«Parigi teme l’alleanza tra poveri bianchi e neri, il mito integrazionista è fallito»

by Antonio Alia, Anna Curcio * | 30 Giugno 2023 11:16

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Intervista alla giornalista francese di origine algerina Louise Yousfi: «La sinistra, in particolare France Insoumise, ha avviato una riflessione su autoritarismo di Stato e antirazzismo. Una novità: nel 2005 il movimento delle banlieue rimase isolato»

 

Louisa Yousfi, giornalista residente a Parigi e figlia di algerini immigrati, è autrice di Restare barbari, libro di grande successo in Francia e pubblicato di recente per i tipi di DeriveApprodi. Yousfi denuncia la violenza delle politiche assimilazioniste delle istituzioni francesi e descrive il conflitto che da almeno mezzo secolo infiamma le periferie d’oltralpe.

Ci spiega cosa sta avvenendo nelle banlieue? Ancora una volta con «i selvaggi all’assalto dell’Impero», per citare il sottotitolo dell’edizione italiana del suo volume.

Uno degli assi fondanti del movimento decoloniale è la lotta contro le violenze della polizia nei confronti degli abitanti dei quartieri popolari, principalmente arabi e neri. A partire da questa violenza immediata, spettacolare, visibile si è costruita la consapevolezza che in Francia esistono dei cittadini di serie b, le cui vite non hanno lo stesso valore di quelle degli altri cittadini della Repubblica. Quello che è successo a Nanterre è soltanto l’ennesimo episodio del trattamento coloniale che la polizia riserva ai quartieri popolari. Ogni anno ci sono in media tredici morti per mano della polizia e il 90% sono neri o arabi. La differenza è che questa volta abbiamo le immagini di quello che è successo. Immagini forti che rendono difficile la difesa dei poliziotti.

Prima della comparsa delle immagini, nella versione ufficiale, la vita dei poliziotti era in pericolo e si erano dovuti difendere. Si è però visto che non era solo un omicidio ingiustificato, c’era anche il tentativo di nasconderlo, che è quello che succede tutte le volte che non ci sono immagini: la polizia fa quadrato per nascondere i propri crimini. Restare barbari ci chiarisce come e perché le vite dei non bianchi sono inferiorizzate; quello che ho cercato di raccontare nel libro è la fine del mito integrazionista repubblicano secondo cui neri e arabi sono diventati francesi e si sono ritagliati un posto nella società.

Nel 2005 Sarkozy chiamò «racaille», feccia, i rivoltosi. Oggi lo Stato incrimina di omicidio il poliziotto che ha sparato a Nahel: cosa è cambiato?

La condanna istituzionale dell’omicidio è inconsueta. C’è il concreto timore che la situazione degeneri. Per tutta la notte nell’intera Francia ci sono state rivolte molto estese e violente. Ma va anche ricordato che il paese è reduce dal movimento contro la riforma delle pensioni che ha mobilitato milioni di persone. Il grande timore è quello di cui parla Houria Bouteldja nel suo libro Boeufs et barbares: un’alleanza tra le classi popolari bianche della sinistra e quelle delle banlieue. Un’alleanza inedita e pericolosa, resa possibile dalla forte opposizione al potere espressa da entrambe: in questa situazione lo Stato è pronto a «sacrificare» un poliziotto per calmare le acque. Inoltre le Olimpiadi del 2024 si terranno proprio nella regione parigina, dove sono situate le banlieue e quindi c’è in gioco anche l’immagine internazionale della Francia.

Su quali basi si sta costruendo questa alleanza tra «barbari» e «bifolchi»?

Oggi nessuno legittima la criminalizzazione della vittima che si è invece vista in passato; tutti dicono che non importa quale fosse la sua condotta, non meritava di morire perché viviamo in uno stato di diritto. È un discorso molto importante e grazie al lavoro fatto dal movimento decoloniale negli ultimi quindici anni oggi c’è una grande preparazione e capacità di mobilitazione contro le violenze poliziesche. In questo lasso di tempo questo è stato il fronte strategico più importante della politica antirazzista. Da parte sua la sinistra, in particolare quella rappresentata da France Insoumise di Mélenchon, ha avviato una riflessione su antirazzismo, autoritarismo di Stato e violenza poliziesca e si dice pronta a difendere gli interessi dei quartieri popolari. È una novità che la sinistra sia pronta a rompere il patto autoritario e ad accogliere le rivolte. Non fu così nel 2005, quando il movimento delle banlieue rimase isolato. Solo alcune frange dell’estrema sinistra espressero una timida solidarietà, mentre la sinistra istituzionale chiedeva repressione.

Oggi è quest’ultima a dire, attraverso Mélenchon, che non farà appelli alla calma e che solidarizza senza riserve con i rivoltosi. La marche blanche a Nanterre (di ieri pomeriggio, ndr), per rendere omaggio al ragazzo ucciso, è stata piena di collera, tanto da essere anche una manifestazione politica e di rivendicazione che certo non si esaurirà. Tutte le frange antirazziste della sinistra e della estrema sinistra si sono espresse in maniera solidale. Anche l’organizzazione «Soulevement de la terre», un movimento bianco ed ecologista molto forte, ha partecipato alla marcia di Nanterre. C’è dunque un blocco a sinistra che si sta ricostituendo. Bisogna essere prudenti, ma può crearsi un’alleanza tra quelli che noi chiamiamo «boeufs» e «barbares», cioè tra è bianchi della classe popolare e i neri e gli arabi delle banlieue.

* Fonte/autore: Antonio Alia, Anna Curcio, il manifesto[1]

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