by Marinella Correggia * | 18 Giugno 2023 8:53
Il presidente Usa dopo il voto dell’europarlamento sull’adesione del paese alla Nato: «Kiev deve rispettare gli standard degli altri». Dopo Zelensky, la missione guidata da Ramaphosa va in Russia: «Ora tocca alla diplomazia»
Se pochi giorni fa una risoluzione del Parlamento europeo aveva gettato benzina sul fuoco chiedendo a larghissima maggioranza ai membri della Nato di spianare la strada all’adesione dell’Ucraina, ieri il presidente statunitense Joe Biden ha detto ai giornalisti che non renderà più semplice quest’adesione: Kiev «deve rispettare gli stessi standard delle altre nazioni». Insomma, adelante ma senza fretta. Biden ha poi annunciato che spera di incontrare il presidente cinese Xi Jinping nei prossimi mesi.
INTANTO il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa ha guidato in Ucraina e Russia la missione africana Road to Peace, costituita da leader e rappresentanti di sette paesi del continente, tra i quali il presidente di turno dell’Unione africana Azali Assoumani (Comore). «Una missione storica, alla ricerca della pace», recita il tweet fissato nell’account di Ramaphosa. Dal canto suo, il capo di Stato zambiano Hakainde Hichilema ha detto all’Ap: «Dobbiamo proteggere le vite, le vite degli ucraini, le vite dei russi, le vite di tutti».
Il «nuovo corso» della Nato. Dentro l’Ucraina e più armi[1]
La delegazione non si illudeva di ottenere un risultato immediato in termini di descalation (termine più volte richiamato dal capo delegazione) e di ripresa dei colloqui tra i due paesi, come misura di confidence building.
E infatti il presidente ucraino Volodymyr Zelensky venerdì ha detto perentoriamente ai negoziatori che colloqui di pace «saranno possibili solo dopo che Mosca avrà ritirato le sue forze dai territori ucraini occupati». E «consentire negoziati con la Russia adesso mentre l’occupante è sulle nostre terre, equivale a congelare la guerra e la sofferenza». Parallelamente il presidente ucraino ha annunciato che l’esercito conquista territori e quindi si può vincere a suon di armi. Insomma niente cessate il fuoco senza previo ritiro totale.
Zelensky ha dato ai delegati africani una generica disponibilità a coinvolgerli in future discussioni. Poi, esortando Ramaphosa a chiedere a Putin la liberazione in Crimea di prigionieri politici – numerosi anche nelle aree controllate da Kiev –, ha aggiunto di non capire il senso di un incontro in Russia. Il sudafricano ha risposto, davanti i giornalisti: «Siamo venuti per ascoltare entrambe le parti. Abbiamo presenti le varie proposte negoziali avanzate da diversi paesi; alla fine hanno un terreno comune».
È IL PRIMO ABBOZZO di uno sforzo negoziale unitario da parte del Sud globale? Ramaphosa a Kiev ha detto di comprendere il sentimento degli ucraini ma, proprio in un momento di grande intensità della guerra, ha fatto avanzare la diplomazia: «Tutti i conflitti hanno una conclusione ed è necessario arrivarvi prima che tutto sia perduto», ricordando poi che Nelson Mandela dal carcere dell’apartheid esortava a cercare la pace.
Di diverso avviso Mykhailo Podolyak, consigliere dell’ufficio presidenziale ucraino, per il quale la delegazione dei sette paesi africani «era interessata solo a sospendere il mandato di arresto di Vladimir Putin da parte della Corte penale internazionale», non a favorire la pace. Ignorando che la missione è frutto di un anno di impegno.
Ieri l’incontro della delegazione africana con Putin, vicino a San Pietroburgo. Il presidente russo, oltre a evocare «l’approccio equilibrato degli amici africani alla crisi ucraina», si è detto «aperto al dialogo costruttivo con tutti quelli che vogliono una soluzione basata su principi di giustizia e rispetto per i legittimi interessi delle parti».
Ramaphosa ha ripetuto anche a Putin: «Questa guerra deve finire, grazie ai negoziati, con mezzi diplomatici», ricordando anche l’impatto negativo sull’Africa e altre aree. Putin ha però fatto notare che è andato ai paesi più poveri solo il 3% del grano esportato attraverso il Mar Nero in virtù degli accordi specifici conclusi l’anno scorso.
TONO CONCILIANTE a favor di giornalisti anche dalla portavoce del ministro degli esteri russo Maria Zakharova che alla Tass, nel corso del Forum economico a San Pietroburgo, ha espresso gratitudine a «ogni paese, ogni Stato, a tutti coloro che parlano di pace».
* Fonte/autore: Marinella Correggia, il manifesto[2]
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