Perché dopo il golpe l’Europa toglie gli aiuti al Niger
Congo, Burkina, Ciad, prima di Niamey. Ma è la prima volta dalla guerra fredda che la condizionalità degli aiuti viene usata per ragioni di ordine geopolitico
L’Unione europea ha deciso di sospendere i suoi programmi di cooperazione allo sviluppo con il Niger a causa del colpo di stato militare che ha spodestato il presidente Bazoum la scorsa settimana. L’Alto rappresentante per gli affari esteri europei, Josep Borrell, ha definito l’attacco al potere legittimo come «inaccettabile» e ha comunicato la «cessazione immediata degli aiuti economici» come pure la sospensione dei programmi di collaborazione per la sicurezza nel Paese. Lo stesso orientamento è stato preso dagli Stati uniti, naturalmente a meno che non venga immediatamente ripristinato l’ordine democratico.
È DI FATTO la prima volta dopo la fine della guerra fredda, che la condizionalità degli aiuti viene utilizzata così chiaramente dato che le motivazioni addotte, al di là del sostegno al presidente legalmente eletto, sono manifestamente di ordine geopolitico. Per evidenziare la specificità del caso nigerino, nessun aiuto è stato messo in discussione, ad esempio, per quanto riguarda il Sud Sudan in cui è in atto una guerra civile tra potere legittimo e ribelli, né tanto meno gli stessi criteri furono applicati al Burkina Faso ai tempi del golpe contro Sankara, o al più recente golpe in Ciad, e via enumerando.
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E allora quali sono le motivazioni di questo ritiro che, ovviamente, metterà in ulteriore difficoltà una popolazione tra le più povere del mondo? Quella più dichiarata, a parte la difesa di una legittimità elettiva, è la vicinanza del presidente deposto all’Occidente in un’area ormai sotto l’influenza russa attraverso anche i mercenari della Wagner. Il problema specifico, però, che rende il Niger estremamente strategico, risiede nelle sue miniere di uranio, fondamentali sia per le centrali nucleari francesi sia per le bombe atomiche.
E qui la storia sembra voltarsi verso il passato: chi ricorda la sanguinosa secessione del Katanga, regione mineraria del Congo, sostenuta dagli Stati uniti e dal Belgio, quando Lumumba dichiarò la sovranità del suo popolo sulle ricchezze nazionali? Guarda caso il plutonio per le bombe di Hiroshima e Nagasaki venivano proprio da lì e non si poteva certo permettere che cadesse nelle mani sbagliate, in questo caso dei sovietici.
QUELLA GUERRA CIVILE costò la vita a Lumumba, eletto democraticamente dai cittadini congolesi, e instaurò la dittatura del tenente colonnello Mobutu filo occidentale. Addirittura non si esitò a far esplodere in volo l’aereo che portava a Kinshasa il segretario generale dell’Onu, Dag Hammarskold, che si era illuso di poter ristabilire la legittimità democratica attraverso le Nazioni unite.
L’ALTRO MOTIVO è la necessità di contare su governi amici nel contenimento del traffico di migranti. Ciò significa, evidentemente, che gli aiuti non erano diretti in maggioranza alle popolazioni, come fanno le ong, ma a sostenere l’apparato repressivo, ulteriore tassello di quello spostamento a Sud delle frontiere europee, il nuovo paradigma della politica migratoria. Ultimo rivolgimento verso il passato: siamo tornati al Terzo mondo, anzi quarto, come nella cara vecchia guerra fredda, quando i primi due mondi, l’Occidente e l’Unione sovietica, si contendevano il Terzo a suon di aiuti, pochi, e dittature amiche, molte.
Oggi con il terzo incomodo cinese, questi paesi sono stati degradati a quarto mondo. Un bel balzo all’indietro dunque, foriero di ulteriori problemi che non saranno certo risolti mantenendo le popolazioni nella morsa delle povertà. Ultimo, ma non per importanza, il per ora fantasmatico Piano Mattei del governo italiano: con chi sarà attuato se, per riconoscimento stesso degli attori internazionali, tutta l’area saheliana è ingovernabile?
* Fonte/autore: Raffaele K. Salinari, il manifesto
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