by Elena Marisol Brandolini * | 3 Dicembre 2022 12:33
L’esordio del nuovo presidente a base di dialogo con i gruppi armati, diritti, un fisco più equo, terre ai contadini. E Amnesty denuncia: «Violenze sessuali» da parte della polizia per reprimere la rivolta del 2021 contro il governo di Iván Duque
Sono passati poco più di 100 giorni da quella domenica di giugno in cui Gustavo Petro vinse le elezioni, diventando il primo presidente di sinistra della storia colombiana. In coppia con Francia Márquez, l’attivista per i diritti umani e la difesa dell’ambiente, divenuta così la prima vicepresidente afro colombiana. Cento giorni di campagne politiche e iniziative di legge, di messaggi fondanti e visibilità internazionale. Su cui campeggia la strategia della «pace totale», intesa come processo politico in grado di mettere fine a sessant’anni di conflitto permanente nel Paese e di costruire una Colombia, «potenza mondiale della vita».
SOLO NEI PRIMI TRE MESI del nuovo governo sono stati assassinati 35 leader sociali, 1.298 dagli accordi dell’Avana del 2016. E Petro inizia dal dialogo avviatosi negli scorsi giorni a Caracas, con l’Ejército de Liberación Nacional (Eln), con l’obiettivo di reintegrare nella vita civile l’ultimo gruppo di guerriglieri esistente in Sudamerica. Perciò, il presidente si è fatto autorizzare dal parlamento a iniziare negoziati di pace con vari gruppi: non solo Eln, ma anche narcotrafficanti e gruppi criminali di vario tipo.
Il primo atto del nuovo governo, è stato la proposta di riforma fiscale, già approvata in parlamento, che aumenta il gettito tributario per il 2023 dell’1,1% del Pil, riequilibrando il prelievo in senso più equitativo. Importante anche da un punto di vista simbolico, dato che fu proprio sulla proposta di riforma tributaria dell’ex presidente Iván Duque che, nel 2021, prese avvio la protesta di piazza durata alcuni mesi, del Paro Nacional.
SULLE MOBILITAZIONI DI ALLORA, Amnesty International ha appena presentato a Bogotá il rapporto «La Polizia non mi assiste. Violenza sessuale e altre violenze basate sul genere nello Sciopero Nazionale», che analizza nel dettaglio 28 testimonianze di giovani Lgtbi e donne, in rappresentanza di centinaia di vittime di violenza sessuale da parte delle forze dell’ordine, come strategia per fermare il dissenso. Persone che partecipavano alle iniziative di lotta, giornaliste che le documentavano e donne che difendevano i diritti umani, terrorizzate dalla polizia e dalla giustizia, i cui aggressori non hanno ancora subito alcuna condanna.
E poi, nel mese di ottobre, Petro ha realizzato un accordo storico con i proprietari terrieri per distribuire la terra ai contadini. In Colombia i privati possiedono 55 milioni di ettari di terra, il governo si è impegnato ad acquistarne 3 milioni.
LA DISTRIBUZIONE DELLA TERRA è sempre stata motivo di conflitto, la scarsità di questa nelle mani dei contadini ha favorito la nascita della guerriglia da una parte e la creazione di milizie paramilitari dall’altra. La questione è strettamente legata alla produzione di coca e al narcotraffico. In Colombia, nel 2021, erano 204mila gli ettari adibiti alla coltivazione di coca, il 43% in più rispetto all’anno precedente.
La guerra contro il narcotraffico iniziata dagli americani mezzo secolo fa non ha funzionato: le coltivazioni si spostano e il flusso di cocaina negli Stati uniti ha raggiunto il suo massimo storico nel 2021. Nel paese si comincia ora a discutere di possibile legalizzazione per indebolire il narcotraffico. Fin dall’inizio, Petro ha sostenuto che va cambiata la strategia di attacco. Per il momento, con la distribuzione di terre ai contadini e la costruzione di un’industria alimentare che sostituisca quella della coca. Anche se nel passato, queste politiche di sostituzione non hanno avuto gran successo.
Il presidente colombiano ne ha parlato anche all’Assemblea delle Nazioni unite di settembre, la sua prima uscita pubblica a livello internazionale. Cui è seguita la partecipazione alla Cop27 in Egitto, con il messaggio «È l’ora dell’umanità, non dei mercati». Poi ha riaperto le relazioni col Venezuela, in vista delle prossime elezioni del 2024 nel paese caraibico.
IN QUESTI GIORNI, il parlamento colombiano sta approvando la creazione del nuovo ministero dell’Eguaglianza, per garantire i diritti e la protezione integrale delle donne e promuovere l’eliminazione delle diseguaglianze economiche, politiche e sociali. Nel frattempo, la Corte Costituzionale colombiana ha sentenziato che le coppie omosessuali adottive avranno diritto al permesso di paternità o maternità. Anche se avere leggi adeguate non è sufficiente: dal 2015 in Colombia c’è una legge che punisce duramente il femminicidio. Ma l’impunità di questo crimine riguarda circa il 90% dei casi.
* Fonte/autore: Elena Marisol Brandolini,
il manifesto[1]
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