Strage di Ustica. L’amicizia tra Italia e Gheddafi avversata dagli alleati
Più volte Francia e Stati uniti tentarono di uccidere il colonnello e più volte Roma lo salvò. Fino al 2011
Meglio tardi che mai, ma già sapevamo come stavano le cose dalle indagini della magistratura. Dalla ricostruzione di Giuliano Amato sulla strage di Ustica, sulla quale attendiamo ulteriori prove che per ora mancano, emergono tre cose.
1) l’Italia, come noto, non è un Paese sovrano e pezzi delle istituzioni come i vertici militari sono stati più fedeli alla Nato che non alla repubblica e alla costituzione; 2) i nostri alleati, dagli Usa alla Francia, fanno sulle nostre teste quello che gli pare e non rendono conto a nessuno; 3) statunitensi, francesi e inglesi per oltre 30 anni hanno tentato più volte di uccidere Gheddafi, il maggiore alleato italiano in Nord Africa e ci sono riusciti nel 2011 senza per altro porre rimedio al caos che è seguito, lavandosi le mani delle conseguenze, comprese decine di migliaia di morti in mare.
LA STRAGE di Ustica del 27 giugno 1980, quando il volo Itavia sarebbe stato colpito da un missile dell’aviazione francese che mirava a un Mig libico (dove avrebbe dovuto esserci Gheddafi) facendo 81 morti civili, è stato un gesto orrendo che ha anticipato altre tragedie nel Mediterraneo e in Medio Oriente, dall’Afghanistan all’Iraq alla stessa Libia, guerre combattute dall’Occidente che si sono risolte in disastri epocali.
Per arrivare agli odierni colpi di stato in Africa, alla disgregazione di Françafrique e alla profonda sfiducia nei confronti di americani ed europei che con la guerra in Ucraina spingono verso l’escalation e aumenti della spesa militare senza trovare una soluzione diplomatica abbordabile al conflitto provocato dalla Russia di Putin.
Purtroppo, ma non aveva bisogno di dircelo Amato, tutto questo è avvenuto e avviene con la complicità della nostra classe politica e contro gli stessi interessi dello stato italiano. Esempio evidente la recente trattativa «segreta» condotta a Roma con la mediazione dell’Italia tra Libia e Israele che, appena diffusa dai media israeliani vicini ai militari, si è ritorta contro il governo di Tripoli e la stessa posizione italiana in quel Paese.
Un disastro diplomatico le cui conseguenze non sono passate in sordina, nonostante la propaganda di un governo che continua a concionare di un fantomatico Piano Mattei per l’Africa. La verità è che apparecchiamo la tavola altrui come camerieri servizievoli.
Tornando alle dichiarazioni di Amato a Repubblica, la realtà è che la presenza italiana in Libia e i rapporti tra Roma e Tripoli sono sempre stati mal tollerati dai nostri alleati. E l’Italia salvò più volte la vita al colonnello Gheddafi. A confermare missioni segrete e coperture dei governi italiani per proteggere la vita del dittatore libico sono già venute le testimonianze di chi quelle operazioni le condusse sul campo: agenti segreti ed esponenti politici.
BASTA GUARDARE le interviste del documentario del 2021 di Rai 3 «C’era una volta Gheddafi», diretto da Luca Lancise ed Emiliano Sacchetti. In una di queste Roberto Jucci, comandante generale dei carabinieri oggi in congedo, racconta la sua missione speciale in Libia e di quando, nel 1971, in veste di ufficiale dell’ex Sid (il servizio segreto della difesa), fu incaricato dall’allora ministro degli esteri Aldo Moro di incontrare il colonnello Gheddafi – padrone dopo il colpo di stato del 1969 dei pozzi petroliferi dell’Eni – per sancire una nuova amicizia con l’Italia. Un patto che per il Colonnello suonava come assicurazione sulla vita.
In un’altra intervista l’ambasciatore Antonio Badini, consigliere diplomatico del governo Craxi, espone i retroscena del salvataggio di Gheddafi dai bombardamenti americani del 1986, episodio confermato anche dall’ex ambasciatore ed ex ministro degli esteri libico Abdelraman Shalgam. Secondo Amato, Craxi avrebbe avvertito Gheddafi anche nel 1980 del tentativo di ucciderlo quando avvenne la strage di Ustica ma questo è punto ancora controverso.
Il tutto faceva parte della politica mediterranea dell’Italia negli anni di Andreotti e Craxi – con Amato sottosegretario alla presidenza del consiglio – già artefice del famoso braccio di ferro a Sigonella nell’ottobre 1985 quando il premier socialista impedì, coi militari italiani, alle forze speciali Usa di prelevare Abu Abbas in seguito al dirottamento della nave Achille Lauro.
SI TRATTA di una realpolitik perseguita in continuità dai governi di Roma, da Dini a Prodi, da D’Alema a Berlusconi, fino al Trattato di Amicizia firmato nel 2008, alla presenza di Gheddafi al G8 dell’Aquila e alla trionfale visita a Roma del colonnello nell’agosto 2010. Ma neppure sei mesi dopo con la rivolta di Bengasi del 2011 tutto cambia e prima l’intervento di Francia, Usa e Gran Bretagna e poi della Nato porta alla caduta e all’uccisione del dittatore.
L’Italia allora non si oppose, non tentò neppure di dichiarare, come fece la Germania, la sua neutralità. Vedremo cosa faremo oggi di fronte a queste nuove accuse di Amato alla Francia per la strage di Ustica: è evidente che i vertici dello stato e del governo non possono fare finta di nulla.
* Fonte/autore: Alberto Negri, il manifesto
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