Stragi in mare. «Alan doveva essere l’ultimo, ma dall’Europa solo promesse»
Tima Kurdi, zia del bambino annegato nel 2015, alza la voce dopo il naufragio in Grecia: ora basta, la storia ci giudicherà. «Fermare la navi delle Ong è una decisione inumana. Mi spezza il cuore. Queste politiche devono cambiare. Non si possono lasciare annegare le persone», dice.
«Quando ho visto la foto di mio nipote su quella spiaggia sono crollata e ho gridato. Avrei voluto che il mondo mi sentisse per mettere fine a tutta quella sofferenza. Sarebbe dovuta essere l’ultima», dice Tima Kurdi al telefono. A Vancouver sono le prime ore del mattino, in Italia la sera sta calando sulla Giornata mondiale del rifugiato. Kurdi, siriana-canadese di 53 anni, è la zia di Alan, il bambino trovato morto il 2 settembre 2015 sulla spiaggia turca di Bodrum. La foto di quel corpicino privo di vita fece il giro del mondo e scatenò un’ondata di indignazione. Contribuì ad allentare, per poco, le politiche anti-migranti nell’Egeo e lungo la frontiera di terra tra Grecia e Turchia. Sulla storia della sua famiglia ha scritto un libro, Il bambino sulla spiaggia. Quando una settimana fa ha saputo nel grande naufragio di Pylos, vicino alle coste greche, ha riprovato lo stesso dolore.
La Giornata mondiale del rifugiato 2023 arriva a una settimana dalla morte in mare di quasi 700 persone. Cosa ha pensato quando ne ha avuto notizia?
Mi sono svegliata e ho visto i tweet di Alarm Phone. Poi ho letto i dettagli sulle centinaia di persone bloccate nella stiva di quella nave, tra cui molti bambini. Li ho immaginati affondare e morire nel silenzio. Ho pensato a quegli innocenti che gridavano per chiedere aiuto mentre l’acqua li portava giù. Così sono ritornata alla scena della mia tragedia familiare, a quando mio fratello ha provato a salvare figli e moglie. Loro sono rimasti in acqua diverso tempo perché non c’erano navi di soccorso. Quel giorno piansi senza speranza. Volevo gridare al mondo: quando è troppo è troppo. Stavolta ho sentito il bisogno di fare qualcosa: ho contattato l’equipaggio di Iuventa per dire che avevo il cuore spezzato e dovevo alzare la voce.
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Il naufragio di Pylos è una tragedia o una strage?
Guerra, povertà e disastri naturali creano i rifugiati. Quelle persone non hanno scelta e devono lasciare il loro paese. Incolpo tutti coloro che in questi anni sono rimasti zitti. Quante anime innocenti sono annegate nel Mediterraneo mentre il mondo restava in silenzio? La morte di Alan ha scioccato tutti, inclusi i politici. Nei meeting a Bruxelles venivano da me, mi abbracciavano, dicendo che erano dispiaciuti e che quella tragedia sarebbe stata l’ultima. Ma dopo? Quante altre persone sono annegate? Quando si dice che in 10 anni nel Mediterraneo sono morte 25mila persone non ci credo: tantissime altre sono sparite senza che nessuno se ne accorgesse. Per questo alzo la voce: bisogna aiutare chi arriva alle frontiere.
L’altro ieri con una lettera ha criticato gli ostacoli alle navi delle Ong. Il governo italiano è tra i più attivi nel limitarne le attività. Cosa prova di fronte a questo comportamento?
Mi spezza il cuore. È una decisione inumana. Questa politica deve cambiare. Non si possono lasciare annegare le persone. Sono persone. I politici e la comunità internazionale devono sedersi a un tavolo e trovare delle soluzioni per investire nei paesi da dove originano i flussi migratori e migliorarne le condizioni di vita. Devono fermare le guerre. Aiutare chi ha fame. Solo così le persone rimarranno dove sono per migliorare i loro paesi. Invece si bloccano le navi umanitarie. È sbagliato: io sono totalmente dalla loro parte.
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Al contrario secondo i governi di Grecia e Italia tutta la responsabilità è di trafficanti, scafisti o addirittura dei migranti che si mettono in viaggio.
Ci sono trafficanti in tutto il mondo. Le persone disperate finiscono nelle loro mani e si mettono in pericolo, perché hanno bisogno di partire. È facile per chi è al potere dire: facciamo un muro o blocchiamo la navi di soccorso. Ma queste non sono soluzioni. Le persone soffrono e troveranno sempre e comunque un modo per fuggire. A tutti quelli che incontro dico: aprite il vostro cuore, aprite le vostre porte e accogliete chi arriva. Mettetevi nella loro situazione. Ci sono milioni e milioni di rifugiati nel mondo. Potrebbe succedere anche a voi di diventare uno di loro.
Dopo l’ultimo naufragio, nonostante le centinaia di morti, non c’è stata la stessa indignazione seguita alla morte di suo nipote. È dipeso tutto da quella foto del suo corpo sulla spiaggia?
Quella foto ha svegliato il mondo. Personalmente credo che dio abbia messo una luce su quell’immagine per lanciare un messaggio: troppe persone stanno affogando. Ma non c’è differenza tra le diverse tragedie. Molti altri sono morti come Alan. Di quest’ultimo naufragio dobbiamo sapere: dove sono i dispersi? Come si chiamano i morti? Chi erano, cosa facevano, quanti anni avevano tutte queste persone? La storia ci giudicherà per questi fatti. Nel futuro si proverà vergogna di chi non ha fatto nulla per aiutare quelle vittime. Andate dai vostri politici, parlate nella vostra comunità, chiedete ovunque di mettere fine a questa situazione.
* Fonte/autore: Giansandro Merli, il manifesto
ph by Plenz, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
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