Niger. Con il golpe cade l’ultimo amico dell’Occidente nel Sahel

by Stefano Mauro * | 28 Luglio 2023 16:37

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Troppi attacchi jihadisti e «cattivo governo»: Forze armate unite, presidente destituito

 

La giornata più lunga per la fragile democrazia del Niger si è conclusa mercoledì notte con l’annuncio alla televisione nazionale della destituzione del presidente Mohamed Bazoum e della creazione del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp).

«NOI, FORZE DI DIFESA e Sicurezza (Fds), riunite all’interno del Cnsp abbiamo deciso di porre fine al regime che voi conoscete – ha dichiarato il colonnello Amadou Abdramane circondato da altri nove militari – un cambio legato al deterioramento della situazione sicurezza e al cattivo governo economico e sociale».
I dieci presenti rappresentavano i diversi corpi dell’esercito nigerino a indicare l’unità delle forze armate. Non c’era tuttavia il generale Abdourahmane Tchiani, capo della Guardia presidenziale che ha avviato il putsch e mediato affinché esercito, polizia e gendarmeria si unissero al golpe senza spargimento di sangue. Ma secondo fonti interne, potrebbe diventare lui il nuovo capo del Cnps.

Nel loro messaggio alla nazione i membri del Cnps hanno indicato la «sospensione di tutte le istituzioni della repubblica e la chiusura delle frontiere terrestri e aeree», garantendo comunque «il rispetto degli impegni assunti dal Niger con i suoi partner internazionali».

ANCHE PER IL NIGER – come in precedenza per Mali e Burkina Faso – la difficile situazione sicurezza della popolazione e la presenza dei gruppi jihadisti nella regione è alla base del malcontento. Nonostante il Niger sia diventato il «punto nevralgico dell’intervento francese e occidentale nel Sahel», il Paese è rimasto costantemente esposto alle violenze jihadiste con almeno 400 vittime, tra militari e civili, uccisi nel solo 2023. Violenze e attacchi registrati costantemente sia a sud ovest, nella famigerata zona dei “3 confini” (Mali, Niger e Burkina Faso), dove operano il Gruppo di Sostegno all’Islam e ai Musulmani (Gsim), ramo saheliano di al-Qaeda, e lo Stato Islamico del Gran Sahara (Eigs), sia nell’area sud orientale dove sono presenti i miliziani, provenienti dalla Nigeria, dello Stato Islamico dell’Africa Occidentale (Iswap) e di Boko Haram.
Con la destituzione di Mohamed Bazoum cade quindi, uno degli ultimi alleati dei paesi occidentali nella regione del Sahel. I due Paesi vicini, Mali e Burkina Faso, guidati da giunte militari, si sono rivolti ad altri partner, tra cui la Russia. E proprio a livello internazionale, bisognerà vedere se i militari manterranno gli attuali equilibri e accordi.

OLTRE ALLE CONDANNE di Onu e Unione Africana, ieri sono arrivate le richieste di «rilascio incondizionato di Bazoum e ripristino della legalità e democrazia» da parte di Washington e Parigi, ricordando che il Niger è «un partner fondamentale» per l’occidente nel Sahel.
Una variabile sarà forse la mediazione portata avanti dalla Comunità economica dell’Africa occidentale (Cedeao) che prevede la visita nei prossimi giorni da parte del presidente del Benin, Patrice Talon, sotto l’egida del nuovo capo della Cedeao, il nigeriano Bola Tinubu, che ieri ha minacciato «pesanti ripercussioni e sanzioni per i golpisti». Per Talon «tutti i mezzi saranno utilizzati, se necessario, per ripristinare l’ordine costituzionale in Niger, ma l’ideale sarebbe che tutto avvenisse in pace e armonia per ripristinare la legalità» ha indicato Talon.

IL PRESIDENTE Mohamed Bazoum nella mattinata di ieri si è rivolto, attraverso i social media, alla popolazione – alcune centinaia di persone avevano manifestato mercoledì sera contro il golpe militare – incitando i nigerini a sostenere «la democrazia e la libertà». Nel tardo pomeriggio di ieri, al contrario, altre centinaia di persone a Niamey hanno espresso sostegno al golpe, con slogan contro la Cedeao, la Francia e la presenza di truppe straniere nel paese, meniva assaltata e data alle fiamme la sede del Partito nigerino per la democrazia e il socialismo (Pnds), di cui Bouzoum è leader.

* Fonte/autore: Stefano Mauro, il manifesto[1]

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