by Michele Giorgio * | 24 Gennaio 2024 13:22
La seconda città per importanza della Striscia è circondata dall’esercito israeliano. Sfollati verso Rafah tra cannonate e raid aerei. Israele in lutto per la morte di ventiquattro soldati in 24 ore
GERUSALEMME. «Intorno alle 6 del mattino, ho ricevuto un avviso di emergenza sul mio telefono che ci intimava di lasciare subito la nostra casa…La maggior parte degli isolati a Khan Yunis sono contrassegnati come non sicuri. Prima fuggivamo da una casa all’altra, per poi tornare quando i bombardamenti finivano. Oggi tutte le zone sono contrassegnate come non sicure e suscettibili ai bombardamenti. Ci dicono di andare nell’area di Mawasi per la nostra sicurezza, ma ieri è stata bombardata. Ci mentono. Cambiano solo il luogo in cui intendono ucciderci». Il racconto di Dina, 36 anni, sfollata più volte, raccolto da Middle East Eye giunge da Khan Yunis. Da settimane al centro dell’offensiva israeliana, la seconda città di Gaza sta vivendo le sue ore più drammatiche dal 7 ottobre. «Stiamo sperimentando la fame, il dolore e il freddo e il mondo sta semplicemente a guardare. Dove dovremmo andare?», ha aggiunto Dina. Le sue parole potrebbe pronunciarle qualsiasi abitante di Khan Yunis non ancora scappato verso Rafah.
Le prime avvisaglie dell’escalation erano giunte lunedì. Ma l’inferno per chi resta nella città è cominciato quando l’esercito israeliano ha ordinato a tutti quelli presenti in sei blocchi – 107,108,109, 110, 111 e 112 – residenti e sfollati, di allontanarsi subito. Dopo l’invasione di terra di Gaza, cominciata a fine ottobre, Israele ha diviso tutta la Striscia in centinaia di blocchi ordinando alla popolazione di spostarsi da un posto all’altro. La misura non ha dato alcuna vera protezione ai civili. Il messaggio inviato ieri richiedeva che i civili di alcuni blocchi fuggissero verso il quartiere di Al-Amal e quelli nel centro di Khan Younis e nel campo profughi verso Al-Mawasi. Centinaia di persone sono scappate via tra le cannonate dei carri armati verso obiettivi non meglio precisati mentre droni ed elicotteri sorvolavano la città dando copertura all’avanzata delle truppe. Quelli più a rischio sono stati gli abitanti del blocco 107, risultato il più esposto al fuoco dei mezzi militari. I medici dell’ospedale Nasser o, meglio, quelli rimasti nella struttura sanitaria (a cui Israele ha intimato l’evacuazione), hanno cercato di accogliere parte dei nuovi sfollati e di rassicurare i pazienti che non sono in grado di muoversi. «La situazione è catastrofica, davvero catastrofica. Per favore, ditelo agli israeliani noi non siamo un bersaglio. L’ospedale non è un bersaglio. Per favore!», ha detto uno di loro. I filmati girati dal giornalista palestinese Hamdan El-Dahdouh mostrato numerosi fori causati da colpi di arma da fuoco sull’edificio principale del Nasser. Un altro ospedale di Khan Younis, Al-Khair, è stato invaso dalle truppe israeliane che hanno arrestato il personale. L’ospedale Al-Amal ieri era irraggiungibile.
Testimoni hanno riferito che i bombardamenti a Khan Yunis sono andati avanti senza interruzioni dalla sera di lunedì, in particolare nella zona di Mashroua dove, a poca distanza si sono posizionati i carri armati, nei pressi dell’Università di Al-Aqsa e nei quartieri di Qizan Al-Najjar e Al Batn Alsamin. I cecchini dai tetti avrebbero fuoco su chiunque nella zona. La Mezzaluna Rossa ha accusato gli israeliani di aver aperto il fuoco contro suoi veicoli che cercavano di portare soccorso a feriti. «Sto cercando di partire per Rafah ma i carri armati sono molto vicini alla costa e sparano verso ovest», ha detto a un giornalista locale Ishaq Shaban, un ingegnere con quattro figli. A metà mattinata Khan Yunis era stata circondata da ogni lato. L’esercito israeliano lo ha annunciato con enfasi, aggiungendo di aver ucciso «decine» di combattenti di Hamas e distrutto bunker e tunnel. E che proseguirà la caccia ai leader di Hamas che sarebbero nascosti nei chilometri di gallerie sotterranee costruite dal movimento islamico sotto la città. Da parte loro Hamas e altri gruppi armati hanno annunciato di aver colpito altri mezzi e uomini dell’esercito israeliano.
Quanti civili palestinesi siano rimasti uccisi nella giornata ieri a Khan Yunis non è possibile accertarlo. Diversi corpi sono stati sepolti nella terra adiacente all’ospedale Nasser per l’impraticabilità della strada che porta al cimitero cittadino. Un uomo ha portato cinque corpi ammucchiati su un materasso sul suo carro trainato da un asino all’ospedale Europeo alla periferia della città. Altri cadaveri sarebbero stati estratti da macerie o recuperati in strada. Sei civili sono stati uccisi in un rifugio gestito dall’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. L’Unrwa ha poi avvertito che oltre 570.000 persone a Gaza affrontano livelli di fame catastrofici. Un’altra agenzia dell’Onu, l’Unicef, ha comunicato che più di 1.000 bambini palestinesi hanno perso un arto a causa dei bombardamenti. In tutta Gaza, 195 palestinesi sono stati uccisi nell’arco di 24 ore, portando il bilancio totale a 25.490, secondo i dati del ministero della sanità. Altre migliaia di cadaveri si troverebbero sotto palazzi colpiti dalle bombe e crollati.
I palestinesi affermano che la pesante escalation di ieri a Khan Yunis sarebbe frutto anche della rabbia di Israele per la giornata più nera subita dal suo esercito da quando ha invaso Gaza. Lunedì tre soldati sono stati uccisi da un razzo anticarro sparato da Hamas contro un mezzo corazzato. Altri 21 sono morti nel campo profughi di Maghazi ad appena 600 metri dalle linee di demarcazione tra Gaza e Israele: si preparavano a far saltare in aria alcuni edifici palestinesi a due piani nel quadro del piano per la costituzione di una zona cuscinetto profonda 1-2 km all’interno di Gaza. Un combattente di Hamas uscito da un tunnel ha sparato un razzo contro un carro armato e un altro razzo contro un edificio in cui si trovavano i soldati facendo saltare gli esplosivi piazzati all’interno. «Abbiamo vissuto uno dei giorni più pesanti dall’inizio del conflitto», ma non per questo «Israele smetterà di combattere fino alla vittoria totale», ha commentato il premier israeliano Benyamin Netanyahu. A nord, il movimento libanese Hezbollah ha affermato di aver attaccato una base di sorveglianza radar sul Monte Meron in alta Galilea in risposta agli attacchi in Libano e Siria compiuti da Israele. Poco dopo l’aviazione ha colpito più volte in Libano del sud.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto[1]
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