Armi & guerre. Polonia: «Spese militari al 4% del pil», il doppio della NATO
Lo dice il premier Morawiecki. L’Alleanza chiedeva il 2%. Dopo aver spinto per inviare a Kiev i Leopard tedeschi, ora Varsavia preme anche per gli F-16
VARSAVIA. Varsavia è quasi sempre un tono sopra gli altri nella corsa agli armamenti. Questa volta il governo polacco è pronto a fare uno “sforzo” destinando il 4% del proprio pil alle spese militari. +1% rispetto al diktat annunciato nel 2022 dal numero uno del Pis, Jarosław Kaczynski, che pure aveva giocato al rialzo rispetto al budget che era stato inizialmente preventivato dai suoi colleghi a marzo scorso (2.3%).
«LA GUERRA in Ucraina significa che dobbiamo armarci ancora più velocemente. Per questo faremo uno sforzo senza precedenti dedicando il 4% del Pil per l’esercito polacco», ha dichiarato il premier polacco Mateusz Morawiecki in visita alla divisione di fanteria di Siedlce, una cittadina situata circa 100 chilometri a est di Varsavia.
Morawiecki ha lanciato un vero e proprio appello sfoggiando un patriottismo dai toni quasi agiografici: «Ogni piede della nostra terra è santificato con il sangue polacco. Ma dobbiamo guardare al futuro delle prossime generazioni. Devono avere una Polonia sicura. Per raggiungere questo obiettivo c’è bisogno di un esercito forte».
Il primo ministro polacco, anch’egli del Pis, ha poi aggiunto: «Quest’anno faremo uno sforzo senza precedenti. Potrebbe essere la più alta quota destinata alla difesa tra i paesi membri della Nato. La Polonia sarà sempre più sicura».
PRIMA DELL’INGRESSO nell’alleanza transatlantica nel 1999, le spese militari non erano certo tra le priorità della Polonia. Le esigenze hanno cominciato a cambiare con la partecipazione dell’esercito polacco alle missioni in Afghanistan e in Iraq nei primi anni Duemila. Qualche anno dopo il governo polacco sarebbe stato uno dei primi a rispondere all’appello lanciato dai paesi della Nato di portare la loro spesa militare al 2% del pil.
Un obiettivo diventato fattibile, sulla carta e non solo, dopo la vittoria della formazione fondata dai fratelli Kaczynski alle elezioni parlamentari del 2015, a scapito del governo uscente di Piattaforma civica (Po) dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Al vertice Nato nel luglio del 2016, ospitato proprio nella capitale polacca, quando ancora si discuteva di guerra ibrida sul fianco orientale della Nato e veniva rilanciato l’”appello del 2%”, il governo targato Pis si era presentato all’appuntamento con l’obiettivo già raggiunto.
LA GUERRA IN UCRAINA e i buoni rapporti con gli Usa, almeno quando si tratta della compravendita di armi, hanno spinto questo mese Varsavia a ordinare una seconda consegna di carri armati Abrams (116 unità a fronte delle 250 già ordinate lo scorso anno).
«Stiamo rafforzando il pugno di ferro dell’esercito polacco in modo da aumentare la forza per scoraggiare l’aggressore», aveva commentato il ministro della difesa polacco Mariusz Błaszczak, a margine della notizia sulla nuova fornitura di tank americani. Il governo polacco ama chiudere questo tipo di operazioni all’inizio dell’anno. Nel gennaio 2020, ad esempio, la Polonia aveva annunciato l’acquisto di 32 caccia F-35.
Dopo aver spinto la settimana scorsa per inviare in Ucraina i propri carri armati tedeschi Leopard 2, con o senza il placet di Berlino, Varsavia non sembra volersi accontentare: «Continua il lavoro per ottenere caccia F16. Abbiamo segnali positivi dalla Polonia, che è pronta per inviarli in coordinamento con l’Alleanza atlantica», ha dichiarato il capo dell’ufficio presidenziale di Kiev, Andriy Yermak, in un messaggio su Telegram.
La tattica adottata da Varsavia potrebbe essere la stessa di quella utilizzata con i Leopard: creare una piccola coalizione di stati favorevoli all’invio di armi pesanti in modo da esercitare una pressione indiretta sugli altri paesi della Nato e dell’Ue.
* Fonte/autore: Giuseppe Sedia, il manifesto
ph by NATO – Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)
Related Articles
Altro che sovranisti! Il governo Conte sull’Iran si inchina a Trump in cambio della beffa libica
Il nostro governo (o una parte di esso), piuttosto isolato in Europa, preferisce inchinarsi a Trump ottenendo in cambio la beffa della «cabina di regia» in Libia che alla fine si riduce ad una sorta di lettera di licenziamento per Sarraj
“Basta accuse, non siamo estremisti l’Europa ci vuole strumentalizzare”
Parla il ministro delle comunicazioni Zoltan Kovacs: “Troppi pregiudizi contro il nostro governo” Siamo vittime di politiche interne altrui e del pregiudizio sbilanciato contro idee conservatrici del mondo
Berlino: «Più tempo alle riforme» L’Eurogruppo: subito il governo
La Casa Bianca: è nell’interesse di tutti che Atene resti nell’euro