by Adriana Pollice * | 4 Ottobre 2023 11:32
La fondazione Gimbe analizza le previsioni per il 2024/2026: investito in salute meno di un terzo della crescita attesa. Mancano 70 mila infermieri, 80 mila operatori socio sanitari, 30 mila medici ospedalieri, oltre 3 mila medici di famiglia
«I numeri della Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza ndr) 2023 certificano che, in linea con i governi degli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta una priorità, neppure per l’attuale esecutivo, rimanendo la cenerentola dell’agenda politica»: il commento è del presidente Gimbe, Nino Cartabellotta, e accompagna il dossier della Fondazione che analizza i numeri della spesa sanitaria in vista della manovra di bilancio.
PER LA PREVISIONALE 2023, rispetto al 2022, la spesa sanitaria aumenta del 2,8% (in termini assoluti di 3.631 milioni) ma si riduce dal 6,7 al 6,6% in termini di percentuale rispetto al Pil. Tra il 2024 e il 2026, a fronte di una crescita media annua del Pil nominale del 3,5%, la Nadef stima la crescita media della spesa sanitaria all’1,1% (ovvero un investimento di meno di un terzo della crescita attesa) così il rapporto precipita dal 6,6% del 2023 al 6,2% nel 2024 e nel 2025 e poi ancora al 6,1% nel 2026, un valore inferiore a quello pre pandemico del 2019 (6,4%). Rispetto al 2023, in termini assoluti, la spesa sanitaria nel 2024 scende a 132.946 milioni (meno 1,3%) per poi risalire nel 2025 a 136.701 milioni (più 2,8%) e 138.972 milioni (più 1,7%) nel 2026. «L’irrisorio aumento di 4.238 milioni (più 1,1%) nel triennio 2024/2026 – prosegue Cartabellotta – non basterà a coprire nemmeno l’aumento dei prezzi, sia per l’inflazione sia perché l’indice dei prezzi del settore è superiore all’indice generale di quelli al consumo». Le stime, quindi, non prevedono investimenti nel personale ma certificano piuttosto un definanziamento. In particolare, il 2024 segna un preoccupante meno 1,3%.
SE POI SI CONFRONTA il Documento di economia e finanza 2023 con la sua Nota di aggiornamento, rispetto alle stime del Def per il periodo 2023/2026, in quelle della Nadef la spesa sanitaria in termini assoluti aumenta di soli 1.140 milioni (più 0,4%) e in termini di percentuale sul Pil si riduce dello 0,3%. Nel triennio 2024/2026 la spesa sanitaria si riduce dello 0,2% in termini di percentuale di Pil aumentando in termini assoluti in media di soli 816 milioni l’anno. «Se a parole la Nadef 2023 afferma l’intenzione di stanziare risorse per il rilancio del personale nel prossimo triennio, i numeri non lasciano intravedere i fondi necessari ma, viceversa, documentano segnali di definanziamento della sanità pubblica ancor più evidenti di quelli del Def 2023, le cui stime sono state riviste al ribasso».
IL SERVIZIO SANITARIO è fortemente a rischio: «La sua grave crisi di sostenibilità non garantisce più equità di accesso alle prestazioni con pesanti conseguenze sulla salute delle persone e sull’aumento della spesa privata. Le stime Nadef spingono la sanità pubblica sull’orlo del baratro. Scivolando da un servizio basato sulla tutela di un diritto costituzionale, a 21 sistemi regionali basati sul libero mercato. E ignorando che lo stato di salute della popolazione condiziona la crescita del Pil».
La premier Meloni ha rimandato la discussione a data da destinarsi: «Abbiamo un orizzonte di legislatura. Le priorità sono molte ma le risorse sono poche» e le priorità più urgenti sembrano le strette sui migranti (che assorbono molti fondi).
IL MINISTRO DELLA SALUTE Orazio Schillaci ieri ha tirato le somme: «Le liste d’attesa e la valorizzazione degli operatori sanitari sono i due target su cui concentrarsi. Bsta medici gettonisti, bisogna premiare economicamente e con dei percorsi di carriera gli operatori per far sì che si riducano le liste d’attesa. Tutte le prestazioni a carico del Ssn, quindi ospedali pubblici e strutture private convenzionate, siano messe in un unico Centro per le prenotazioni su base regionale». E ancora: «I medici ci sono ma il sistema sanitario è poco attrattivo». All’orizzonte non c’è la cancellazione del tetto di spesa per le assunzioni ma il privato convenzionato. Il sottosegretario Gemmato: «Le regioni hanno chiesto 4 miliardi in più. La finanziaria si licenzia a fine di dicembre, parlare ora di tagli è assurdo».
IL SEGRETARIO NAZIONALE dell’Anaao Assomed, Pierino Di Silverio: «Se non ci saranno in manovra risorse adeguate daremo le dimissioni di massa. Siamo arrivati al limite. La stima del taglio di 2 miliardi nel 2024 appare come un chiaro segnale. Non è il rinnovo del contratto che risolve i problemi dei medici ma investimenti adeguati e un nuovo modello organizzativo. Il privato non è un pericolo ma una realtà». E Michele Vannini, segretario nazionale di Fp Cgil Area sanità: «Siamo difronte a un default programmato, non c’è nessuna risposta sullo sblocco delle assunzioni e i prossimi rinnovi dei contratti. L’impressione è che il governo sta mettendo in campo una privatizzazione senza dirlo. Quello che si offre è un incentivo ai professionisti per farli lavorare di più, sempre di più». Uil Fpl: «Mancano 70mila infermieri, 80mila operatori socio sanitari, 30mila medici ospedalieri, oltre 3mila medici di famiglia».
* Fonte/autore: Adriana Pollice, il manifesto[1]
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