Argentina. Milei rifà le forze armate

Argentina. Milei rifà le forze armate

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Pensionamento coatto per decine di alti ufficiali, per metterne di più giovani e malleabili

 

La motosega di Milei si abbatte anche sui vertici militari. E fa rumore. Anzi un boato, sia perché si tratta del cambio più drastico dai tempi del governo di Néstor Kirchner, quando, nel 2003, i generali rimossi – accusati di violazioni dei diritti umani durante la dittatura – erano stati 19, sia per le possibili letture a cui si prestano le nuove designazioni.

L’intervento più deciso è stato quello sull’esercito, alla guida del quale il neo-presidente ha posto il generale di brigata Alberto Presti – figlio del colonnello Roque Presti, considerato tra i maggiori responsabili dei crimini del regime militare -, determinando l’automatico ritiro di ben 23 generali sui 55 di cui dispone l’esercito, compreso il capo dello Stato maggiore congiunto Juan Martín Paleo. La loro colpa, non certo quella di nutrire pericolose idee di sinistra, bensì solo di aver intrattenuto sereni rapporti istituzionali con il governo di Alberto Fernández. Non a caso, all’interno dell’esercito, così è stata interpretata la purga: «Hanno buttato fuori i collaborazionisti».

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A capo dello Stato maggiore congiunto, l’organismo strategico che presiede a tutte le forze armate, Milei ha scelto Xavier Julián Isaac, già capo dello stato maggiore dell’Aeronautica – la forza militare ritenuta più vicina agli Usa – e ben visto anche per essersi espresso a favore dell’acquisto degli F16 statunitensi invece che dei Thunder cinesi. La guida dell’Aeronautica è stata assunta dal generale di brigata Fernando Luis Mengo, quella della Marina dal contrammiraglio Carlos María Allievi, anche lui, come Isaac, già addetto militare a Washington.

Una purga, quella decisa da Milei proprio alla fine dell’anno, considerata in linea con la sua massima priorità in politica estera: l’allineamento totale agli Stati Uniti. Ma dietro alla riforma dei vertici militari ci sarebbero, secondo diversi osservatori, anche altre motivazioni più inquietanti: le nuove nomine, viene evidenziato, riguarderebbero comandanti militari più giovani, dal curriculum meno prestigioso, vicini alla destra di Juntos por el cambio e potenzialmente più docili riguardo a eventuali strappi istituzionali o, peggio ancora, a svolte autoritarie riconducibili a un autogolpe in stile Fujimori.

Oppure, su un altro piano, più malleabili rispetto alla vendita di proprietà e beni delle forze armate. L’elenco, al riguardo, è tutt’altro che breve: si va dalla possibile privatizzazione dell’impresa Fabricaciones Militares, fondata dal generale Manuel Savio e da Juan Domingo Perón nel 1941, alla conversione della base navale di Mar del Plata in un porto destinato all’attività petrolifera e aperto alle multinazionali straniere, fino a quella dei terreni della vecchia caserma del 1º reggimento di fanteria Patricios nel quartiere Palermo, il più esclusivo di Buenos Aires, che fungeva da centro di detenzione durante la dittatura. Un’area che in tanti vorrebbero trasformare in un parco pubblico o in scuole o centri sportivi, ma su cui ora potrebbero sorgere progetti privati di segno assai diverso.

* Fonte/autore: Claudia Fanti, il manifesto



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