Sanità allo sfascio: liste di attesa, oltre un terzo le prestazioni in arretrato

Sanità allo sfascio: liste di attesa, oltre un terzo le prestazioni in arretrato

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I dati della fondazione Gimbe relativi al 2022 mostrano un’Italia a due velocità: Toscana, Trento ed Emilia-Romagna hanno coperto l’arretrato dovuto al Covid per oltre il 90%. In coda Calabria (18%) e Campania (10%)

 

Sono 7,13 milioni le prestazioni saltate durante la pandemia che il Sistema sanitario non è stato in grado di recuperare, il 35% del totale. Nel dettaglio, 174mila ricoveri programmati; 914mila inviti e 936mila prestazioni per gli screening oncologici; 5,1 milioni di prestazioni ambulatoriali. Sono i numeri diffusi dalla fondazione Gimbe ottenuti analizzando i dati del ministero della Salute. «Nel 2022 è stato recuperato solo il 65% delle liste d’attesa saltate su 20,3 milioni di arretrato – ha spiegato il presidente della fondazione, Nino Cartabellotta -. Nessuna regione ha raggiunto per tutte le prestazioni le quote di recupero previste dai Piani operativi regionali. C’è un’ampia variabilità nei livelli di performance sia tra le varie regioni, sia nella stessa regione tra differenti tipologie».

LA PERCENTUALE è stata calcolata sul totale delle prestazioni inserite nei relativi Por. La classifica vede sul podio la Toscana (99%), la provincia autonoma di Trento (95%) e l’Emilia Romagna (91%). Sul fondo Calabria (18%) e Campania (10%). Per recuperare le liste d’attesa il governo ha stanziato 500 milioni nella legge di Bilancio 2022, che ha ulteriormente prorogato quanto previsto dal decreto legge 104/2020, le cui risorse non erano state completamente utilizzate.

SE SI CONSIDERANO tre macro aree, il quadro mostra profondi divari nel paese. Ricoveri per interventi chirurgici programmati: le regioni hanno inserito nei Por oltre 512mila prestazioni da smaltire, il ministero riporta un recupero stimato di circa 338mila unità (66%). Si oscilla tra il 92% del Piemonte e il 14% della Liguria. Screening oncologici: previsto un recupero di oltre 5 milioni di inviti e quasi 2,84 milioni di prestazioni. La rendicontazione ministeriale riporta un recupero stimato di quasi 4,2 milioni di inviti (82%) e poco più di 1,9 milioni di prestazioni (67%). Per gli inviti si va dal 100% di Piemonte, Valle d’Aosta, Trento, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Molise e Basilicata al 14% del Friuli Venezia Giulia. Per le prestazioni, il recupero oscilla dal 100% di Toscana, Trento, Piemonte e Basilicata al 9% di Calabria e Lazio. L’Umbria invece ha recuperato tutto il settore screening nel 2021.

PRESTAZIONI AMBULATORIALI: su un totale programmato di quasi 11,9 milioni di prestazioni, si è arrivati a quasi 6,8 milioni (57%). «Un dato – ha sottolineato Cartabellotta – che ha avuto conseguenze rilevanti sui tempi di attesa delle nuove prestazioni ambulatoriali e, verosimilmente, ne continua ad avere visto che ne rimangono da recuperare oltre 5 milioni». Anche qui nette le differenze: obiettivo del 100% raggiunto in Valle d’Aosta, Trento e Toscana; Campania inchiodata al 7%. In quest’ultima regione anche gli altri parametri sono basi: il recupero dei ricoveri chirurgici programmati è al 22%; gli inviti a screening oncologici sono al 21%, le prestazioni di screening al 16%. La percentuale del finanziamento rendicontato rispetto a quanto assegnato è pari al 35% (la media italiana è al 69%), la percentuale di committenza alle strutture private accreditate è pari al 37% (dato Italia 29%).

LA DISTANZA tra Toscana e Campania è evidentemente tanta. A partire dalla popolazione: nel 2022 la prima aveva circa 2 milioni di residenti in meno. Leggendo i dati sulla «distribuzione regionale del personale dipendente a tempo indeterminato per ruolo e genere al 31 dicembre 2020» del ministero della Salute viene fuori che la Campania ha affrontato la pandemia (dopo 10 anni di commissariamento) con circa 10mila unità in meno rispetto alla Toscana. Solo per il Covid il finanziamento pro capite della popolazione e il personale sono cresciuti ma, secondo Cittadinanzattiva, in Campania mancano ancora 15 mila operatori sanitari. Inoltre, nel 2021 quasi 3 milioni di campani risultava a rischio povertà cioè il 50,2% della popolazione totale, la media nel Mezzogiorno era del 41,1%, nel Centro Nord 17,4%. Il reddito di cittadinanza ha migliorato un po’ la situazione ma il governo ha tagliato la misura.

SE LA CALABRIA ha chiamato i medici cubani, la Cgil Sicilia denuncia: «Liste di attesa interminabili, reparti che chiudono, personale che manca, corsie che si svuotano di medici. È la drammatica situazione della regione, ad alto tasso di disoccupazione e di povertà e con un’età media che si va alzando». Su questo quadro il governo vorrebbe innestare l’autonomia differenziata avendo inoltre previsto nel Documento di economia e finanza una spesa per la Sanità di appena il 6,7% rispetto al Pil nel 2023, del 6,3% nel 2024 e del 6,2% nel 2025 e 2026.

IL SEGRETARIO NAZIONALE Fp Cgil Medici, Andrea Filippi: «I dati Gimbe dicono che c’è disparità e che viene da lontano: la modifica del titolo V della Costituzione ha creato una diseguaglianza nell’offerta sanitaria rivolta ai cittadini. Questa modica accoppiata alla legge sul pareggio di bilancio ha approfondito le differenze: le regioni soggette a piano di rientro hanno dovuto tagliare ancora di più di quelle che erano cosiddette virtuose. Lo stesso Patto della salute tra governo e regioni è stato costruito su criteri che non tenevano conto delle specificità territoriali, tra cui le concentrazioni demografiche e i dati epidemiologici». E ancora: «Se non ripartiamo da una riforma di sistema che costruisca assistenza territoriale, con personale nelle strutture, qualsiasi dato sarà comunque condizionato da dimensioni storiche. La stessa pandemia ha approfondito la difficoltà di offrire in tempi corretti le prestazioni, allungando ancora liste di attesa dove erano già più lunghe».

* Fonte/autore: Adriana Pollice, il manifesto



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