by il manifesto | 3 Gennaio 2023 9:55
Aveva poco più di trent’anni Mehdi Zare Ashkzari, ex studente dell’università di Bologna come Patrick Zaki. È morto in custodia in Iran, dove era tornato per assistere la madre malata. Come la giovane Mahsa Amini, la cui uccisione è stata la scintilla alla base della rivolta che infiamma l’Iran dallo scorso settembre. Arrestato durante una manifestazione, ridotto in coma dalle torture subite, Mehdi è morto dopo 20 giorni di agonia. Il fratello lo ha ricordato attraverso un montaggio video in cui appare sorridente e spensierato.
Prosegue inoltre l’angoscia per la sorte di quanti, tra le migliaia di giovani arrestati, rischiano di finire nel braccio della morte o sono stati già condannati alla pena capitale. Condanna confermata anche dalla Corte suprema nel caso di Mohammad Boroghani, arrestato in settembre con l’accusa di essere uno dei leader della rivolta e quindi processato per il reato di «guerra contro Dio» (Moharebeh). Secondo i giudici avrebbe «ferito una guardia giurata con l’intenzione di uccidere», «seminato il terrore tra i cittadini» e «dato fuoco alla sede del governatorato della città di Pakdasht». Lo riferisce l’agenzia di stampa Mizan, legata alla magistratura iraniana.
A Mazarandana, fonti della magistratura raccolte dall’agenzia Harana, informano invece della doppia condanna a morte di un manifestante di 18 anni, Mehdi Mohammadifard, arrestato durante le proteste a Nowshahr. Il giovane, accusato di «corruzione» e «guerra contro Dio», non avrebbe avuto neanche la possibilità di essere difeso da un avvocato. Diritto invece concesso al rapper Toomaj Salehi, in carcere con accuse analoghe che anche nel suo caso potrebbero sfociare nella pena capitale: lui potrà scegliersi addirittura un legale di fiducia. Salehi, 32 anni, è finito in cella per aver postato una canzone di supporto alla rivolta e immagini relative alla sua partecipazione alle manifestazioni. Anche lui denuncia di aver subito torture durante la detenzione.
Desta infine grande preoccupazione anche la vicenda dello scrittore e illustratore Mehdi Bahman. Per il portale legato all’opposizione Iran International è stato condannato a morte per un’intervista rilasciata in aprile all’emittente israeliana Channel 13 e per il proposito di tradurre uno dei suoi libri in ebraico.
* Fonte/autore: il manifesto[1]
Photo by ANF News
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