Dopo il silenzio sugli stupri di Hamas, indagini e proteste
Inchieste interne (ora anche internazionali) sugli abusi subiti dalle israeliane il 7 ottobre. I crimini documentati dalle unità speciali della polizia e dei servizi includono stupro, violenze di gruppo e mutilazione intenzionale dei genitali delle vittime. Il tardivo intervento dell’Onu rispecchia quello iniziale dei media internazionali
TEL AVIV. Durante l’attacco a sorpresa contro Israele del 7 ottobre 2023, gli uomini di Hamas hanno commesso, tra le altre cose, violenze e abusi sessuali su larga scala contro donne israeliane di tutte le età. I crimini documentati includono stupro, stupro di gruppo e mutilazione intenzionale dei genitali delle vittime. Tali aggressioni hanno avuto luogo in tutte le arene in cui Hamas ha operato, compreso il massacro di Nova, le abitazioni private delle località adiacenti alla Striscia di Gaza e le basi militari.
Nel corso degli interrogatori condotti dallo Shin Bet ai terroristi di Hamas arrestati dalle forze di sicurezza israeliane, questi hanno detto di aver ricevuto l’ordine esplicito di aggredire sessualmente le donne israeliane. I miliziani hanno affermato che Hamas avrebbe ordinato di schiacciare le teste delle vittime, reciderne gli arti, violentarne i corpi. Simili atti, almeno in parte, sarebbero stati pianificati in anticipo e compiuti al fine di intensificare l’effetto di choc e di umiliazione sulla società israeliana.
IL TRAUMA PSICHICO causato dall’aggressione sessuale, il fatto che la maggior parte delle donne siano state trucidate prima o dopo e il numero elevato di vittime, alcune delle quali evacuate sotto il fuoco, rendono la catalogazione delle prove estremamente difficoltosa.
Un’altra difficoltà nel raccogliere reperti forensi, come campioni di dna, deriva dal fatto che i corpi furono sepolti prima di essere esaminati. Inoltre, il desiderio di documentare i crimini sessuali è in conflitto con l’intenzione di preservare dignità e privacy delle donne.
Nonostante ciò, da due mesi squadre investigative speciali dell’Unità Lahav 443 della Polizia israeliana, dello Shin Bet e dell’Ufficio del Procuratore continuano a raccogliere materiale investigativo sull’argomento che testimonia la portata e i metodi delle aggressioni.
Le prove includono foto, testimonianze oculari, filmati girati dalle telecamere indossate da Hamas, filmati televisivi a circuito chiuso, materiale caricato sui social network e video delle forze di sicurezza, del personale medico e dei civili. Tra i testimoni vi sono sopravvissuti, familiari, membri delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, sanitari e volontari di Zaka.
Raz Cohen, superstite del Festival di Nova, ha raccontato in un’intervista a Pbs News Hour di aver visto, dal cespuglio dove era nascosto, terroristi che violentavano donne e poi le uccidevano e terroristi che uccidevano donne e poi le violentavano ridendo.
Secondo The Sunday Times donne addette alla preparazione dei resti delle vittime per la sepoltura hanno descritto lo sconvolgimento provato nell’aprire i sacchi alla vista di cadaveri sfregiati in volto, con il bacino e le ossa rotte e i genitali insanguinati. Ulteriori prove sono state raccolte da volontari del dipartimento di identificazione dei cadaveri.
La dottoressa Kochav Elkayam-Levy, del Dipartimento di Relazioni internazionali dell’Università ebraica, ha istituito un organismo indipendente, la «Commissione Civile per i Crimini di Hamas contro donne e bambini». L’organismo è composto da giuriste, attiviste, criminologhe e ricercatrici che raccolgono prove e materiali con l’obiettivo di creare un database.
A breve termine, i materiali potranno essere utilizzati dalle vittime o dai loro familiari e in un lontano futuro l’intenzione è quella di istituire un archivio presso l’Università Ben-Gurion, il cui accesso sarà consentito in base a rigorosi criteri etici. Alcune delle prove relative ai crimini di violenza sessuale sono state mostrate a giornalisti, politici, ambasciatori, parenti e membri di organizzazioni attraverso proiezioni speciali, separate da quelle inerenti ai restanti crimini commessi da Hamas nel corso del massacro.
Nelle settimane successive al 7 ottobre organizzazioni internazionali, in particolare femminili e femministe sono rimaste per lo più in silenzio di fronte alle azioni di Hamas contro le donne israeliane, rifiutandosi di condannarle esplicitamente, minimizzandole e talvolta mettendone in dubbio la veridicità.
TALE CONDOTTA ha suscitato grande indignazione tra le israeliane che, sentendosi sole, tradite e abbandonate dal mondo hanno risposto promuovendo petizioni, iniziative e manifestazioni rivolte principalmente contro le Nazioni unite, dove è stato anche inscenato uno spettacolo che includeva donne vestite con tute insanguinate.
Se il segretario generale Guterres ha finalmente indirizzato la questione lo scorso 29 novembre, l’Organizzazione delle Nazioni unite per il progresso e l’emancipazione delle donne ha condannato le azioni di Hamas il 2 dicembre. La tardiva presa di posizione dell’Onu rispecchia quella della stampa internazionale. Solo nell’ultima settimana le grandi testate hanno dedicato ampio spazio alla questione, pubblicando inchieste e testimonianze.
Nel frattempo, mentre il 4 dicembre a New York sono state presentate testimonianze e prove degli atti di violenza sessuale commessi da Hamas dinnanzi a centinaia di persone, tra cui ambasciatori, alti funzionari Onu, leader e rappresentanti di organizzazioni femminili, l’organizzazione Medici per i Diritti umani ha chiesto alla Corte penale internazionale di avviare un’indagine per stabilire se le denunce di violenze sessuali commesse da Hamas contro le donne israeliane possano annoverarsi a «crimini contro l’umanità».
La presente ricostruzione è basata su articoli delle testate israeliane Haaretz, Maariv, Ynet, Israel Hayom, The Times of Israel, Mako e Kan e internazionali, The Guardian, Pbs News Hour e The Sunday Times; su rapporti della Association of Rape Crisis Centers in Israel e dell’Associazione Medici per i diritti umani («Sexual and Gender Based Violence as a Weapon of War during the October 7 Hamas Attack», a cura di Roni Ben Cnaan e Hadas Ziv), sulla piattaforma israeliana «TU/AT» e sul sito «me too unless u r a jew».
* Fonte/autore: Sarah Parenzo, il manifesto
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