Morti del lavoro: una strage, non una fatalità

Morti del lavoro: una strage, non una fatalità

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Un’operaio è morto in un incidente sul lavoro al polo logistico dell’Esselunga di Pioltello (Milano). Aveva 48 anni. E un agricoltore di 80 anni è morto dopo che il suo trattore si è ribaltato ed è caduto in un burrone a Sciacca, nell’Agrigentino. Altre due vite spezzate in Italia a causa del lavoro: è iniziata così ieri la simbolica giornata mondiale per la salute e la sicurezza indetta dall’Ilo

 

La Bestia ha mietuto le sue vittime anche ieri in Italia durante la Giornata Mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro istituita dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro. Un operaio di 48 anni dipendente del gruppo Italtrans che lavora in appalto per il centro di distribuzione Esselunga di Limito di Pioltello (Milano) è morto a causa dello schiacciamento tra due mezzi pesanti verso le nove del mattino. Filcams Cgl Milano, Fisascat Cisl Milano e Uiltucs Uil Lombardia hanno chiesto a Esselunga «un incontro urgente per comprendere le esatte dinamiche dell’incidente» e hanno espresso il loro «profondo cordoglio» alla famiglia della vittima. «Una terribile disgrazia» ha commentato l’azienda.

LA SECONDA MORTE è avvenuta praticamente nelle stesse ore a un migliaio di chilometri di distanza, nella contrada Nadorello, a Sciacca, nell’Agrigentino. Un agricoltore, Salvatore Augello, è morto dopo che il trattore che guidava si è ribaltato ed è finito in un burrone. Sono stati i familiari a scoprire il suo corpo senza vita. Sembra che il pensionato sia stato colto da un malore. Aveva 80 anni.

DUE STORIE DI VITE spezzate in un giorno simbolico, ma in tutto simile a quelli che lo hanno preceduto e purtroppo anche a quelli che lo seguiranno. Nei primi tre mesi del 2023 sono già pervenute all’Inail 196 denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale, facendo registrare un incremento del 3,7% rispetto allo stesso periodo del 2022. «Un andamento drammatico che va contrastato con ogni mezzo» ha detto il presidente dell’Inail Franco Bettoni.

MA È PROPRIO sui «mezzi» che esiste uno scontro politico. Il 12 febbraio il Pd ha denunciato un Ddl attraverso il quale il governo Meloni intenderebbe assorbire l’Ispettorato Nazionale del Lavoro nel Ministero del Lavoro. L’operazione equivarrebbe a un controllo politico delle ispezioni. Il 29 marzo la Cgil ha denunciato l’accordo tra l’Ispettorato e i Consulenti del lavoro. «Si sta consegnando a soggetti privati, pagati dalle imprese, la tutela delle leggi, in sostituzione delle funzioni affidate a Inps, Inail, Inl» ha denunciato il sindacato.

LE SOLUZIONI ADOTTATE negli ultimi anni sembrano cucchiai usati per svuotare un oceano. Molto si è investito nella scorsa legislatura sull’aumento degli ispettori del lavoro. Quelli tecnici da poco più di 200 a 1400. Nel 2008 è stato adottato un testo unico sulla sicurezza del lavoro. Molto è stato fatto, ma mancano ancora 20 decreti attuativi che lo completino. «Tuttavia il problema ha radici troppo profonde nella nostra cultura per essere sconfitto solo a colpi di norme e regolamenti – sostiene il presidente della Anmil, Zoello Forni – Resta una costante mancanza di informazione e formazione, soprattutto nelle piccole imprese, laddove l’esperienza sul campo ed una tradizione lavorativa basata su vecchi metodi di lavoro, nonché sull’utilizzo di macchinari obsoleti e privi dei più moderni sistemi di protezione, diventano motivo di sottovalutazione dei rischi che provoca la maggior parte degli infortuni».

LA PREVENZIONE degli infortuni e delle morti del lavoro, espressione politicamente più opportuna rispetto a «morti sul lavoro», non è un problema solo individuale, né categoriale. È sistemico, culturale e ambientale. E riguarda il conflitto tra capitale e forza lavoro, mentre di solito viene inteso come una fatalità. o un destino che si svolge nell’indifferenza generale. Sta qui la contraddizione di fondo che emerge di rado nel dibattito. In una società capitalistica la protezione dell’integrità psicofisica dei lavoratori contrasta con le esigenze del mercato, la volontà di realizzare profitti e il tentativo dei governi di sciogliere la loro briglia.

È IN QUESTO QUADRO che vanno intese le critiche giunte ieri dai sindacati al governo Meloni sia sul la riforma del codice degli appalti che sulle norme che aumenteranno la precarietà annunciate nel «Decreto lavoro» che sarà adottato provocatoriamente lunedì primo maggio. «Stanno aumentando gli infortuni sul lavoro ma il governo invece di investire per avere più ispettori fa una modifica al Codice degli appalti e rende libero l’appalto a cascata» ha detto il segretario della Cgil Maurizio Landini. «Ci indigna che nel Decreto lavoro si parli di liberalizzare i contratti a termine, nonostante il chiaro legame tra precarietà, mancanza di formazione e aumento del rischio per la sicurezza sul lavoro» ha aggiunto Ivana Veronese, segretaria confederale Uil.

RESTA SOLO L’ATROCE stillicidio di morti e feriti in una guerra senza eserciti, invisibilizzata nell’impotenza organizzata in cui viviamo. I dati sono in effetti scioccanti se oltre i numeri pensiamo che ci sono le vite dei lavoratori, e quelle delle loro famiglie. Secondo l’Inail, l’anno scorso in Italia, sono stati registrati 1.911 infortuni sul lavoro ogni giorno. In totale 697.773, in aumento del 25,7% rispetto al 2021 e del 25,9% rispetto al 2020. Cifre che vanno probabilmente raddoppiate perché in molti casi gli infortuni non sono denunciati.

I MORTI A CAUSA DEL LAVORO sono stati nel 2022 1.090, tre al giorno, hanno ricordato ieri i sindacati delle costruzioni Feneal-Uil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil che hanno depositato una corona di fiori al monumento che ricorda gli operai morti nello scavo del traforo di San Gottardo. Tra il 2010 e il 2016 sono stati stimati dall’Istituto Superiore di Sanità 4.410 morti all’anno attribuibili ad esposizione ad amianto. Il problema della sicurezza sul lavoro è anche un problema di prevenzione delle malattie professionali che spesso colpiscono dopo anni. L’edilizia rappresenta circa il 20% di questi omicidi. la caduta dall’alto resta la causa di morte più diffusa nei cantieri, seguita dal ribaltamento di mezzi e crollo materiali. Sono aumentati anche i casi di morti da malore, collegate alle condizioni climatiche estreme che accompagnano il lavoro all’aperto in estate e all’età media degli operai, in crescita ormai da molti anni: un dato su tutti quello degli over 50, passati da essere nel 2014 il 25% del totale della manodopera a quasi il 36% nel 2021.

L’EMERGENZA CLIMATICA colpisce anche chi lavora e giustifica l’esigenza di un’intersezionalità delle lotte, coniugando la giustizia climatica con quella sociale. Un’idea-guida. Serve molta forza per seguirla.

* Fonte/autore: Roberto Ciccarelli, il manifesto



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