Decreto Cutro, il tribunale di Catania boccia le nuove norme sui migranti

Decreto Cutro, il tribunale di Catania boccia le nuove norme sui migranti

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Catania, la giudice non autorizza le detenzioni dei richiedenti asilo. Serve una valutazione caso per caso. Bocciata anche la garanzia di 5mila euro. Le procedure accelerate in frontiera sono illegittime se lontane dal luogo di arrivo

 

«Alla luce delle considerazioni che precedono non sussistono i presupposti per il trattenimento del richiedente asilo». Può essere un terremoto la decisione che la giudice Iolanda Apostolico ha firmato venerdì nel tribunale di Catania. Per tre migranti su quattro non ha convalidato il trattenimento con identiche motivazioni, per l’ultimo ha decretato il non luogo a procedere perché l’uomo ha ritirato la domanda di protezione internazionale. Le «considerazioni che precedono» la decisione vanno a colpire uno dei punti su cui il governo ha scommesso di più in tema di immigrazione: detenere i richiedenti dei «paesi sicuri» durante l’iter per l’asilo. Magari non lontano da un charter pronto a partire per Tunisi.

Il trattenimento di chi chiede protezione è un’innovazione introdotta dal «dl Cutro». La scorsa settimana ha fatto scalpore perché uno dei decreti attuativi ha previsto una fideiussione di 5mila euro come unica alternativa alla privazione della libertà. Il tema, comunque, è un pallino della destra da molto più tempo: nella vicenda è coinvolto anche un decreto del Viminale datato 5 agosto 2019. Pochi giorni prima del Papeete.

I tre punti principali della sentenza catanese riguardano: fideiussione; provvedimento di trattenimento; procedure accelerate in frontiera. Per tutti e tre stabilisce che la normativa interna è in contrasto con quella europea e va dunque disapplicata.

Prima questione: il recente decreto attuativo del dl Cutro dice che i richiedenti che vengono da paesi sicuri, o quelli che tentano di eludere i controlli in frontiera, possono evitare la detenzione solo se consegnano il passaporto oppure stipulano, durante il fotosegnalamento, una fideiussione bancaria o assicurativa dell’importo di 4.983 euro. Il governo italiano ha scelto di vietare la possibilità che lo facciano terzi.

Come abbiamo denunciato sul manifesto di martedì, la norma è scritta in modo da rendere impossibile soddisfare quanto richiesto. Invece di definire un’alternativa alla detenzione, come previsto dalla «direttiva accoglienza» dell’Ue, secondo il tribunale si configura un «requisito amministrativo imposto al richiedente» per «il solo fatto che chiede protezione internazionale». Perciò è contrario al diritto europeo, comprese due sentenze della Corte di giustizia Ue. Almeno nel divieto a terzi di versare la garanzia finanziaria.

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Punto secondo: la direttiva prevede che il trattenimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato. Non è il caso di quelli emessi dal questore di Ragusa. «Il giudice lamenta che manca una disamina caso per caso. Per esempio bisogna capire se la persona presenta vulnerabilità che la rendono incompatibile con il trattenimento», spiega Riccardo Campochiaro, avvocato di Asgi e presidente del Centro Astalli Catania che difende i tre migranti rimessi in libertà.

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Ma è il terzo punto quello più importante: la sentenza stabilisce che la procedura accelerata in frontiera si può svolgere, come del resto è evidente dal nome, solo in frontiera. Questo tipo di iter semplificato è stato pensato a livello comunitario per chi fa domanda prima di entrare nel territorio di un paese membro. I richiedenti asilo coinvolti nella vicenda, invece, sono sbarcati il 20 settembre scorso a Lampedusa e trasferiti il 28 nel nuovo centro di Modica. Ma come è possibile applicare una procedura immaginata per chi non è ancora all’interno del territorio dello Stato in un comune dell’entroterra siciliano? Attraverso una finzione giuridica che ha preso forma con il decreto del Viminale del 5 agosto 2019.

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Questo ha stabilito che le province di Ragusa e Matera vanno considerate zone di transito/frontiera. Aree dove è possibile realizzare centri di trattenimento per le relative procedure accelerate. Luoghi che secondo il governo non fanno parte del territorio nazionale. Tanto che nel dl Cutro è previsto che solo quando la domanda d’asilo ha esito positivo si ottiene «l’accesso al territorio nazionale». Si tratta di una evidente forzatura, che infatti il tribunale di Catania ha censurato. Stabilendo che quel tipo di trattenimento, diverso dalla detenzione nei Cpr, può realizzarsi solo dove la persona è entrata. Cioè Lampedusa. Qui però il governo avrebbe enormi problemi a costruire una struttura detentiva.

Il giudice ha poi stabilito che in virtù dell’articolo 10 della Costituzione si deve consentire allo straniero di entrare in Italia anche se viene da un paese sicuro. «Hanno gli stessi diritti degli altri richiedenti – spiega Campochiaro – Su di loro grava solo un maggior onere della prova».

La sentenza catanese ha mandato su tutte le furie il governo. Il vicepremier Matteo Salvini (Lega) ha promesso una riforma della giustizia «presto e bene». Mentre il deputato di FdI Tommaso Foti ha espresso «più sdegno che sorpresa» per la decisione. Intanto il Viminale ha comunicato che farà appello. Adesso bisognerà vedere cosa decideranno gli altri giudici nelle prossime udienze di convalida, anche se la sentenza è considerata solida, e poi capire come si muoverà il governo.

* Fonte/autore: Giansandro Merli, il manifesto

 



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