Per Erdogan non c’erano quartieri a rischio. Sono crollate 57mila case

by Chiara Cruciati * | 18 Febbraio 2023 8:57

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45.486 morti nel sisma del 6 febbraio. Un anno fa il presidente toglieva lo status di “quartieri a rischio” ad Hatay. E in territorio siriano tornano gli scontri tra Damasco e jihadisti

 

Da undici giorni la quotidianità nel sud-ovest della Turchia si ripete, senza soluzione di continuità. Si aggiorna il numero delle vittime del sisma del 6 febbraio (ieri toccava quota 39.672, a cui si aggiungono i 5.814 morti in Siria, per un totale di 45.486), si festeggiano gli incredibili salvataggi di dispersi ancora in vita e si prova a tramutare in numeri la dimensione del disastro.

Lo fa il ministero dell’ambiente che calcola in 50.576 gli edifici pericolanti da abbattere (oltre ai 6.500 crollati e ai 279.655 con danni minimi). E lo fanno i residenti delle undici province colpite, alle prese oggi con la ricerca di un posto dove abitare dopo aver perso tutto.

IN MEZZO a quel milione e mezzo di persone che hanno lasciato la regione e una nuova casa sta un ostacolo per molti insormontabile: il prezzo degli affitti è salito alle stelle. Dati confermati da alcune agenzie immobiliari secondo cui a pochi giorni dal sisma nelle grandi città di arrivo degli sfollati, come Ankara, il costo dell’affitto è cresciuto fino al 57%. Secondo il partito di opposizione Chp, a Mersin addirittura del 100%.

Un problema serio a cui il presidente Erdogan prova a dare risposta promettendo di ricostruire le case in fretta, in pochi mesi. Ma le opposizioni lo mettono all’angolo: il Chp ha pubblicato un decreto presidenziale del 5 febbraio 2022, esattamente un anno prima del sisma, con cui Erdogan aboliva lo status di «quartieri a rischio» per sei zone della città di Hatay, rasi al suolo undici giorni fa.

Intanto, al di là del confine, nella Siria del nord-ovest lievita il numero di sfollati interni, con il sisma che si appoggia sulla crisi precedente, quella bellica, e la moltiplica: secondo l’Onu sarebbero almeno 5,3 milioni gli sfollati siriani.

QUASI 2.300 edifici sono crollati e il 45% delle infrastrutture risulta danneggiato. In una simile situazione, non aiuta la lentezza con cui i soccorsi internazionali entrano nel paese, nello specifico quelli dell’Onu visto che dai paesi occidentali non arriva nulla causa sanzioni.

E di certo non aiuta la ripresa degli scontri tra l’esercito di Damasco e le opposizioni jihadiste: ieri, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani basato a Londra e parte del fronte anti-Assad, la periferia ovest di Aleppo sarebbe stata colpita dall’artiglieria siriana e sarebbe stata teatro di scontri con le milizie islamiste. Nessuna vittima.

* Fonte/autore: Chiara Cruciati, il manifesto[1]

 

 

Photo by ANF News

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