by Nina Valoti * | 10 Febbraio 2023 9:32
La classifica globale degli utili delle compagnie vede in testa l’americana ExxonMobil. Mentre pagano poche tasse
Ora abbiamo la classifica finale degli extraprofitti globali del 2022. Ai primi posti ci sono naturalmente e solo compagnie petrolifere che hanno sfruttato la guerra in Ucraina per aumentare le proprie entrate. In testa chiude l’americana ExxonMobil con 55,7 miliardi di dollari seguita a debita distanza dall’olandese (ma trapiantata in Uk) Shell con 39,9 miliardi. Al terzo posto l’altra americana Chevron che ha messo a segno utili per 36,5 miliardi. Al quarto posto, a sorpresa, si staglia la norvegese Equinor (ex Statoil) con 28,7 miliardi, diventata la prima fornitrice di gas all’Europa, sostituendo le compagnie russe.
Ancora più staccate ci sono l’inglese British Petrol con 27,7 miliardi e la francese Total, ultima a pubblicare i conti dell’anno scorso, a quota 20,5 miliardi di dollari.
Non fa ancora parte della classifica la nostra Eni, ma semplicemente perché la regolamentazione italiana prevede che il bilancio 2022 sarà chiuso fra alcuni mesi. I numeri aggiornati al terzo trimestre comunque portavano un utile di 16,8 miliardi di euro.
Si tratta di cifre spaventose e soprattutto record: tutte le compagnie hanno almeno raddoppiato gli utili rispetto al 2021. Sommandoli si raggiunge la incredibile cifra di oltre 200 miliardi di dollari, superiore al prodotto interno lordo di mezza Africa.
Ad ingrassare sono poi gli azionisti delle compagnie (solo in piccolissima parte pubblici) visto che con bilanci del genere i dividendi subito elargiti sono tutti milionari: vengono stimati in circa 110 miliardi totali.
Tutte cifre che pesano a sfavore nella bilancia della lotta al cambiamento climatico e alla decarbonizzazione: le lobby dei petrolieri sono al lavoro in tutto il mondo per calmierare le legislazioni pro ambiente e sovvenzionare le loro operazioni di greenwashing per fingersi a favore della riduzione delle emissioni inquinanti.
Le cifre scandalose riportare in questi giorni hanno comunque riattizzato le ceneri della richiesta di tassazione per gli extraprofitti, previste finora all’acqua di rose in ogni paese.
In più si tratta sempre di provvedimenti straordinari temporanei, fatti passare come «contributi di solidarietà».
I più duri sono i norvegesi: Equinor pagherà circa 40 miliardi di euro di tasse. Una cifra molto alta, specie in rapporto all’esigua popolazione: il governo di Oslo avrà a disposizione ben 7.361 euro da spendere pro capite per ogni residente.
Incredibilmente le compagnie petrolifere continuano perfino a lamentarsi delle poche norme che sono state approvate, sostenendo che «le tasse sugli extraprofitti sono una misura controversa perché scoraggiano gli investimenti». L’amministratore delegato di Saudi Aramco (la più grande compagnia petrolifera al mondo) Amin Nasser qualche giorno fa ha dichiarato: «Anche la decarbonizzazione delle risorse esistenti costa un sacco di soldi – ha proseguito il ceo di Saudi Aramco – quindi dobbiamo vedere il sostegno da parte dei responsabili politici e dei mercati dei capitali allo stesso tempo».
Il piano della Commissione europea sugli extraprofitti ha previsto un prelievo del 33 per cento su qualsiasi profitto imponibile del 2022 e del 2023 che superi di almeno il 20 per cento i profitti medi ottenuti tra il 2018 e il 2021.
Ora però parecchi parlamentari di vari gruppi spingono per alzare le percentuali e rendere più stringente la norma, allargandone lo spettro.
Vedremo presto se ci riusciranno.
* Fonte/autore: Nina Valoti, il manifesto[1]
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