Stati Uniti. Donald Trump incriminato dal Gran giurì
Per la prima volta nella storia americana un ex presidente viene incriminato: nel mirino il pagamento alla pornostar Stormy Daniels. Trump potrebbe consegnarsi alle autorità di Manhattan martedì prossimo
Donald Trump è stato incriminato dalla procura di Manhattan per aver pagato 130mila dollari alla pornostar Stormy Daniels per farla tacere sulla loro relazione. Il tycoon diventa così il primo ex presidente a essere incriminato nella storia americana.
Trump ha ricevuto la notizia mentre si trovava nella sua residenza di Mar-a-Lago. Il suo entourage è stato colto alla sprovvista e non si aspettava alcuna decisione da parte del Gran Giurì fino alla fine di aprile.
Cosa accadrà ora? Secondo quanto dichiarato al New York Times dai suoi legali, Donald Trump potrebbe consegnarsi alle autorità di Manhattan martedì prossimo per la formalizzazione delle accuse a suo carico. Lì dovrà fornire le impronte digitali e farsi fotografare, con il rischio di essere arrestato.
La decisione del Gran giurì è ovviamente destinata ad avere ripercussioni sulla politica statunitense e inevitabilmente influenzerà la corsa alla Casa Bianca per il 2024. Intanto Trump ha già reagito, attaccando:
Questa è una persecuzione politica, una caccia alle streghe che si ritorcerà contro Biden. E ancora: “Mai prima nella storia della nostra nazione è stato fatto questo (…). Armare il nostro sistema giudiziario per punire un avversario politico, che guarda caso è un ex presidente degli Stati Uniti e di gran lunga il principale candidato repubblicano alla presidenza, non è mai successo, mai”.
Intanto New York si è blindata per il rischio di violente proteste dopo l’assalto al Campidoglio degli Stati Uniti del gennaio 2021 in cui i sostenitori di Trump fecero irruzione a Capitol Hill, a Washington, per contestare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020 e sostenere la richiesta di Trump al vicepresidente Mike Pence e al Congresso di rifiutare la proclamazione di Joe Biden come presidente.
L’ex funzionario dell’amministrazione di Donald Trump, Sebastian Gorka, ha già invitato i sostenitori del tycoon a “protestare pacificamente” contro la sua incriminazione. “Vedremo chi sono i politici, chi sono i truffatori e chi sono i patrioti di America First. Questo è il momento della verità”, ha detto Gorka intervenendo nel programma War Room dell’ex stratega di Trump, Steve Bannon.
Durissima la reazione dello speaker della Camera, il repubblicano Kevin McCarthy: “Alvin Bragg (Procuratore distrettuale della contea di New York, ndr) ha danneggiato irreparabilmente il nostro Paese nel tentativo di interferire nelle elezioni presidenziali. Mentre fa scarcerare regolarmente criminali violenti per terrorizzare il pubblico, Alvin Bragg ha armato il nostro sistema giudiziario contro il presidente Donald Trump”, attacca ancora McCarthy. “Il popolo americano non tollererà questa ingiustizia e la Camera terrà conto del suo abuso di potere senza precedenti”.
Ma i problemi per Donald Trump non si fermano al caso relativo alla pornostar Stormy Daniels. Secondo la Cnn, Trump dovrà affrontare oltre 30 capi di accusa di frode aziendale nell’inchiesta da parte della procura di Manhattan e nel mirino degli inquirenti – secondo il il Wall Street Journal – ci sarebbe anche un secondo pagamento, stavolta di 150mila dollari, a una ex modella di Playboy che ha dichiarato di aver avuto una relazione di dieci mesi, nel 2006, con l’ex presidente.
Il caso di McDougal era emerso con forza durante la campagna del 2016 anche grazie a una registrazione audio in cui Trump aveva discusso con il suo allora legale Michael Cohen del pagamento all’ex coniglietta di Playboy, che affermava di avere avuto una relazione con Trump dal 2006 al 2007, quando Melania era incinta e diede alla luce Barron Trump.
Nell’audio si sentiva l’ex presidente dire di pagarla in contanti per acquistare i diritti della sua storia così da scongiurare un possibile scandalo sessuale che avrebbe minacciato la sua corsa alla Casa Bianca. Un ruolo chiave nella vicenda McDougal lo ha avuto David Pecker, l’editore – amico di Donald Trump – del National Enquirer. E proprio Pecker è comparso in almeno due occasioni davanti al gran giurì
* Fonte/autore: il manifesto
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