Il figlio di Licio Gelli è ambasciatore del Nicaragua in Spagna
Re Felipe VI ha ricevuto ieri personalmente le credenziali del delegato del Nicaragua, figlio di Licio. Il nipote è delegato diplomatico in Uruguay
Pare inarrestabile la carriera diplomatica tropicale di Maurizio Gelli, figlio del “venerabile” Licio. Re Felipe VI di Spagna ne ha ricevuto ieri personalmente le credenziali di ambasciatore del Nicaragua a Madrid. C’è voluto oltre un anno perché Pedro Sanchez accettasse di “normalizzare” in questo modo le relazioni con Managua dopo che il suo governo, dalla ribellione popolare del 2018, aveva condannato il regime repressivo del presidente Daniel Ortega. Facendo oltretutto da apripista al Parlamento Europeo per le sanzioni ad personam comminate al suo clan familiare.
Ma non è tutto qui. Da qualche mese Ortega ha nominato come proprio ambasciatore in Uruguay anche il figlio di Maurizio Gelli, che porta lo stesso nome del nonno Licio.
Viene da chiedersi come siano finiti degli italiani così ingombranti a rappresentare all’estero il paese centroamericano. È una storia che prende il via con Roberto Calvi (quello del ponte dei Frati Neri a Londra) che nel 1977 giunse a Managua per fondare col dittatore Somoza la versione locale del Banco Ambrosiano. Nel 2007 alla sua rielezione Daniel Ortega, dopo il folle patto di potere con l’oligarchia, riprese quel filo nero interrotto dalla rivoluzione sandinista. E se il suo predecessore, il liberale Enrique Bolaños, si era limitato a fare di Gelli Maurizio il proprio console onorario ad Arezzo, Ortega gli riconobbe subito la cittadinanza nicaraguense e lo inviò, prima come ministro consigliere e poi come ambasciatore, a Montevideo. Dove la famiglia Gelli aveva interessi colossali ai tempi delle dittature sudamericane. Nel 2017 fu poi mandato a reggere la sede diplomatica di Ottawa in Canada. Per essere oggi promosso in un paese dell’Unione Europea. Lui che per legge, solo per avere la cittadinanza nicaraguense avrebbe dovuto rinunciare a quella italiana (di cui invece ha mantenuto il passaporto). Figuriamoci da ambasciatore.
Di Gelli Maurizio sulla stampa latinoamericana si menziona soprattutto di quando nel gennaio ’99 fu fermato all’aeroporto di Vienna con un mandato di cattura per “presunto” riciclaggio dei beni del padre.
Il nesso fra il Nicaragua e le nuove generazioni dei Gelli viene poi da un faccendiere nicaraguense/italiano, Alvaro Robelo, compagno massone di Roberto Calvi nella loggia di Andorra, emigrato a Roma e che ben conosceva la famiglia aretina. La presidente Violeta de Chamorro, dopo la sconfitta elettorale dei sandinisti del ’90, lo nominò ambasciatore in Italia. Per poi ritirarlo quando si accorse che aveva aperto a Catania e Palermo due consolati onorari legati alla mafia. Robelo tornò allora in Nicaragua e si lanciò come candidato presidente nelle elezioni del ’96 fondando Arriba Nicaragua (emulazione di Forza Italia) col sostegno di berlusconiani e craxiani della “Milano da bere”.
Su queste pagine, da laggiù, dettagliammo per un anno intero quegli intrighi in cui era pure coinvolto l’altrettanto nicaraguense acquisito Francesco Cardella (ex della comunità Saman di Mauro Rostagno). Fino a che scoprimmo che Robelo aveva ottenuto la cittadinanza italiana rinunciando, come reciproco obbligo fra i due paesi, a quella “nica”. A questo punto la sua candidatura fu inibita. Successivamente il Vaticano negò a Ortega di accreditare Robelo presso la Santa Sede dell’appena scomparso Paul Marcinkus; anche se poi lo nominò diplomatico in mezza Europa (con Cardella ambasciatore itinerante nei paesi del sud Mediterraneo) . Mentre ancora oggi l’ambasciatrice del Nicaragua a Roma è sua figlia, Monica Robelo. Resta da capire oggi in cambio di cosa Ortega abbia concesso la preziosa immunità diplomatica ai discendenti di Licio Gelli.
* Fonte/autore: Gianni Beretta, il manifesto
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