Gaza. «Rifiuto l’uniforme israeliana», l’obiezione di coscienza di Tal Mitnick

Gaza. «Rifiuto l’uniforme israeliana», l’obiezione di coscienza di Tal Mitnick

Loading

Trenta giorni di pena, rinnovabili. È il primo caso di refusenik dal 7 ottobre. Fuori dalla base di Tel Hashomer lancia il suo messaggio: «L’attacco criminale contro Gaza non riparerà il terribile massacro compiuto da Hamas. La violenza non risolverà la violenza»

 

Il video di Tal Mitnick di fronte alla base militare di Tel Hashomer, a poca distanza dalla Striscia di Gaza, è stato pubblicato martedì. Il 18enne spiega in pochi secondi perché sta per entrare in prigione, a scontare una pena di 30 giorni (rinnovabile): obiezione di coscienza, non intende vestire l’uniforme dell’esercito israeliano, d’obbligo nel paese (tre anni di leva per gli uomini, due per le donne). Dal 7 ottobre è l’unico obiettore di coscienza.

«Credo che il massacro non possa risolvere un massacro – dice – L’attacco criminale contro Gaza non riparerà il terribile massacro compiuto da Hamas. La violenza non risolverà la violenza. Ed è per questo che rifiuto».

A pubblicare il video è Mesarvot, rete di sostegno dei refusenik, gli obiettori di coscienza. Perché non è vero che in Israele tutti indossano l’uniforme, di modi per non farlo ce ne sono: se gli ultraortodossi sono esentati per motivi religiosi, tante e tanti giovani ricorrono a certificati medici che ne attestano l’impossibilità.

Pochissimi rifiutano per dichiarati motivi politici (è illegale in Israele seppure lo preveda il diritto internazionale) e che accettano non solo la cella ma una vita da pariah in una società iper-militarizzata, spesso allontanati dalle loro stesse famiglie. Nulla a che vedere con i 700 riservisti che nei mesi di proteste contro la riforma della giustizia del governo Netanyahu si licenziarono: a differenza degli obiettori, per loro l’occupazione militare dei Territori palestinesi non era in discussione.

Negli anni ci sono state piccole ondate di refuseniks, soprattutto negli anni caldi delle due Intifada. Le ultime risalgono all’invasione del Libano del 2006 e all’offensiva su Gaza del 2014. Il caso più eclatante proprio nove anni: in 43 abbandonarono l’unità 8200, quella dedicata allo spionaggio e alla sorveglianza dei palestinesi (e che dà competenze tali da aprire le porte a impieghi nel mondo dell’high tech).

A sostenere Mitnick, due giorni fa a Tel Hashomer, c’erano alcuni amici con in braccio dei cartelli: «Non puoi costruire il paradiso sul sangue», «Non c’è soluzione militare». Un mondo lontanissimo da quello del presidente israeliano Herzog, ritratto mentre firmava una bomba che sarebbe stata sganciata su Gaza.



Related Articles

Alla ricerca dell’ideologia perduta così Mosca reprime il dissenso

Loading

PUà’ sembrare soltanto una coincidenza. Ma i manuali di “cremlinologia”, una scienza che con Vladimir Putin al potere torna ad avere la valenza interpretativa perduta con il crollo dell’Urss, insegnano che quasi nulla è casuale nel Cremlino e dintorni.

Spagna, nuovo voto Il re getta la spugna “La gente è stanca campagna low cost”

Loading

Niente accordo tra Psoe e Podemos Felipe: “Austerità”. Il 26 giugno alle urne Elezioni anticipate, è la prima volta

Libano. Continua il terrorismo che prepara il conflitto aperto

Loading

Continua l’attacco in Libano: ieri sono esplosi i walkie-talkie di Hezbollah. 14 morti, oltre 3.000 feriti. Esplosioni anche in Iraq, al quartier generale delle milizie sciite. Oggi parla Nasrallah

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment