La Corte di giustizia europea dà il via libera agli OGM

by Francesco Bilotta * | 16 Febbraio 2023 9:16

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Secondo il nuovo pronunciamento, le piante modificate ottenute con mutagenesi casuale in vitro non devono sottostare alle norme della Direttiva 2001

 

La Corte di giustizia europea, con una sentenza arzigogolata e contraddittoria, apre la strada ai nuovi Ogm, smentendo quanto aveva affermato nel luglio del 2018, quando aveva chiarito che gli organismi ottenuti mediante nuove tecniche di mutagenesi rientrano nell’ambito della legislazione Ue sugli Ogm e, quindi, soggetti alla Direttiva del 2001. Ora si assiste a una marcia indietro che può essere spiegata solo dalle pressioni che le potenti lobby dell’agroindustria hanno esercitato in questi anni

VIENE MESSO IN DISCUSSIONE quel «principio di precauzione» che in Europa aveva finora bloccato vecchi e nuovi Ogm. Sono le nuove tecniche di editing dei genomi l’oggetto del contendere, che vengono definite Ngt (Nuove tecniche genomiche) o Tea (Tecnologie di evoluzione assistita) o Nbt (New breeding techniques). Si tratta delle tecniche sviluppate negli ultimi due decenni in grado di alterare il materiale genetico di un organismo e in campo vegetale hanno come obiettivo la creazione di una nuova generazione di piante geneticamente modificate per sostituire i vecchi Ogm, rispetto ai quali è cresciuto il fronte di opposizione. L’obiettivo dichiarato è quello di superare le tecniche tradizionali di miglioramento genetico. Il dibattito su come collocare gli Ngt è particolarmente acceso in Europa.

LA SENTENZA DELLA CORTE ENTRA nel merito di una tecnica di modificazione genetica, la mutagenesi, dove i cambiamenti si ottengono senza l’inserimento di materiale genetico estraneo all’organismo e può avvenire in vivo e in vitro. La Corte ritiene che due modalità sono così simili da poter essere equiparate e la sicurezza di quella in vivo si può estendere a quella in vitro. In altri termini, si sostiene che se viene modificato il genoma di un organismo vivente (pianta o animale) senza l’aggiunta di materiale genetico estraneo non si ricade più nella Direttiva europea sugli Ogm.

UNA SENTENZA CHE PRODUCE SCONCERTO in tutti coloro che vogliono tenere fuori dall’Europa vecchi e nuovi Ogm. Esultano, al contrario, i settori legati alle produzioni agricole su larga scala, le aziende che investono nelle nuove tecniche, le multinazionali dei semi. Si vuole partire da questa sentenza per far passare il principio che le piante geneticamente modificate ottenute con le nuove tecniche non presentano rischi. Si invoca una nuova normativa per «superare i pregiudizi ideologici nei confronti delle nuove tecniche genomiche».

LA COMMISSIONE EUROPEA STA PREPARANDO in questi mesi una proposta di revisione della Direttiva del 2001, giudicata «obsoleta» dai settori dell’agroindustria, per allentare le norme sugli Ngt e la sentenza della Corte le spiana la strada. La Direttiva del 2001 sta garantendo una metodologia comune per la valutazione dei rischi ambientali legati all’immissione di Ogm. Si regge su un sistema di norme che prevedono la valutazione prima dell’immissione in commercio, l’autorizzazione, l’etichettatura, il controllo dopo la commercializzazione. La Direttiva prevede, tuttavia, che alcune tecniche che rientrano nella mutagenesi casuale, che consiste nell’accelerare il ritmo delle mutazioni genetiche spontanee degli organismi viventi, possano essere esentate e godere di una «deroga» nell’applicazione della normativa.

NEL 2015 IL SINDACATO AGRICOLO francese Confederation Paysanne e otto associazioni si erano rivolte al Consiglio di Stato sostenendo che la normativa francese non recepiva la Direttiva 2001 in fatto di mutagenesi. Nel luglio 2018 la Corte europea stabiliva che «solo gli organismi ottenuti attraverso tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza beneficiano della deroga prevista dalla Direttiva 2001». Nel 2020 il Consiglio di Stato, sulla base della sentenza della Corte del 2018, decide che «tutte le tecniche e i metodi sviluppati successivamente all’entrata in vigore della Direttiva non possano godere di alcuna esenzione, in particolare le tecniche di mutagenesi casuale in vitro». Le autorità francesi, tuttavia, non adottano le misure necessarie per far rispettare la decisione del Consiglio di Stato, che viene di nuovo investito dalla Confederation Paysanne per l’emanazione di una ingiunzione per l’attuazione della decisione del 2020. A questo punto il Consiglio di Stato chiama in causa la Corte europea per pronunciarsi sulle diverse tecniche di mutagenesi casuale e quali possono beneficiare della deroga prevista dalla Direttiva. Ed è così che una settimana fa si arriva alla sorprendente decisione della Corte che dà il via libera alla mutagenesi in vitro.

LA DECISIONE VIENE MOTIVATA attraverso un contorto linguaggio giuridico che giunge a questa conclusione: «Gli effetti inerenti alle colture in vitro non giustificano che da tale deroga siano esclusi gli organismi ottenuti mediante l’applicazione in vitro». La corte è pervenuta a questa decisione avendo come riferimento il prodotto e non il processo per ottenerlo, al contrario di quanto fa la Direttiva. La mutagenesi casuale in vitro pone questioni che sono assimilabili agli Ogm tradizionali perché si impiegano mutageni per agire sulle cellule partendo dai geni: la mutazione viene indotta sul gene che poi viene impiantato sull’organismo. Nella mutagenesi in vivo non si parte dai geni, ma si espone la popolazione di una specie agli agenti mutageni e si selezionano gli individui che hanno le caratteristiche desiderate. Sono percorsi diversi e la logica deduttiva adottata dalla Corte solleva grandi perplessità in molti studiosi. L’Associazione rurale italiana (Ari), che fa parte del Coordinamento europeo Via Campesina, lancia un grave allarme: le sementi ottenute con queste tecniche saranno regolamentate solamente dal catalogo delle varietà, senza la possibilità di distinguere le piante derivanti dalla manipolazione genetica dalle piante ottenute con la selezione tradizionale; l’estensione dei brevetti a tutti i semi ottenuti con le diverse tecniche di mutagenesi. Il dibattito è destinato ad andare avanti, in attesa che la Commissione europea vari le nuova normativa.

* Fonte/autore: Francesco Bilotta, il manifesto[1]

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