by Michele Giorgio * | 10 Novembre 2023 9:51
Retata senza precedenti di politici arabo-israeliani. Mohammad Barakeh, ex membro della Knesset, reo di essere diretto a un sit-in
HAIFA. «Gli arresti di Mohammed Barakeh e degli altri esponenti politici arabi sono avvenuti poche ore dopo che la Corte suprema aveva respinto i ricorsi contro il divieto della polizia alle manifestazioni di condanna della guerra a Gaza. Coloro che invocano la pulizia etnica e la violenza invece possono esprimersi liberamente. Questa è la Corte suprema che appena qualche mese fa tanti israeliani difendevano in piazza perché baluardo della democrazia contro la riforma giudiziaria del primo ministro Netanyahu».
È AMARO IL COMMENTO di Ofer Cassif, deputato comunista del partito arabo ebraico Hadash, all’arresto dell’ex membro della Knesset, Mohammad Barakeh, presidente dell’Alto comitato per i cittadini arabi di Israele, mentre si stava recando a una protesta contro la guerra a Nazareth. Fermati e portati al comando di polizia, anche altri quattro importanti membri del partito arabo Balad (Tajammo): il segretario generale Sami Abu Shehadeh, l’ex leader del partito Mtanes Shehadeh, il vicesegretario Yousef Tartour e l’ex deputata Hanin Zoabi. Anche Mahmoud Mawasi, un altro membro dell’Alto comitato, è finito in manette. Tanti arresti politici così importanti tra gli arabo israeliani erano avvenuti solo durante il governo militare imposto fino al 1966 alla minoranza araba dopo la fondazione dello Stato ebraico.
Divieto di manifestare contro la guerra ma non di invocare la pulizia etnica. Questa è la Corte suprema baluardo della democrazia che in tanti difendevano nelle piazze
«IL PROFESSOR ZEEV STERNHELL, storico del Fascismo, diceva che un’ideologia fascista va al potere quando lo Stato comincia ad arrestare quelli di sinistra, a usare il pugno di ferro per non farli parlare ed esprimere. Noi siamo in quella fase» continua Cassif, sospeso dalla Knesset per alcune settimane per le dure accuse che ha rivolto in un’intervista al governo Netanyahu. «Quelli presi di mira sono i cittadini arabi ma anche gli ebrei che vogliono la fine delle stragi, delle uccisioni di innocenti ovunque, a Gaza come in Israele» prosegue il deputato. «Nessuno sta con Hamas – aggiunge – è inequivocabile la nostra condanna del massacro del 7 ottobre, ma non si può accusare di sostegno ad Hamas chi semplicemente vuole che la guerra finisca e si interrompano le uccisioni di innocenti».
Tra gli arabo israeliani e le frange più radicali della sinistra ebraica, gli arresti avvenuti ieri mattina hanno generato ulteriori preoccupazioni in un clima già ostile nei confronti di arabi e pacifisti.
BARAKEH, PERSONAGGIO molto noto per aver guidato Hadash in passato, era alla guida della sua auto quando è stato fermato da agenti a bordo di un veicolo della polizia non contrassegnato. Si stava recando a Nazareth per un sit in piazza HaMa’ayan con non più di 50 partecipanti. Nella sua mail alla polizia Barakeh aveva sottolineato che, secondo la legge israeliana, la protesta con un numero così esiguo di persone non necessitava di permesso. Non aveva fatto i conti con quanto sancito dalla Corte suprema poche ore prima.
«Malgrado il diritto di manifestare abbia una posizione elevata, la complicata realtà in cui ci troviamo incide sul suo equilibrio», hanno scritto in una nota i massimi giudici israeliani respingendo le richieste di Hadash e del centro per i diritti civili Adalah per l’organizzazione di proteste contro la guerra nelle città arabe di Sachnin e Umm al Fahm.
LA CORTE HA ACCOLTO la posizione della polizia secondo cui le manifestazioni contro la guerra avrebbero un’alta probabilità «di danneggiare la sicurezza». Non la danneggiano, a quanto pare, dirigenti e militanti delle forze di estrema destra e i coloni che incitano apertamente ad azioni violente contro i palestinesi e all’occupazione di nuove terre in Cisgiordania, oltre a invocare la ricostruzione delle colonie ebraiche nella Striscia di Gaza.
Dopo l’arresto, Mohammed Barakeh è stato trasferito alla stazione di polizia di Beit She’an mentre Sami Abu Shehadeh, Mtanes Shehadeh, Hanin Zoabi, Youssef Tatour e Mahmoud Mawasi sono stati trasferiti a quella di Migdal Haemek. Da segnalare che alcuni di questi dirigenti politici sono attivi nel dialogo politico tra arabi ed ebrei in Israele. E dopo l’attacco di Hamas il 7 ottobre, assieme ai loro partner ebrei, hanno lanciato iniziative in appoggio a soluzioni politiche alla grave crisi, anche sociale, in atto.
PER HASSAN JABARIN, direttore di Adalah, è «evidente l’intento di mettere a tacere ogni forma di critica, sopprimere la libertà di espressione e di riunione dei cittadini palestinesi e dei loro leader». Queste detenzioni, aggiunge Jabarin, «sono illegali e mirano a ostacolare l’attività politica palestinese che rientra nei limiti della legge».
Dopo gli arresti di ieri, qualcuno teme che, tenendo conto della composizione di destra religiosa che caratterizza la maggioranza dell’attuale Knesset, possano essere votati emendamenti e nuove leggi volte a colpire voci dissidenti con la motivazione della lotta al terrorismo. Due giorni fa il parlamento israeliano ha approvato in seconda e terza lettura la proposta di legge che, per i prossimi due anni, vieta il cosiddetto consumo di contenuti «che includono parole di lode, simpatia o incoraggiamento per atti di terrorismo». Saranno la magistratura e la polizia a determinare di volta in volta quale sia il confine tra la libertà di opinione e il sostegno al terrorismo. Per Adalah «è una delle misure legislative più invadenti e draconiane mai approvate dalla Knesset, poiché rende i pensieri soggetti a una punizione penale».
LA KNESSET, continua la ong per i diritti civili, ha criminalizzato l’uso passivo dei social e ha autorizzato una maggiore sorveglianza statale sull’utilizzo dei social media».
Adalah sta seguendo centinaia di casi di cittadini palestinesi di Israele, così come alcuni ebrei, che sono finiti sotto i riflettori della polizia o che hanno subito misure punitive da parte di varie istituzioni. 74 studenti arabi iscritti in 25 università e college israeliani hanno affrontato azioni disciplinari per i loro post. Alcuni di loro sono stati espulsi dagli atenei. Nella maggior parte di questi casi, spiega Adalah, gli studenti si sono limitati a esprimere solidarietà al popolo di Gaza o a citare versetti del Corano. Spesso sono stati denunciati da colleghi politicamente di destra che hanno monitorato i loro account. Si registrano anche circa 50 casi di dipendenti di aziende private e pubbliche che hanno subito pesanti provvedimenti disciplinari o sono stati licenziati per quanto aveva scritto in Internet. Adalah denuncia in particolare 80 arresti legati a post sui social, avvenuti spesso nel cuore della notte, e altri 17 durante manifestazioni.
* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto[1]
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