Ucraina. Guerra & Affari, l’Italia vuole un posto al sole nella ricostruzione

Ucraina. Guerra & Affari, l’Italia vuole un posto al sole nella ricostruzione

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Conferenza bilaterale in pompa magna a Roma: è servita per candidarsi a ospitare quella vera fra due anni. Cordialità e promesse fra Meloni e Zelensky (collegato in video) mentre Salvini annuncia accordi milionari per le imprese italiane private: WeBuild, Mermec e Coldiretti

Con la guerra ancora all’acme, una metaconferenza sulla ricostruzione in Ucraina per candidarsi ad ospitare la vera conferenza fra due anni.

ANNUNCIATA IN POMPA MAGNA sui media di regime, ieri mattina al vecchio palazzo dei congressi dell’Eur di Roma si è tenuta la «Conferenza bilaterale sulla ricostruzione dell’Ucraina» alla quale è intervenuto in video-collegamento da Kiev anche il presidente Volodymyr Zelensky. Il clou della opaca conferenza è stato l’annuncio della premier Giorgia Meloni: «L’Italia si candida a ospitare nel 2025 l’Ukraine Recovery Conference», la vera conferenza sulla ricostruzione, appunto. Si spera a guerra conclusa.

Il nostro governo, come tutti gli altri, infatti, guarda già alla ricostruzione del paese devastato dalla guerra, il che per Meloni «significa scommettere concretamente sulla vittoria» e su un suo «futuro di pace, di benessere e sempre più europeo».

Parole che incassano la riconoscenza di Zelensky, eccezionalmente in italiano: «Grazie Giorgia, grazie Italia per l’appoggio. Gloria all’Italia, Slava Ukraini», l’ormai classica conclusione, nel tripudio generale.

Al mattino, al Quirinale, era stato il presidente della repubblica Sergio Mattarella a garantire al primo ministro Denys Shmyhal e al ministro degli Esteri Dmytro Kuleba «il sostegno pieno dell’Italia all’Ucraina, in ogni ambito e finché sarà necessario», nonché l’ambizione a «una pace giusta che rispetti l’integrità» del paese. Il cui ingresso nell’Unione europea deve avvenire «nel più breve tempo possibile», è il monito del capo dello stato, a cui si associa la presidente del Consiglio chiedendo di «avviare in tempi rapidi i negoziati per l’adesione».

DOPO UN FACCIA A FACCIA col premier Shmyhal, la presidente del consiglio è intervenuta davanti ai rappresentanti di circa mille imprese italiane e ucraine. Un’iniziativa che aveva promesso a Zelensky durante il suo viaggio a Kiev e che il presidente apprezza ringraziando «personalmente Giorgia Meloni per il suo sostegno».
Alla metaconferenza era presente mezzo governo italiano: i ministri Antonio Tajani, Matteo Salvini, Adolfo Urso e Giancarlo Giorgetti, che ha annunciato «il contributo al Fondo della Banca europea per gli investimenti con una garanzia pari a 100 milioni di euro».

IN GIOCO SI STIMANO qualcosa come 400 miliardi di dollari in dieci anni per la ricostruzione. Un boccone immenso, appetibile da tutti i governi e da tutte le imprese.

Per questo alla metaconferenza bilaterale erano previsti tavoli di approfondimento settore per settore, seppur sproporzionati: 650 imprese italiane e 150 imprese ucraine.

Fin qui tutto dentro le logiche del capitalismo globale. Meno lo è il fatto che ministri del governo annuncino contratti fatti da aziende private. È stato infatti il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ad anticipare che tra le prime imprese a siglare accordi c’è Webuild, l’ex Salini Impregilo. Il gruppo è già in pista per costruire nuove infrastrutture idroelettriche – dighe soprattutto – nei prossimi tre anni grazie alla sottoscrizione di “Memorandum of Collaboration” con Ukrhydroenergo, principale gestore delle centrali idroelettriche in Ucraina.

Sempre Salvini ha poi annunciato i progetti per Mermec, società appartenente alla Angel Holding di Vito Pertosa a Monopoli, e di Ferrovie nei trasporti.

Arriva poi anche un accordo sottoscritto da Coldiretti, Filiera Italia e il consiglio agricolo Ucraino, con il sostegno dei ministeri dell’agricoltura italiano ed ucraino. Si tratta della bonifica dei terreni per uso agricolo contaminati ( quasi mezzo milione di ettari di terreno agricolo da sminare), la meccanizzazione intelligente, la tracciabilità dei raccolti, il miglioramento genetico delle piante, la formazione dei tecnici e la produzione di bioenergie.

In campo siderurgico, con una produzione ucraina scesa da 35 a 6 milioni di tonnellate, «è ancora più importante facilitare lo sviluppo di collaborazioni tra attori pubblici e privati, attraverso la stipula di accordi intergovernativi che possano supportare le imprese nella gestione del rischio», brinda Confindustria. «Siamo pronti a tornare ad acquistare materia prima, come facevamo prima della guerra – dice l’ex presidente Emma Marcegaglia del gruppo dell’acciaio di Gazoldo degli Ippoliti – Essendo grandi trasformatori, possiamo dare il nostro contributo esportando in Ucraina i nostri prodotti: acciai zincati e pre-verniciati, tubi al carbonio, lamiere da treno», annuncia soddisfatta.

* Fonte/autore: Nina Valoti, il manifesto



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