Commissione UE: «I soccorsi in mare sono un obbligo, gli Stati lo rispettino»
18 Ong del mare attaccano il decreto Piantedosi. Critiche anche Asgi, Libera e Cgil: regole sbagliate che faranno aumentare i morti
«I Paesi membri devono rispettare la legge internazionale e la legge del mare: salvare vite in mare è un obbligo morale e legale». Lo ha ribadito ieri la portavoce della Commissione Ue Anita Hipper, pur sottolineando come non spetti all’Unione analizzare il contenuto del decreto Piantedosi, firmato il 2 gennaio scorso dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
La netta presa di posizione di Bruxelles è arrivata nella stessa giornata in cui 18 Ong hanno fatto appello alle istituzioni europee affinché reagiscano con fermezza alle nuove norme che ostacoleranno, per l’ennesima volta, le attività di soccorso nel Mediterraneo centrale. Il comunicato congiunto è stato sottoscritto da tutte le organizzazioni non governative impegnate a vario titolo nei soccorsi in mare, con l’eccezione di Sos Mediterranée che ha pubblicato un suo testo dai contenuti simili ma a firma singola.
Le Ong sostengono che il decreto «ridurrà le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo» e che «contraddice il diritto marittimo internazionale, i diritti umani e il diritto europeo». Nello specifico criticano il divieto di effettuare più soccorsi durante la stessa missione e la prassi di assegnare porti lontanissimi. «Entrambe le disposizioni sono progettate per tenere le navi Sar fuori dall’area di soccorso per periodi prolungati e ridurre la loro capacità di assistere le persone in difficoltà», affermano. Rispetto alla pretesa del governo italiano che i capitani raccolgano a bordo le richieste d’asilo, le Ong sottolineano che il dovere spetta agli Stati e le procedure, come chiarito dall’Unhcr, devono essere avviate a terra.
Dure critiche sono arrivate anche da organizzazioni sociali e sindacali impegnate a terra. L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) giudica le nuove norme «contro la Costituzione, le Ong e i diritti umani». Per i giuristi c’è una sostanziale continuità con il decreto Lamorgese 130/2020 che «ancora una volta nasconde la mancanza di consapevolezza della fallimentare strategia italiana ed europea che persevera a negare la possibilità di ingressi regolari». Libera contro le mafie denuncia come invece di prendersela con gli affaristi e i criminali, italiani e stranieri, che speculano sui bisogni delle persone «si vada a colpire chi cerca di contenere la strage a cui assistiamo quotidianamente sulle nostre coste».
In una lunga nota la Cgil contesta la reale sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza per varare il decreto e attacca la creazione di un sistema di sanzioni amministrative fortemente afflittive. «Dal momento che il vero obiettivo dichiarato, quello di bloccare le navi, non è stato raggiunto, si istituisce un sistema amministrativo applicato dai prefetti che rischia di avere meno garanzie di indipendenza ed essere soggetto a maggiore discrezionalità», scrive la Cgil che annuncia iniziative insieme al Tavolo asilo e immigrazione. Per Peppe De Cristofaro, senatore dell’Alleanza verdi e sinistra, il decreto Piantedosi è «un obbrobrio giuridico disumano».
Intanto ieri a Lampedusa è arrivato un barcone con 74 persone. Si tratterebbe di cittadini egiziani e sudanesi partiti dalla città libica di Zawyia. In una delle calette dell’isola è stato invece trovato il cadavere di un uomo. Oggi nell’area di ricerca e soccorso tornano le navi Geo Barents (Msf) e Ocean Viking (Sos Mediterranée) partite nei giorni scorsi dai porti di Taranto e Ravenna, dove erano state spedite a sbarcare i naufraghi.
* Fonte/autore: Giansandro Merli, il manifesto
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