Altro che benessere: per un italiano su tre condizioni peggiorate

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L’analisi Istat sul Benessere equo e sostenibile: alta percentuale di Neet, basso tasso di occupazione e forte rischio povertà collocano l’Italia al di sotto della media europea

È peggiorata la percezione della situazione economica per le famiglie italiane. A dirlo è il rapporto Istat sul Benessere equo e sostenibile. La quota di coloro che dichiarano di aver visto un peggioramento rispetto all’anno precedente è di oltre uno su tre, un livello mai raggiunto in precedenza: «Questo indicatore tra il 2019 e il 2022 è peggiorato di 10 punti e ha raggiunto il 35,1% – ha spiegato Alessandra Tinto presentando i dati -. Si inverte la tendenza di progressiva crescita della visione ottimistica del futuro che si era mantenuta anche nei due anni di pandemia». Andamento analogo per la quota di persone che dichiarano di arrivare a fine mese con grande difficoltà, in aumento dall’8,2% del 2019 al 9,1% nel 2021.

Nel 2022 il reddito lordo disponibile delle famiglie è salito rispetto all’anno precedente ma il forte aumento della spesa per consumi finali ha rafforzato il trend di discesa della propensione al risparmio, che è calata a livelli inferiori rispetto al periodo pre pandemico. Negli anni precedenti la crisi Covid risultava in diminuzione la quota di individui che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (componenti tra i 18 e i 59 anni che hanno lavorato meno di un quinto del tempo) che ha portato l’indicatore a contrarsi fino al 10% nel 2019. Nel 2020 l’andamento positivo si è arrestato e la percentuale di individui che vivono in tale condizione è salita all’11% e ha continuato a salire nel 2021 (11,7%).

Alta percentuale di Neet, basso tasso di occupazione e forte rischio povertà collocano l’Italia al di sotto della media europea. La quota di giovani 15-29enni che non si formano e non lavorano in Italia raggiunge il 19% rispetto all’11,7% della media europea a 27 Stati; la quota di persone di 30-34 anni laureate è del 27,4% in Italia, il 42,8% in Ue. Il tasso di occupazione italiano nel 2022 è stato di circa 10 punti più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%) con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55% in Italia rispetto al 69,4%). Uno degli indicatori per cui l’Italia, invece, si colloca su livelli migliori è il tasso di omicidi: 0,5 per 100mila abitanti nel 2020, al di sotto della media Ue (0,9). Inoltre, l’Italia si conferma ai vertici della graduatoria dei paesi per quanto riguarda la sopravvivenza, con valori della speranza di vita alla nascita pari a 82,5 anni (80,1 la media Ue nel 2021).

Male sulle disparità tra i sessi: «Su 86 indicatori complessivi, solo 26 fanno registrare una parità di genere. Al contrario, 34 evidenziano una condizione di svantaggio femminile e altri 26 di svantaggio maschile». In particolare, salute, istruzione e formazione sono i settori per i quali si evidenzia una condizione delle donne diffusamente migliore. «Più numerosi sono i domini in cui appare diffuso uno squilibrio di genere a favore degli uomini: lavoro e conciliazione dei tempi di vita, politica e istituzioni, relazioni sociali, benessere economico e benessere soggettivo».

Nel 2022 il mercato del lavoro ha mostrato un generale miglioramento rispetto all’anno precedente: gli occupati di 20-64 anni sono aumentati di 538mila unità (più 2,5% rispetto al 2021), il tasso di occupazione ha superato i livelli del 2019 recuperando il crollo registrato nel 2020. Tra i giovani (20-34 anni), il tasso di occupazione è pari al 56,2% e registra la crescita più intensa (più 3,5 punti sul 2021) superando i livelli pre-pandemia (era 53,3% nel 2019). I lavoratori a termine aumentano del 4,6% (3,3 milioni; più 146mila). L’aumento riguarda quasi esclusivamente gli occupati con lavoro a termine da meno di 5 anni (più 5,3%). Circa un occupato su quattro possiede un titolo di studio superiore a quello più frequente per svolgere la propria professione. Il fenomeno della sovraistruzione è più diffuso tra le donne (28,1%), e soprattutto tra gli occupati nelle professioni del commercio e servizi (43,7%) e nel settore dei Servizi alle famiglie (42,4%).

Nel 2021 sono risalite le emissioni di CO2 e di altri gas climalteranti raggiungendo il valore di 7 tonnellate di CO2 equivalente per abitante. Nel lungo periodo si osserva invece una diminuzione tendenziale avviata nel 2008. Con la ripresa economica del 2021 è tornata a crescere anche la produzione di rifiuti urbani (501 chilogrammi per abitante, erano 487 nel 2020) che pesa soprattutto per la parte che viene conferita in discarica (19% pari 5,6 milioni di tonnellate). Progressi sul fronte della sicurezza, qualità dei servizi, lavoro e conciliazione dei tempi di vita ma situazione in peggioramento per istruzione e formazione e benessere economico. Indicatori di benessere: per il Nord est il 60,5% degli indicatori ricade nei livelli di benessere medio-alto e alto e soltanto il 10,1% nei livelli di benessere basso e medio-basso; per il Sud e le Isole, invece, la maggior parte degli indicatori si trova nei livelli basso o medio-basso (62,0% per il Sud e 58,1% per le Isole) e solo una minoranza (19,4% per entrambe le ripartizioni) nei due livelli più virtuosi.

Sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in termini di temperature e precipitazioni. Nel 2022 c’è stata una media di 40 giorni di caldo intenso (più 34 giorni rispetto alla mediana 1981-2010). L’intensità dei giorni di caldo è ancora più marcata al Centro con 55 giorni di caldo durante l’anno. I giorni consecutivi non piovosi hanno raggiunto il valore di 27. L’incremento è più marcato nelle Isole (più 13 rispetto alla mediana del periodo climatico).

* Fonte/autore: Adriana Pollice, il manifesto



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