Oggi 20 dicembre 2022 viene presentato all’Università degli Studi Roma Tre, alla presenza del Rettore Massimiliano Fiorucci, l’ultimo Rapporto del Sistema di accoglienza e integrazione, conosciuto a lungo come Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR).
Sono passati esattamente venti anni dalla costituzione di un sistema pubblico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, diffuso su tutto il territorio italiano, con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali. Nel corso di questo arco di tempo si è consolidata una efficace metodologia di accoglienza «diffusa» e «integrata». «Diffusa» perché gli interventi di accoglienza sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, dal sud al nord del paese.
Oggi i progetti di accoglienza del sistema sono presenti in ben 722 enti locali, in tutte le regioni d’Italia, specialmente in comuni di piccole e medie dimensioni (in circa l’80% dei casi sotto i 15mila abitanti). «Integrata» perché, superando la mera erogazione di vitto e alloggio, l’accoglienza è caratterizzata peculiarmente per misure di orientamento, accompagnamento legale e sociale, alfabetizzazione e formazione, nonché per la costruzione di percorsi individualizzati di inclusione e di inserimento socio-economico.
Il rapporto annuale evidenzia che nel corso degli ultimi anni si è registrato un trend di ampliamento dei posti in accoglienza, a seguito dell’incremento dei flussi migratori provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente e ultimamente a seguito delle recenti guerre in Siria e Afghanistan, che ha portato lo scorso anno ad accogliere 42mila soggetti.
I progetti di accoglienza sono destinati perlopiù a categorie cosiddette «ordinarie» di richiedenti e asilo e rifugiati (67%) e, in misura minore, a minori stranieri non accompagnati (28%) e persone con disabilità fisica o disagio mentale (5%).
Al fine di favorire opportunità di interazione nella comunità locale, alle soluzioni alloggiative collettive di medie e grandi dimensioni, si preferiscono quelle di piccole dimensioni: nell’84% dei casi si tratta di semplici appartamenti, di proprietà dell’ente locale oppure presi in locazione nel mercato immobiliare privato, generalmente collocati all’interno del centro abitato. Un dato non trascurabile è il fatto che nei progetti del sistema di accoglienza e integrazione oggi lavorano 19.000 figure professionali (operatori sociali, mediatori, assistenti sociali, educatori, psicologi), in gran parte impiegati in maniera strutturata e continuativa.
La maggioranza dei soggetti accolti è di giovane età: il 70% ha una età compresa tra i 18 e 40 anni, oltre il 23% ha meno di 18 anni, mentre gli ultraquarantenni rappresentano poco più del 6% degli accolti complessivi.
Per quanto concerne le aree di provenienza, in prevalenza (nel 72% dei casi) si tratta di paesi dell’Africa Sub-Sahariana, occidentale (Nigeria, Gambia, Mali, Guinea, Senegal, Costa D’Avorio) e orientale (Somalia), asiatici (Pakistan e Bangladesh), o della cintura del Mediterraneo (Tunisia).
Aree di crisi che evidenziano che l’accoglienza dei richiedenti asilo chiama in causa la qualità della nostra democrazia e, in particolare, la risposta che siamo in grado di offrire di fronte a quei processi globali che, causando la dissoluzione, la disgregazione sociale e l’impoverimento di intere aree del pianeta, generano la fuga di milioni di persone in tutto il mondo.
In questo campo, oggi l’esperienza del Sistema di accoglienza e integrazione rappresenta un punto di riferimento ineludibile, perché mostra come, al riparo dalle logiche dell’«emergenza», sia possibile costruire quotidianamente effettive opportunità di inclusione, accompagnando i soggetti a intessere relazioni con gli individui, con i servizi e con l’intera comunità territoriale.
È la strategia delle formiche, gli animali più forti in assoluto. Portano un peso eccezionale.
* Fonte/autore: Marco Catarci, il manifesto[1]