Navi umanitarie. MSF si ribella al decreto: «Basta porti lontanissimi»

Navi umanitarie. MSF si ribella al decreto: «Basta porti lontanissimi»

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La meta è lontana 1.500 chilometri e 4 giorni. Stessa situazione per Ocean Viking, che protesta ma poi si mette in navigazione

 

Stavolta il Viminale ha scelto Ancona nella lotteria dei porti, sempre più lontani e tutti in città guidate dal centro-sinistra, dove spedire le navi delle Ong con il loro carico di umanità che qualcuno considera «residuale». Ma ha ricevuto il primo No. A pronunciarlo Medici senza frontiere. La sua Geo Barents ha soccorso a mezzogiorno di ieri un gommone nero in difficoltà con a bordo 73 persone. Le ha trovate una quarantina di chilometri a nord-ovest della città libica di Al Khoms. Tra loro 16 minori.

COME ORMAI di routine il centro di coordinamento nazionale per il soccorso marittimo (Imrcc) di Roma ha assegnato immediatamente il luogo dove sbarcare: una celerità che non serve a concludere il salvataggio il prima possibile ma a prevenirne altri. Infatti mentre si applicano alla lettera alcune parti delle convenzioni internazionali, altre sono interpretate in maniera creativa. Così il porto arriva subito ma è lontanissimo. Il risultato finale è il tradimento dello spirito delle norme di diritto internazionale pensate per salvare quante più vite possibile in un ambiente ostile come il mare aperto.

«LA DECISIONE DEL GOVERNO è contraria alla legge internazionale secondo cui bisogna sbarcare nel minor tempo possibile. Navigare per 1.500 chilometri, durante quattro giorni, è contrario ai bisogni dei sopravvissuti», fa sapere Msf. Che attacca: «Basta assegnare i porti così lontano. Serve solo ad allontanare le navi della società civile. Senza che siano sostituite da altri assetti». Per questo l’Ong ha rifiutato l’indicazione dello scalo marchigiano e chiesto pubblicamente alle autorità italiane di assegnare una meta più vicina. Mentre scriviamo la nave sta risalendo verso nord ma non ha ricevuto ulteriori risposte.

OLTRE ALLA GEO BARENTS, Ancona è stato assegnato anche alla Ocean Viking, di Sos Mediterranée. La Ong che nel primo braccio di ferro con il nuovo governo, quello degli «sbarchi selettivi», è finita a Tolone, in Francia, ieri ha salvato 37 naufraghi 35 miglia a nord delle coste libiche di Sabratha. Dal ponte hanno protestato per l’enorme distanza, ma alla fine si sono messi in navigazione. «La strategia dei porti lontani è illogica e discriminatoria – afferma il portavoce di Sos Mediterranée Francesco Creazzo – Prima di tutto costringe a viaggi lunghissimi persone che hanno bisogno di assistenza immediata. Poi crea un problema che è secondario ma non si può nascondere: moltiplica i costi delle missioni. Rischiano di diventare insostenibili per realtà, come la nostra, sostenute da piccoli donatori».

INTANTO IERI sono arrivati maggiori dettagli sui due naufragi di venerdì. Per quello avvenuto a una trentina di miglia a sud-ovest dall’isola di Lampedusa si conoscono ora maggiori informazioni sulle tre vittime. La bambina, che aveva un anno e due mesi, si chiamava Sara, era originaria della Costa d’Avorio e viaggiava con la madre. Che ovviamente ora è sotto shock, nell’hotspot di Contrada Imbriacola. La donna e l’uomo, invece, avevano entrambi 38 anni. Lei, Melen, originaria del Camerun. Lui, Jonny, ivoriano. Il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella ha aperto l’inchiesta di routine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e morte come conseguenza di altro reato. Il rischio in questi casi è che tutta la responsabilità ricada su chi guidava, il cosiddetto «scafista». Figura ben diversa dal trafficante che incassa i soldi. La barca era partita da Sfax con 35 persone, tutte subsahariane. Il primo soccorso è stato fornito da due pescherecci tunisini e poi dalle motovedette italiane.

SULL’ALTRA IMBARCAZIONE che si è ribaltata a nord-est delle Kerkennah oltre ai cinque morti annunciati venerdì, ci sono anche cinque dispersi. Impossibile sperare di trovarli in vita. Sul mezzo viaggiavano una trentina di persone. Anche in questo caso provenienti dall’Africa subsahariana.

INTANTO IL PRESIDENTE tunisino Kais Saied ha rimosso dall’incarico, insieme alla ministra del Commercio, il governatore di Sfax Fakher Fakhfakh. Non è chiaro se ci sia una relazione con la gestione dei flussi migratori. Di recente nella seconda città del paese c’è stata una vera e propria rivolta contro le autorità accusate di non fare abbastanza per soccorrere le persone in mare.

SULLA SPONDA ITALIANA, invece, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi incontrerà il sindaco di Lampedusa Filippo Mannino, come richiesto da quest’ultimo venerdì dopo l’ennesima tragedia. La riunione non sarà sulla maggiore delle Pelagie, come sperava il primo cittadino, ma nella prefettura di Agrigento dove il titolare del Viminale prenderà parte a un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Ci sarà anche il capo della polizia Lamberto Giannini, da poco rientrato da una missione a Tripoli a tema migratorio.

* Fonte/autore: Giansandro Merli, il manifesto

 

ph by Aavee, CC BY-SA 3.0 NO <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/no/deed.en>, via Wikimedia Commons



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