Bologna, parte la mobilitazione sindacale e cresce la voglia di sciopero

Bologna, parte la mobilitazione sindacale e cresce la voglia di sciopero

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Parte la mobilitazione di maggio di Cgil, Cisl e Uil. Non solo piazza per il sindacato di Landini, ma anche un lungo corteo rosso. Il più morbido nei con il governo è Luigi Sbarra. Bombardieri insiste: tassare gli extraprofitti

 

La mobilitazione sindacale unitaria è blanda. La voglia di piazza e di sciopero è invece grande. Lo dimostra il lunghissimo corteo rosso che sfila da porta Galliera a piazza Maggiore nella Bologna quasi estiva che ospita la prima delle tre «manifestazioni interregionali» di Cgil, Cisl e Uil. Tocca al «centro Italia» inaugurare i sabati di maggio con il sindacato in piazza.

Si parte però con un piccolo giallo che dà la misura delle differenti sensibilità confederali. Solo la Cgil, straordinariamente in maggioranza come presenza, sfila lungo via Indipendenza. Cisl e Uil invece, accampando la decisione presa inizialmente, si presentano già in piazza Maggiore. Dove si posizionano subito con bandiere e palloncini: al centro la Cisl in verde, a destra rispetto al palco la Uil in azzurro, producendo una finta equivalenza di presenza.

IL CORTEO ROSSO della sola Cgil infatti viene addirittura spezzato in due per troppe presenze, arrivando a circondare Cisl e Uil e a riempire piazza Nettuno, senza poter vedere il palco, orientato in avanti da sotto palazzo Re Enzo.

La diplomazia confederale – che a inizio aprile ha impiegato più di un mese per decidere le modalità della «mobilitazione unitaria» – prevede dal palco l’alternanza di interventi fra lavoratori e segretari generali. Nell’ormai costante spaccato di realtà lavorative fatte di precariato, salari bassi, mancati rinnovi e insicurezza fisica, il primo leader a parlare è Pierpaolo Bombardieri. Il combattivo segretario generale della Uil attacca subito il governo: «Raccontano che vogliamo scioperare contro il decreto Lavoro ma è una balla: il taglio del cuneo fiscale è una nostra rivendicazione da anni. I sindacati non sono tutti uguali: alcuni (riferendosi a Ugl e Confsal, ndr) riempiono le sale delle vostre manifestazioni e firmano contratti vergognosi, noi rappresentiamo tutti i lavoratori». Poi passa a un tema a lui molto caro, la tassazione degli extraprofitti: «Perfino l’amministratore delegato di Intesa, Messina, dice che si possono far pagare alle banche, perché il governo non lo fa per trovare le risorse che servono per alzare i salari e riformare le pensioni?», si chiede Bombardieri polemicamente.

Il taglio del cuneo noi lo vogliamo strutturale. Ma serve aumentare i salari e lo devono fare gli imprenditori a cui sono stati dati tanti bonus

MOLTO PIÙ MORBIDO e accomodante con il governo è l’intervento del leader Cisl Gigi Sbarra, già contento della convocazione del 30 aprile a palazzo Chigi. È lui ad aver imposto a Cgil e Uil di non fare sciopero e di togliere dalla piattaforma unitaria l’opposizione all’autonomia differenziata. Il suo ragionamento contro il governo è pieno di «se» e «ma»: «Serve un soprassalto di responsabilità e consapevolezza, gli italiani non possono aspettare oltre. Il governo non può andare avanti cullandosi nella presunzione di autosufficienza. Solo insieme si può far ripartire il paese. Noi – continua Sbarra – siamo più determinati che mai, saremo intransigenti nel valutare il merito, i risultati concreti».

E mentre dalla piazza sale forte il grido «sciopero generale, sciopero generale», Sbarra spiega al governo come evitarlo. «Se dopo l’incontro del 30 aprile che abbiamo valutato positivamente avremo un dialogo strutturale, bene. Se invece quell’incontro si rivelerà un episodio isolato, un gesto diplomatico, allora sapremo trarre tutte le conseguenze». Non proprio un ultimatum, dunque.

A chiudere la manifestazione è Maurizio Landini, osannato dalla macchia in rosso: «Siete una piazza stupenda – esordisce il segretario generale della Cgil – dimostra che a noi la propaganda non serve. Ci siamo stancati di chi trasforma palazzo Chigi in Beatiful», è l’affondo contro il video di quella Giorgia Meloni invitata al congresso della Cgil.

La contestazione alla politica del governo è «complessiva»: «Non si può dire ’lasciamo fare a chi vuol fare’. Lasciamo fare agli evasori quando lavoratori e pensionati pagano il 40% di tasse mentre le rendite sono tassate al 20%? – si chiede – . Il taglio del cuneo noi lo vogliamo strutturale e per sempre mentre per combattere l’inflazione sul carrello della spesa serve il fiscal drag che aumenta le detrazioni automaticamente. Ma serve aumentare i salari di centinaia di euro e lo devono fare gli imprenditori a cui sono stati dati tanti bonus».

Sul decreto Lavoro Landini è il più duro dei tre leader sindacali: «Dicono che l’hanno fatto in nome dei lavoratori ma nessun lavoratore ha chiesto di allargare i voucher e la precarietà, che è il male assoluto perché i lavoratori sono ricattabili, e di liberalizzare i contratti a tempo o di tagliare il Reddito di cittadinanza».

IL MESSAGGIO FINALE è su come continuare la mobilitazione: «Sia chiaro, andremo avanti finché non otterremo gli obiettivi che ci siamo prefissi», fra i quali Landini cita «cancellare il Jobs act e la legge Treu, fatti da chi si diceva di sinistra». «Non sarà facile ma questa piazza piena come non si vedeva da tempo ci dice che l’unità è la strada giusta. A differenza del governo, noi non vogliamo dividere il paese», conclude Landini che scommette sul calo del consenso verso Meloni.

* Fonte/autore: Massimo Franchi, il manifesto



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