Lavorare con 40 gradi: il protocollo anti-afa non tutela i precari

Lavorare con 40 gradi: il protocollo anti-afa non tutela i precari

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Esclusi gli stagionali dalla Cassa integrazione. Landini (Cgil): “Il provvedimento non serve quasi a nulla”. Bombardieri (Uil): “La montagna ha partorito il topolino”. Unione sindacale di base: “Pacchetto di sedici ore di sciopero”

 

I lavoratori stagionali agricoli, i rider, i lavoratori autonomi e quelli a chiamata, i collaboratori e le partite Iva potrebbero continuare a lavorare oltre i quaranta gradi. Non solo sono discriminati dalle tutele e dal reddito. Domani potrebbero essere esclusi dalla protezione contro il caldo feroce. Invece, sugli assunti a tempo indeterminato nei lavori più colpiti dal caldo, e dai rivolgimenti climatici nelle altre stagioni, il governo Meloni sembra avere recepito solo parzialmente una delle richieste dei sindacati: non conteggiare le ore di cassa integrazione dal computo delle settimane previste nel biennio mobile in settori come l’agricoltura e l’edilizia. A tale proposito è stato annunciato un decreto che dovrebbe essere approvato oggi dal Consiglio dei ministri.

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LA MANCANZA di una tutela universale al di là del contratto di lavoro è la regola su cui è fondata la divisione del lavoro nell’economia post-fordista, e nello Stato sociale a pezzi in Italia. La discriminazione è stata riprodotta nella bozza del protocollo presentata ieri a imprese e sindacati durante il secondo incontro organizzato dalla ministra del lavoro Marina Calderone. Non è chiaro se e quando il testo sarà firmato. A sentire le aspre critiche di Cgil, Uil e Usb a questo atto tardivo e insufficiente, deciso al culmine del picco stagionale di afa disumana, potrebbe essere difficilmente accettato da tutte le controparti.

CISL, UGL e CONFSAL si sono dette invece favorevoli, come Coldiretti. Quest’ultima ha fatto un distinguo sugli stagionali esclusi. È interessante. Permette di comprendere una delle contraddizioni generate dal cambiamento climatico nel sistema capitalistico. Una «transizione», concepita per difendere i rapporti sociali di produzione, gestita per di più con norme emergenziali e non strutturali. È uno dei problemi emersi nella gestione della pandemia dove, a tutti i livelli, è stata seguita una logica occasionale slegata da una più ampia consapevolezza della molteplicità delle crisi concatenate in cui viviamo, non ultima quella dell’inflazione di nuovo tipo. Oggi, in un altro momento, siamo allo stesso punto.

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«LA DECISIONE di prevedere la “Cassa integrazione agricola ed emergenza coronavirus” ad ore, per i quasi 500mila persone nella raccolta della frutta e in quella della verdura mentre la vendemmia è alle porte, è meno convincente – sostiene Coldiretti – Non è questo lo strumento che risolve il problema perché non è sempre possibile fermare la produzione nelle campagne dove occorre garantire le forniture alimentari alla popolazione, salvare i raccolti di prodotti deperibili per combattere il caro prezzi e tutelare la salute dei lavoratori».

LA MINISTRA DEL LAVORO Calderone e quello della Salute Orazio Schillaci sostengono che sia stata «condivisa l’opportunità di demandare alla contrattazione territoriale il dettaglio delle linee guida a partire da uno schema unico a livello nazionale». Per loro «il coinvolgimento delle parti sociali è alla base di una strategia per la sicurezza dei lavoratori».

I SINDACATI NON LA PENSANO allo stesso modo. In fondo, chiedono al governo un provvedimento generale strutturale – e non solo uno specifico sulla cassa integrazione valido fino a dicembre che dovrà essere finanziato dalla legge di bilancio. Ci vuole un decreto, parte di una strategia che integra la protezione dei lavoratori in quella della società, non pillole da inghiottire individualmente o per settore quando la colonnina impazzisce.

PER ORA LA BOZZA contiene, tra l’altro, misure per lo smart working e gli ammortizzatori sociali. Parla di «Dispositivi di protezione individuale» come le «creme solari» e acqua potabile. Non sono stati dimenticati nemmeno gli studenti in alternanza scuola-lavoro (oggi Pcto). Casomai si trovassero in fabbrica, o nei campi, avranno in omaggio una crema. E lavoreranno all’alba o al tramonto.

«LA MONTAGNA HA PARTORITO il topolino – ha detto il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri – Non c’è alcuna risposta alla nostra richiesta di emettere un decreto specifico che disponga l’obbligo di interrompere le attività lavorative quando vengono superati i 32 gradi centigradi, ovviamente, nel caso in cui non venissero realizzati specifici accordi di rimodulazione orari o riorganizzazione del lavoro, per gestire le situazioni di emergenza caldo».

«IL PROTOCOLLO CONTIENE misure già esistenti e normate dal Testo unico 81 e dalle linee guida elaborate dal Ministero della Salute, senza nessuno elemento per renderle più esigibili e vincolanti, tanto più che il governo stesso non lo avrebbe sottoscritto. Basta perdere tempo – ha detto la segretaria confederale Cgil Francesca Re David – Nulla è previsto per i lavoratori e le lavoratrici non subordinati, i riders, gli stagionali. Chiederemo incontri alle aziende e alle istituzioni locali per modificare l’organizzazione del lavoro e lo fermeremo quando necessario».

«IL PROVVEDIMENTO annunciato dal governo non serve quasi a nulla – ha sostenuto il segretario delal Cgil Maurizio Landini – Noi avevamo bisogno che la cassa integrazione diventasse uno strumento esteso a tutte le forme di lavoro, anche ai lavoratori stagionali, ai rider e a qualsiasi persona che lavora. Era necessario anche fissare un tetto di temperatura oltre il quale doveva scattare una serie di tutele e modifica degli orari. Di queste cose il governo non ne ha fatta nessuna. Il governo ha perso un’ulteriore occasione e dimostra che non sta affrontando i problemi di chi per vivere ha bisogno di lavorare».

USB HA PROCLAMATO lo stato di agitazione nel settore del privato e ha messo a disposizione un pacchetto di 16 ore di sciopero per i lavoratori che dovessero trovarsi in condizioni di pericolo. «Il caldo estremo continua a mietere vittime: altre tre persone hanno perso la vita sul lavoro: un giovane chef di 33 anni a Lerici, un quarantacinquenne su un peschereccio al largo di Ancona, un operaio di 48 anni in provincia di Caserta. È gravissima la scelta di non inserire i decessi tra i rischi lavorativi causati da condizioni climatiche estreme, nonostante stiano aumentando. Una scelta che fa il paio con la volontà di ridurre l’intervento del ministero al solo soddisfacimento delle richieste delle imprese».

* Fonte/autore: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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