«La guerra continua su tutti i fronti – ha detto il primo ministro – fermare la guerra senza raggiungere i nostri obiettivi danneggerà la sicurezza dello Stato per generazioni, creerà un messaggio di debolezza e il prossimo massacro sarà solo questione di tempo». Infine, ha ribadito che Israele dopo la guerra controllerà la sicurezza della Striscia di Gaza e tutti gli insediamenti ebraici a ovest del fiume Giordano. «Un primo ministro deve essere in grado di dire ‘no’ quando necessario, anche ai nostri migliori amici». Frasi che smentiscono la possibilità di una politica più flessibile che gli alleati americani, almeno a parole, chiedono a Israele per il transito dall’Egitto degli aiuti umanitari indispensabili per la popolazione di Gaza sprofondata in una emergenza umanitaria gravissima a causa dell’offensiva militare in corso. Una conferma che poco o nulla cambierà sul terreno si è avuta mercoledì quando lo stesso Netanyahu ha ordinato una ispezione molto accurata al valico di Kerem Shalom delle medicine dirette a Gaza, incluse quelle per i 136 ostaggi israeliani, dopo aver inizialmente dato il via libera al transito dei farmaci senza restrizioni.

Sono minime le possibilità di un cessate il fuoco generale e di un eventuale accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani in cambio della scarcerazione di prigionieri politici palestinesi. Ieri i media israeliani hanno dato ampio spazio al primo compleanno del sequestrato più giovane, Kfir Bibas, preso da Hamas il 7 ottobre assieme al fratello di 4 anni e ai genitori. Secondo il movimento islamico la famiglia Bibas sarebbe stata uccisa da un bombardamento aereo. Israele non conferma, vuole prove e parla di «guerra psicologica» di Hamas sull’opinione pubblica israeliana. Netanyahu, secondo l’emittente statunitense Nbc News, ha respinto la proposta del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, di normalizzare le relazioni con l’Arabia saudita in cambio dell’accettazione da parte dello Stato ebraico di un «percorso» per la nascita dello Stato palestinese indipendente. Durante l’incontro, Blinken avrebbe reagito al rifiuto di Netanyahu, affermando che Hamas «non può essere rimosso solo con mezzi militari» e che il mancato riconoscimento da parte dei leader israeliani del dossier palestinese «porterà alla ripetizione della storia».

A Gaza, intanto, si muore sotto le bombe. La battaglia più violenta è a Khan Yunis. Le forze israeliane avanzano nella principale città meridionale di Gaza e i colpi di artiglieria e le cannonate cadono vicino all’ospedale Nasser, uno delle poche strutture sanitarie ancora funzionanti nella Striscia, scatenando il panico tra i pazienti e gli sfollati che vi hanno trovato un rifugio. I bombardamenti continuano nel nord e nell’est della città e, per la prima volta, ieri hanno preso di mira la zona occidentale in cui i carri armati israeliani sono avanzati in profondità prima di ritirarsi. L’ong Medici Senza Frontiere riferisce che all’ospedale Nasser, i pazienti e gli sfollati fuggono in preda al panico. «Secondo il chirurgo di Msf, all’ospedale di Nasser, le forze israeliane hanno bombardato pesantemente l’area accanto all’ospedale senza ordine di evacuazione, causando la fuga in preda al panico dei pazienti e di molte delle migliaia di civili sfollati che avevano cercato rifugio al Nasser» ha detto l’associazione medica. A Rafah, più a sud, dove oltre due milioni di abitanti di Gaza sono stipati in una piccola area al confine egiziano, sono stati portati via 16 corpi avvolti in sudari bianchi. Metà dei fagotti erano minuscoli e contenevano i corpi di bambini piccoli. «Ieri giocavo con i bambini laggiù. Sono morti tutti, sono l’unico ancora vivo», ha raccontato Mahmoud Al Zemeli, 10 anni. A più di tre mesi dall’inizio di una guerra che ha ucciso più di 24.000 palestinesi e ridotto in macerie gran parte della Striscia di Gaza, Israele affermato che sta pianificando di ridurre le sue operazioni di terra e di passare a tattiche su scala più ridotta. Ma prima di farlo, sembra determinato a catturare tutta Khan Younis, la principale città del sud che ora sarebbe la base principale dei combattenti di Hamas e del loro capo Yahya Sinwar.

Si aggrava ulteriormente la crisi umanitaria con aree di Gaza isolate e difficili da raggiungere a causa dei bombardamenti dove si soffre la fame, avvertono le Nazioni unite. La popolazione di Rafah al confine con l’Egitto è passata da 300 mila a oltre 1,2 milioni di persone, il quadruplo rispetto al periodo precedente la guerra. Secondo quanto riferito dall’Unrwa (Onu), i palestinesi sfollati cercano riparo in campi e tende sovraffollate. È salito 24.620 il bilancio dei morti a Gaza dallo scorso 7 ottobre. Tra mercoledì e ieri, sostiene il ministero della sanità a Gaza, i militari israeliani hanno ucciso 172 persone, altre 326 sono rimaste ferite. È salito a oltre cento il bilancio dei giornalisti uccisi nelle operazioni militari israeliane.

Il Parlamento europeo chiede un cessate il fuoco permanente e una soluzione politica in Medio Oriente. In una risoluzione, gli eurodeputati esprimono dolore per le vittime innocenti di entrambe le parti e «chiedono un cessate il fuoco permanente e la ripresa degli sforzi per una soluzione politica». Allo stesso tempo insistono «che tutti gli ostaggi siano immediatamente rilasciati e che Hamas sia smantellata» si legge in una nota dell’Eurocamera. Gli eurodeputati, oltre a condannare con la massima fermezza «gli ignobili» attacchi di Hamas, denunciano anche «la sproporzionata risposta militare israeliana, che ha causato un bilancio di vittime civili senza precedenti».

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto[1]