Clima. Gli attivisti di Ultima generazione a processo: rischiano 5 anni

Clima. Gli attivisti di Ultima generazione a processo: rischiano 5 anni

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Mentre in tribunale si espletavano le formalità di rito, fuori i ragazzi di Ultima Generazione continuavano a manifestare e, con loro, anche Greenpeace, Amnesty International, Extinction Rebellion, Fridays for Future

 

Rischiano fino a cinque anni e quindicimila euro di multa i tre attivisti di Ultima Generazione che lo scorso 2 gennaio avevano imbrattato con della vernice uno degli ingressi del Senato, a Roma. L’accusa per loro è di danneggiamento aggravato e ieri, all’apertura del processo, il giudice monocratico ha deciso che il dibattimento comincerà il prossimo 18 ottobre. Intanto, però, sono state accettate come parti civili il Senato, il ministero della Cultura e pure il Comune di Roma. Sul fronte dei testi, invece, la difesa dei tre ha ottenuto l’ammissione del geologo Mario Tozzi e di altre due militanti del gruppo che da qualche anno ormai si batte contro la catastrofe climatica alle porte con azioni che richiamano non poco l’attenzione dell’opinione pubblica e, allo stesso tempo, generano reazioni spesso scomposte da parte delle forze politiche.

Infatti, mentre in tribunale si espletavano le formalità di rito, fuori i ragazzi di Ultima Generazione continuavano a manifestare e, con loro, anche Greenpeace, Amnesty International, Extinction Rebellion, Fridays for Future. Attestati di solidarietà, poi, sono arrivati anche dall’Alleanza Verdi Sinistra e da alcuni esponenti del Pd, che nonostante queste uscite, sul tema della repressione degli eco-attivisti continua a mantenere un atteggiamento ambiguo: fa rumore, in questo senso, la decisione di costituirsi come parte civile da parte del Comune, retto dal sindaco dem Roberto Gualtieri. Da ricordare, poi, come l’assessore alla Cultura Miguel Gotor abbia appena pochi giorni fa definito quelli di Ultima Generazione come «eco-idioti», mutuando uno degli insulti più usati nei loro confronti dalla stampa di destra.

«La nostra vernice colora, mentre i combustibili fossili ci uccidono, giorno dopo giorno. Di cosa ci preoccupiamo di più?», si domandano gli imputati. «Al nostro governo sembra interessare di più la vernice. A noi interessa di più il nostro futuro, in linea con quanto dice l’articolo 9 della Costituzione. Noi chiediamo solamente che il diritto alla vita, al benessere e alla salute venga tutelato e in questo momento il riscaldamento globale lo sta minacciando fortemente. La vernice che abbiamo utilizzato è uno strumento per indicare la crisi climatica in cui siamo e per indicare la responsabilità che ha la politica di agire per contrastarla. Noi siamo sempre rimasti nella cornice della non violenza e così sarà anche nel futuro».

E mentre il fronte della repressione stringe la sua presa – a Padova alcuni militanti di Ultima Generazione sono indagati, tra le altre cose, anche per associazione a delinquere – l’Onu invece lancia l’allarme sul rischio di persecuzione e molestia dei difensori dell’ambiente da parte delle istituzioni. Michel Forst, relatore speciale sui difensori ambientali delle Nazioni Unite ha di recente dichiarato che le risposte dei governi e dei giudici di fronte alle proteste climatiche «non sono di un livello adeguato alle tematiche sollevate dagli attivisti».

* Fonte/autore: Mario Di Vito, il manifesto



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