Friday for Future. La «resistenza climatica» in piazza con i lavoratori

Friday for Future. La «resistenza climatica» in piazza con i lavoratori

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Da Torino in giù gli attivisti mobilitati contro l’industria fossile: «Vogliamo una giusta transizione». A Roma nella stessa piazza dove sarà oggi la Cgil

 

«Siamo qui per manifestare contro le persone che ci vogliono togliere il diritto ad abitare su questa Terra», grida Valentina mentre si asciuga il sudore con una mano e con l’altra regge lo striscione che apre il corteo. Sotto ad un sole di 30 gradi, il 6 ottobre a Roma, come in altre 34 città italiane, si è tornati a manifestare per il clima. Lo sciopero è stato indetto da Fridays For Future, al suo fianco Wwf, Anpi e collettivi studenteschi. Nella capitale il corteo sfila a due passi dai palazzi del governo e le richieste che si leggono sui cartelloni colorati hanno un carattere nazionale. L’appello è ai giganti dell’industria fossile, la nostrana Eni, ma anche Shell. «Sapevano tutto. Adesso basta estrazionismo», urlano ai megafoni i manifestanti, ricordando che l’Italia è il sesto finanziatore di combustibili fossili al mondo.

COME A ROMA, anche a Torino il dito è puntato verso le industrie. Nel capoluogo piemontese, lo striscione che recitava «governo negazionista, stop investimenti fossili», ha visto l’apice del suo percorso di fronte alla sede di Italgas, dove si è interrotto per denunciare la compagnia. «Il gas non è una risorsa per la transizione energetica, devono dire la verità», spiega Edoardo al manifesto. Dopo i fatti di Torino del 3 ottobre, quando le forze dell’ordine hanno mosso potenti cariche contro i manifestanti, «molte persone magari si sentivano insicure», racconta l’attivista, sceso oggi in piazza Statuto. «Ci preoccupa la repressione, chiaro, ma non ci impedisce di voler combattere la crisi del secolo». Ester (Milano) specifica che i numeri nelle singole città non sono importanti se si guarda all’estensione capillare del movimento: «Siamo arrivati in zone di periferia e siamo cresciuti molto anche a livello di contenuti».

A MILANO, in uno slogan unito al resto della penisola, le voci nelle strade gridavano «resistenza climatica». Secondo Guido Martinelli (Anpi Roma), è corretto fare un parallelismo se il governo sta remando contro il clima. Nel capoluogo lombardo le istanze sollevate hanno uno sguardo nazionale: «è necessario combattere i nuovi tipi negazionismo: la transizione energetica non sta avvenendo», sostiene Ester, «o comunque la forma che ha è problematica. Dalla giustizia sociale, alle mosse incoerenti come il piano Mattei o i tagli ai fondi del Pnrr di 16 miliardi in cui finisce l’Emilia-Romagna». Il carattere locale non è mancato, tra le richieste lo stop alla speculazione edilizia (si è passati dai 2 ai 18 ettari di cementificazione annui) e i trasporti gratuiti. L’attivista ribadisce che «non è solo oggi, dobbiamo tenere presente le lotte di tutti i mesi, come quando siamo con Gkn e Marelli». Una delegazione di operai proprio di Marelli di Crevalcore è intervenuta a Bologna guidata dalla Fiom. L’azienda ha decretato la chiusura parlando di conseguenza della crisi energetica e della transizione all’elettrico. «Sono alibi», dice il rappresentante dei lavoratori dal furgone che guida il corteo. «La destra più becera parla di transizione come macelleria sociale. Ma la transizione è necessaria, la macelleria sociale la fanno le multinazionali che pensano solo al profitto». Natale Di Cola, segretario Cgil Roma e Lazio, commenta mentre cammina a fianco del carro che guida il serpente di persone della capitale: «bisogna cambiare le politiche e difendere la costituzione. Tra i nostri obiettivi c’è il rispetto per l’ambiente e le nuove generazioni per dargli un futuro di qualità». Il corteo termina a San Giovanni, dove proprio oggi saranno i lavoratori ad abitare la piazza, in una simbolica staffetta.

A BOLOGNA, con la ferita dell’alluvione ancora aperta, il taglio delle rivendicazioni è stato locale: tutti gli interventi l’hanno menzionata, e in prima fila qualcuno ha portato degli scarponi sporchi di fango. Gli attivisti rimproverano alla politica tanto il ritardo nel taglio delle emissioni, che ha come conseguenza l’aumentare degli eventi meteorologici estremi, tanto la cementificazione fuori controllo, che rende il territorio emiliano-romagnolo più fragile di altri. Assieme all’alluvione sono tornati i temi che da anni agitano lo scenario bolognese: l’ampliamento del passante autostradale, le trivellazioni, il rigassificatore di Ravenna. Tutte infrastrutture che trovano l’appoggio delle istituzioni locali ma osteggiate dall’ecologismo. «No a trivelle e rigassificatori, niente profitti sui nostri polmoni», è lo slogan del grande striscione verde di testa.

* Fonte/autore: Federica Rossi, Lorenzo Tecleme, il manifesto



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