minor tempo possibile fra i numerosi investitori italiani e stranieri che si sono già affacciati».
Secondo il governo l’amministrazione straordinaria non inficia la cessione definitiva degli impianti di ex Ilva – prevista a maggio -, anche se sono sotto sequestro, sebbene serva un responso negativo della magistratura in merito all’istanza di dissequestro che i commissari di Ilva devono in ogni caso presentare, grazie a un altro decreto – il Salva Infrazioni – di agosto che prevede la possibilità di cessione dell’azienda anche col sequestro. ArcelorMittal, invece, non potrebbe «attivare alcun processo di dissequestro in autonomia», sostengono sempre fonti di governo.
A TARANTO INFATTI GLI IMPIANTI ex Ilva sono sequestrati con facoltà d’uso causa gravi reati ambientali dal luglio 2012, mentre da maggio 2021, con la sentenza del processo “Ambiente Svenduto”, è stata decretata anche la loro confisca che tuttavia diverrà esecutiva solo dopo la pronuncia della Corte di Cassazione.
Soddisfatti i sindacati. «Abbiamo sempre sostenuto che la situazione era drammatica e bisognava anticipare i tempi con la salita del pubblico. Abbiamo chiesto al governo di mantenere il tavolo aperto alla presidenza del Consiglio e di convocare immediatamente un confronto con noi su tutti i siti produttivi», commenta il segretario generale Fiom Michele De Palma. «Ci sarà un prestito ponte di 320 milioni di euro, servirà mettere in sicurezza gli impianti, fare manutenzioni, programmare nuove investimenti», sottolinea il leader Uilm Rocco Palombella. «Abbiamo garantito al governo che collaboreremo col commissario», annuncia il leader Fim Cisl Roberto Benaglia.
* Fonte/autore: Massimo Franchi, il manifesto
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