Allarme ISPRA: il 93% dei comuni è a rischio idrogeologico
FRANITALIA. L’allarme reiterato dall’Ispra: nonostante la fragilità il Belpaese continua a manomettere e consumare il suolo con altro cemento
La mappa dell’isola di Ischia sul portale IdroGEO del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) è molto marrone e molto rossa: significa che il 60 per cento del territorio è classificata a rischio molto elevato o elevato di frana. Oltre 2mila abitanti, un quarto della popolazione di Casamicciola, il più colpito dall’alluvione di venerdì notte, vive in aree in cui il rischio frana è significativo: fa impressione, infatti, sovrapporre questa mappa a quella che lo stesso Snpa dedica al consumo di suolo, che dà conto della straordinaria densità edilizia dell’isola nel golfo di Napoli, dove resta verde (non urbanizzata) solo l’area centrale, quella montuosa.
LA SITUAZIONE A ISCHIA è straordinaria (nella città metropolitana di Napoli vive in aree a pericolosità elevata o molto elevata poco più del 3 per cento della popolazione), ma non rappresenta un’eccezione: complessivamente il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera. Ben 1,3 milioni di abitanti sono a rischio frane (13% giovani con età inferiore ai 15 anni, 64% adulti tra 15 e 64 anni e 23% anziani con età maggiore di 64 anni) mentre 6,8 milioni di abitanti sono a rischio alluvioni. Le regioni con i valori più elevati di popolazione a rischio frane e alluvioni sono Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria. Le famiglie a rischio sono quasi 548.000 per frane e oltre 2,9 milioni per alluvioni. Su un totale di oltre 14,5 milioni di edifici, quelli ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 565.000 (3,9%), quelli ubicati in aree inondabili nello scenario medio sono oltre 1,5 milioni (10,7%). Questi dati sono contenuti nel Rapporto 2021 sul dissesto idrogeologico, che valorizza i dati raccolti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nell’Inventario dei fenomeni franosi in Italia (Iffi), una banca dati nazionale e ufficiale sulle frane la cui necessità – si legge sul sito «è emersa con maggiore forza a seguito dell’evento disastroso del 5 maggio 1998, che ha colpito gravemente i comuni di Sarno, Siano, Quindici, Bracigliano e S. Felice a Cancello, nelle province di Salerno, Avellino e Caserta».
VENTICINQUE ANNI DOPO sappiamo tutto sul dissesto, pubblichiamo mappe dettagliatissime a disposizione di chiunque sul web, ma non interveniamo per ridurre i fattori di rischio, resi ancor più pericolosi dall’aumento dell’indicenza degli eventi estremi, per effetto dei cambiamenti climatici. Primo, fra tutti, il consumo di suolo: anche a Casamicciola e negli altri comuni ischitani si è continuato a costruire, come evidenzia la serie storica pubblicata da Ispra e che fa riferimento agli anni dal 2006 al 2021, nei quali la superficie antropizzata è aumentata sull’isola.
IN ITALIA DOPO UNA FRENATA legata al Covid il 2021 ha visto l’impermeabilizzazione di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo: in tutto, a fine anno si sono sfiorati i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno, secondo il rapporto presentato a luglio 2022 da Ispra. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici, che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato. Tra il 2006 e il 2021, in tutto, il Belpaese ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o seminaturale, con una media di 77 km2 all’anno, a causa principalmente dell’espansione urbana e delle sue trasformazioni collaterali. Quelle che, rendendo il suolo impermeabile, oltre all’aumento degli allagamenti e delle ondate di calore, provoca la perdita di aree verdi, di biodiversità e dei servizi ecosistemici, con un danno economico stimato in quasi 8 miliardi di euro l’anno.
EPPURE, A DIECI ANNI dall’avvio di una discussione per una legge sul consumo di suolo, su iniziativa dell’allora ministro per l’Agricoltura Mario Catania, l’Italia non ha ancora messo un freno all’espansione edilizia. E non l’ha fatto nonostante l’incidenza sempre più significativa degli eventi estremi, come ricorda anche l’ultimo rapporto di Legambiente di cui abbiamo dato conto sul manifesto dieci giorni fa: dal 2010 al 31 ottobre 2022 si sono verificati in Italia 1.503 eventi estremi, con 780 comuni colpiti e 279 vittime. Tra le regioni più colpite: Sicilia (175 eventi estremi), Lombardia (166), Lazio (136), Puglia (112), Emilia-Romagna (111), Toscana (107) e Veneto (101). Negli ultimi 9 anni – stando ai dati disponibili da maggio 2013 a maggio 2022, rielaborati dall’associazione ambientalista – sono stati assegnati 13,3 miliardi di euro iper le emergenze meteoclimatiche. Il nodo è questo: l’Italia continua a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione; il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (PNACC) è in bozza. Dal 2018.
* Fonte/autore: Luca Martinelli, il manifesto
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