La mattina è dedicata agli affari. Si incontrano Lula dal Brasile, il primo ministro spagnolo Sánchez e la presidente della Commissione Ue Von der Leyen, con i banchieri delle banche di sviluppo e i ceo delle grandi imprese. L’Europa annuncia 45 miliardi di euro di investimenti, sotto l’ombrello del Eu-Lac Global gateway. Finanziamenti legati alla transizione verde, trasformazione digitale, produzione di vaccini. Gli investimenti, veicolati dalle grandi imprese, sono lo strumento della politica estera europea per recuperare il terreno perso in America Latina. E guadagnato da Pechino, le cui importazioni della regione superano la somma di quelle europee e statunitensi.

NEL POMERIGGIO SI INAUGURA il vertice politico. Ma il dialogo avviene su un piano asimmetrico. L’Ue parla con una voce sola. Celac invece è appena un meccanismo di dialogo, il cui peso dipende dal ciclo politico. La presidenza pro-tempore tocca a Saint Vincent e Grenadine, Stato insulare di centomila abitanti nei Caraibi. Celac si sta risollevando dal declino grazie al ritorno di Lula e del Brasile, che aveva abbandonato il gruppo. «L’America Latina è una priorità europea per uscire dall’isolamento nel Sud del mondo. L’Europa deve giocare tutte le carte, sia del dialogo con Celac, sia con i singoli paesi latinoamericani» ci dice Carlos Malamud, del Real Instituto Elcano. Ed è proprio con l’idea di giocare tutte le carte che nel pomeriggio di lunedì si svolge un vertice bilaterale tra Ue e Caricom (l’Unione dei paesi dei Caraibi).

«Benvenuti a Bruxelles, casa della Nato. Lavoriamo per pace, sicurezza e libertà» assicura un manifesto 6×3 all’aeroporto di Bruxelles. Nei condomini di classe media del quartiere Schaerbeek sventolano le bandiere ucraine. Nelle sedi Ue, al mattino, i funzionari di Bruxelles entrano rapidi con le spille giallo-blu appuntate sulla giacca.

SUL SOSTEGNO ALL’UCRAINA si misura la solidità dell’alleanza tra le due regioni. Quasi tutti i paesi Celac, in sede Onu, hanno votato la condanna all’invasione russa (eccetto il voto contrario di Nicaragua e le astensioni di Cuba, El Salvador e Bolivia). Ma si sono poi rifiutati di inviare armi a Kiev, approvare le sanzioni a Mosca e hanno affossato la possibilità della partecipazione del presidente ucraino Zelensky al vertice.
Lula, nel suo discorso del pomeriggio con i capi di Stato e di governo, prova una mediazione: «Siamo sulla linea della Carta Onu: rifiuto della forza per risolvere le dispute. Appoggiamo le iniziative per la cessazione delle ostilità e i negoziati di pace». I funzionari europei assicurano che stanno lavorando al testo della dichiarazione finale con un’espressione di solidarietà a Kiev.

Fuori dai palazzi europei, nelle aule della Libera Università di Bruxelles, va in scena la Cumbre de los Pueblos, controvertice dei movimenti sociali e dei partiti di sinistra delle due regioni. Centinaia di partecipanti, Cuba e Venezuela i paesi più rappresentati. Per l’Italia il trentenne Don Mattia Ferrari, cappellano della ong Mediterranea, denuncia la situazione dei migranti nel Mare Nostrum. Si parla degli effetti del bloqueo a Cuba e gli attivisti ambientalisti condividono le strategie di lotta.

«L’ESTRATTIVISMO è il detonatore della violenza nei nostri territori, dove si salda l’alleanza tra le imprese e gruppi di sicurezza privata» dice Maria José, attivista colombiana contro le attività inquinanti della multinazionale mineraria AngloGold Ashanti. «Di fianco alle miniere di carbone, costruiranno pannelli solari e pale eoliche, in linea con la transizione verde. Ma nella mia terra ogni anno muoiono 40 bambini per l’inquinamento» conclude. Il clima è allegro, di festa e impegno, «arriveranno anche Mélenchon e Corbyn» afferma entusiasta Claudio Marotta, consigliere regionale di Alleanza Verdi e Sinistra nel Lazio.

Dei manifesti danno il benvenuto alla Cumbre ad alcuni leader latinoamericani. Un benvenuto è riservato anche al presidente del Nicaragua, Daniel Ortega. Che ha represso le proteste popolari, governato col favore delle grandi imprese, tolto la cittadinanza a chi ha criticato la sua famiglia, incarcerato un vescovo, espulso la Croce Rossa Internazionale, come ha raccontato su questo giornale Gianni Beretta. Anche lui benvenuto?

* Fonte/autore: Federico Nastasi, il manifesto[1]