Il quadro del territorio palestinese occupato si aggrava con il passare dei giorni. L’uccisione di quattro israeliani nell’attacco compiuto alla stazione di servizio dell’insediamento di Eli – avvenuta qualche ora dopo il raid, con sette morti, dell’esercito israeliano a Jenin – ha dato il via a una nuova vasta rappresaglia dei coloni più estremisti contro villaggi e cittadine palestinesi. A Turmusaya (Ramallah) è toccata una sorte simile a quella subita a fine febbraio da Huwara. Lafi Adib, il sindaco della cittadina, ha raccontato che ieri, poco dopo mezzogiorno, centinaia di coloni, in gran parte provenienti dall’insediamento di Shilo, hanno attaccato varie abitazioni con lanci di sassi e bottiglie incendiarie. Quindi hanno dato fuoco a decine di automobili e terreni agricoli. Un abitante di 27 anni, Omar Qatin, un impiegato del Comune, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco. Altri palestinesi sono stati feriti, 12 dei quali da proiettili.

Non è stato chiaro se Qatin sia stato colpito da coloni armati o da agenti della guardia di frontiera (un corpo paramilitare della polizia) giunti al villaggio ufficialmente a protezione dei vigili del fuoco. Qualche ora dopo l’uccisione, un portavoce della polizia ha detto che gli agenti hanno «registrato un colpo arma da fuoco esploso nella loro direzione, un poliziotto sentendosi in pericolo ha sparato un colpo preciso contro il palestinese sospettato di aver aperto il fuoco». Una versione che a Turmusaya smentiscono categoricamente. Qatin, raccontano molti, non faceva parte di alcuna formazione politica o armata ed è stato colpito mentre, come altri, seguiva a distanza quanto accadeva nel villaggio. Gli abitanti raccontano anche di case date alle fiamme e di famiglie intere intrappolate all’interno e portate in salvo dai soccorritori. Una donna ha detto di aver temuto per i figli rimasti bloccati dalle fiamme per diversi minuti all’interno dell’abitazione.

A Turmusaya vivono circa 4.000 persone. Altri 14.000 abitanti risiedono all’estero, principalmente negli Stati uniti. Al villaggio sono state confiscate terre per la costruzione dell’insediamento di Shilo e altri avamposti, ed è stato occasionalmente preso di mira. Ma mai era stato teatro in passato di un tale livello di violenza. «I coloni hanno attaccato di sorpresa il nostro paese – ha denunciato il sindaco Adib – perché sanno che i cittadini sono impegnati nel lavoro e la maggiore parte non è nel villaggio. L’attacco è stato ampio e organizzato, con piena protezione e coordinamento con l’esercito israeliano». Rappresaglie di coloni sono avvenute anche a Urif, da cui provenivano Khaled Sabah e Mohannad Shehadeh, i due attentatori di martedì. Testimoni hanno riferito che il villaggio è stato attaccato da trecento coloni che, come a Turmusaya, hanno dato fuoco ad automobili e tentato di attaccare alcune abitazioni. Questa sera a Gerusalemme l’associazione della sinistra ebraica Free Jerusalem terrà un raduno per protestare contro rappresaglie e attacchi contro i villaggi palestinesi.

Quella di ieri è stata anche una giornata di funerali. Sono stati sepolti Nachman Mordoff, Elisha Anteman, entrambi 17enni, Harel Masood, 21 anni, e Ofer Fayerman, 64 anni, i coloni rimasti uccisi martedì. In risposta all’attacco, il premier israeliano Netanyahu ha annunciato la costruzione di altri mille alloggi nell’insediamento di Eli. Ieri è spirata Sadil Naghnegah, la palestinese 15enne ferita da un proiettile mentre era a casa durante l’incursione israeliana a Jenin. Colpita alla testa, le sue condizioni erano apparse subito disperate.

Nel Golan intanto occupato proseguono le proteste, con incidenti e feriti, contro le pale eoliche che una società israeliana sta installando sulle terre della comunità drusa. Gli attivisti drusi sostengono che il progetto, dietro l’immagine positiva di un intervento per la produzione di energia pulita, nasconderebbe l’intento di espropriare le loro terre.

* Fonte/autore: Michele Giorgio, il manifesto[1]