Sanità pubblica definanziata, avanza la privatizzazione
Filippi (Fp Cgil): «È come stare in trincea, i posti letto sono così pochi che non si sa dove sistemare i pazienti». Pierino Di Silverio (Anaao Assomed): «Discutiamo finalmente di un progetto unitario che comprenda la medicina territoriale e quella ospedaliera»
«Occorrono risorse adeguate a valorizzare il personale sanitario e rendere le professioni sanitarie più attrattive» parola del ministro della Salute, Orazio Schillaci. I fondi in legge di bilancio li elenca il ministro: 200 milioni l’anno per chi opera nei Pronto Soccorso ma dal 2024 (per il 2023 c’è la promessa); «2 miliardi 150 milioni in più per il 2023, 2,3 miliardi in più per il 2024 e ben 2,6 miliardi in più per il 2025. Una chiara inversione di tendenza se si considera che dal 2013 al 2019 il fondo sanitario è sempre stato definanziato». Un tono ottimista che cozza con l’Ufficio parlamentare di bilancio: «La spesa sanitaria programmatica si riduce fino al 6,1% del Pil nel 2025, un valore inferiore al periodo pre pandemia (6,4% nel 2019)». Dal Pd Beatrice Lorenzin: «Per l’Ocse il limite sotto al quale non si può scendere, a rischio collasso del sistema, è il 6,6% del rapporto Pil – Fondo sanitario. Dal prossimo anno scendiamo ben al di sotto del 6,6%». Per il personale, la proposta di Schillaci: «Potrebbe essere utile far sì che i medici rimangano in servizio per altri 2 anni oltre l’età pensionabile».
I SINDACATI di categoria oggi manifestano a Roma (dalle 14 in piazza Santi Apostoli) con lo slogan «Salviamo la Sanità pubblica». Il segretario nazionale della Fp Cgil Medici, Andrea Filippi: «Da almeno 20 anni i governi stanno deliberatamente programmando il fallimento del Servizio sanitario, pubblico e universale, a vantaggio del privato, anche convenzionato. Un medico ospedaliero guadagna una media di 3mila euro nette al mese. Un libero professionista ingaggiato a gettone nello stesso ospedale 1.200 euro lorde a notte. Il primo paga il 43% di tasse trattenute in busta paga il secondo con la flat tax il 15%. Tutti passeranno al rapporto non esclusivo viste anche le pessime condizioni di lavoro». Così si smantella la sanità pubblica: 48.800 medici, il 46% di quelli in servizio, entro il 2030 saranno andati in pensione, se si sommano le dimissioni volontarie si rischia un buco di 100mila camici bianchi. «I servizi sono tutti sovraffollati – prosegue Filippi – a partire dai Pronto soccorso: barelle ovunque, i posti letto sono talmente pochi che non si sa dove sistemare i pazienti. I cittadini si arrabbiano con i professionisti e fioccano le denunce. Uno scenario che si è deliberatamente costruito con politiche che hanno agito su alcuni fondamentali: riduzione del personale con blocco del turnover e tetti di spesa; servizi frammentati attraverso la regionalizzazione e aziendalizzazione; regimi di lavoro “fordisti”; attacco alle prerogative sindacali creando un clima di denigrazione dei lavoratori della sanità».
TRA IL 2010 E IL 2020 in Italia sono stati chiusi 111 ospedali e 113 Pronto soccorso, tagliati 37 mila posti letto: «C’è un iperafflusso al Ps perché è l’unica risposta che i cittadini trovano, si crea un’accumulo di pazienti per l’impossibilità di ricoverare chi ne ha necessità, siano essi acuti o cronici. Con la pandemia e l’ex ministro Speranza ci sono stati interventi parziali per mettere toppe, come l’aumento dei contratti di formazione specialistica, e il tentativo di costruire un modello territoriale sui servizi e le Case di comunità (anche se mancavano le risorse per le assunzioni). Questo governo programma il fallimento: non mette fondi sul personale né per le assunzioni, non sblocca i tetti di spesa. Schillaci nella sua relazione in Parlamento si è limitato a leggere il documento del suo predecessore, sembrava il portavoce di Speranza. Nelle dichiarazioni aggiuntive ha fatto solo promesse. Non c’è nessuna proposta per il Ssn, assistiamo pure all’arretramento sulla riforma territoriale con il farmacista di FdI, Marcello Gemmato, che propone l’utilizzo degli studi dei medici di base e le farmacie». Il contratto nazionale è scaduto ma non si riesce neppure ad applicare quello passato: «Per il 2019 – 2021 abbiamo un atto di indirizzo, con la copertura finanziaria, che da mesi è fermo al Mef in attesa della bollinatura» conclude Filippi.
PIERINO DI SILVERIO, segretario nazionale Anaao Assomed: «Manifestiamo a favore del sistema sanitario pubblico non tanto perché il governo ascolti, visto che ha avuto modo di ascoltarci fino a oggi, ma perché i cittadini comprendano che, continuando con i disinvestimenti, sono a rischio la salute e le cure nel pubblico. Non possiamo essere né complici né vittime di politiche che determinano la morte del Ssn. La Nota di economia e finanza per il 2025 prevede uno stanziamento sul Pil del 6,1%, la media Ue è dell’11,3%. Dei 2,1miliardi nel 2023, 1,4 è per il caro bollette; 60milioni ai medici a partire dal 2024 e solo ai medici di pronto soccorso, briciole. Non chiediamo un contentino ma di essere messi nelle condizioni di erogare cure».
NODI STRUTTURALI: «L’unica omogeneità che esiste nel nostro sistema sanitario è la difficoltà, che è presente da Canicattì a Bolzano – prosegue Di Silverio -. Anche le regioni benchmark sono a rischio default, i Ps soffro di overboarding in Piemonte quanto in Campania. Stiamo vivendo una pandemia professionale che invece la politica preferisce chiamare crisi vocazionale. La flat tax incoraggerà la libera professione e il lavoro a cottimo: la cura richiede la presa in carico del paziente, ci vuole continuità e un rapporto di lavoro stabile, qualificante, gratificante». Sulla sanità territoriale: «Bisogna trovare fondi per le assunzioni, forse si potrebbe utilizzare il Mes. Al momento l’unico progetto che c’è è il dm 77 di Speranza, se decidono che non piace allora discutiamone, facciamo finalmente un progetto unitario su sanità territoriale e ospedaliera». Al governo chiedono: «La flat tax deve essere applicata anche a parte del lavoro dipendente come misura tampone. A medio termine, attualizzare il dm 70 (la riforma del sistema ospedaliero ndr) viste le mutate condizioni sociali, economiche e sanitarie. Abbiamo un contratto scaduto e ancora non è cominciata la trattativa, il contratto precedente non è stato applicato. Dobbiamo sederci a un tavolo – conclude Di Silverio – e cambiare modello di lavoro, oggi siamo in una gabbia lavorativa e una cassaforte legislativa, la parola d’ordine deve essere aprire».
* Fonte/autore: Adriana Pollice, il manifesto
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