by Roberto Ciccarelli * | 28 Aprile 2023 8:05
Il primo maggio alle 10 al Pantheon a Roma ci sarà una mobilitazione contro il taglio del «reddito di cittadinanza» nel «Decreto lavoro» e per la sua estensione in maniera il più possibile incondizionata. La protesta si sta allargando in tutto il paese ed è sostenuta da 120 realtà associative, sindacati, studenti e comitati di quartiere. Proseguirà per una settimana in 30 città da Nord a Sud. Corteo nazionale a Roma il 27 maggio
Lunedì primo maggio alle 10 al Pantheon a Roma ci sarà la prima mobilitazione contro la caccia agli «occupabili» poveri, il taglio del «reddito di cittadinanza», e la sua trasformazione definitiva in una trappola del «Workfare». Insieme ad altre norme, queste misure sarebbero previste nel «Decreto lavoro» annunciato dalla presidente del Consiglio Meloni. Sempre che la tempistica annunciata sia confermata dopo il clamoroso atto mancato di ieri sul Documento di Economia e Finanza (Def).
La manifestazione è stata organizzata da una ventina di associazioni, sindacati e movimenti romani che fanno parte dei Comitati per la difesa e l’estensione del reddito di cittadinanza. Alla protesta parteciperanno tra gli altri anche i movimenti per il diritto all’abitare, l’Unione sindacale di base (Usb), Potere al popolo e Rifondazione Comunista. Sarà la tappa iniziale di una settimana di mobilitazione in tutta Italia contro la provocazione del governo Meloni. Dal primo al sette maggio in una trentina di città come Roma, Bologna, Napoli, Milano, Bari, Cosenza o Padova ci saranno flash-mob e dibattiti. A Roma saranno organizzate alcune «passeggiate» nei quadranti della città, e nelle zone della «movida», per raccontare le campagne. E ci sarà un concerto in chiusura della settimana.
Il lavoro di tessitura dura da mesi e sta crescendo in maniera orizzontale e in autonomia dai partiti dell’opposizione, senza trascurare l’interlocuzione con loro. Alla mobilitazione parteciperanno 120 associazioni di volontariato, cattoliche e della sinistra sociale, organizzazioni sindacali e studentesche, comitati di quartiere che hanno aderito alla campagna «Ci vuole un reddito» in tutto il paese. Sabato 27 maggio è stata convocata una manifestazione nazionale.
In queste ore in rete sta girando inoltre una mozione da portare nei consigli comunali. Si cercherà di farla approvare nella forma di una risoluzione che impegna i municipi ad affermare la necessità di un sostegno al reddito e al contrasto della povertà attaccati dal governo delle destre. «In Italia ci sono 14,9 milioni di persone in povertà relativa che hanno difficoltà ad accedere ai beni primari e 5,6 milioni in povertà assoluta – si legge nel testo – Questi non sono solo numeri, sono persone. Il reddito è un fondamentale strumento di protezione sociale».
«Vogliamo costruire una piattaforma alternativa basata su un reddito il più incondizionato possibile, individuale e non su base familiare come sarà anche quello di Meloni, aumentare la platea dei beneficiari alzando la soglia dell’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee)» sostiene Tiziano Trobia delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap).
«Attaccare il reddito di cittadinanza che è già in sé una misura insufficiente significa peggiorare ancora di più la condizione di precarietà abitativa e sfruttamento delle persone che vivono nel disagio abitativo e sono costrette per necessità anche ad occupare – sostiene Margherita Grazioli dei Movimenti per il diritto all’abitare – Le questioni sono intrecciate: nel diritto all’abitare la casa va insieme al reddito che permette di vivere in maniera dignitosa, protetti dal caro-vita».
«È una scelta decisamente inopportuna presentare un simile “Decreto lavoro” il primo maggio – afferma Alberto Campailla di Nonna Roma – Questo dovrebbe essere un giorno in cui il governo e le forze politiche dovrebbero ascoltare i lavoratori. E invece stanno facendo l’opposto contrapponendosi programmaticamente alle richieste della nostra campagna e dei sindacati aumentando la precarietà e introducendo un Workfare piegato al meccanismo della condizionalità e del lavoro. Si usano i poveri come manodopera a basso costo per le imprese. Questa è un’operazione simbolica e antidemocratica che, quando sarà presentata, andrà respinta».
* Fonte/autore: Roberto Ciccarelli, il manifesto[1]
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