Ucraina. Bombe sulla rete elettrica, vittime civili a Zaporizhzhia
Elettricità a singhiozzo per i raid russi. Gli Usa promettono nuovi sistemi di difesa aerea. E Mosca punta i satelliti che aiutano Kiev
«8mila raid aerei, 4500 missili, 23 droni abbattuti solo negli ultimi due giorni». Nel buio che affligge ormai quotidianamente Kiev per effetto dei danni causati dagli ultimi attacchi russi alle infrastrutture energetiche del Paese, accanto a quello che sembra il relitto di un drone, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sciorina nel suo ultimo videomessaggio i numeri che quantificano l’intensità di fuoco scatenata dalla Russia sul territorio ucraino dall’inizio dell’invasione. «Ma ci spaventa di più sentire l’inno del nemico sulla nostra terra – dice – che il sibilo di missili nei nostri cieli. Le bombe non ci spezzeranno. E non abbiamo paura del buio».
DI DRONI, segnatamente dei droni kamikaze iraniani Shahed-136, di cui Teheran e Mosca continuano a negare ostinatamente l’esistenza, ha parlato anche il portavoce delle forze aeree ucraine Yuriy Ihnat, secondo il quale dall’inizio del conflitto ne sono stati abbattuti «oltre 300». Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba inoltre comunica di aver ricevuto una telefonata del suo omologo iraniano Hossein Amir Abdollahian: «Gli ho chiesto – scrive Kuleba – di cessare immediatamente l’invio alla Russia di armi che vengono usate per uccidere i civili e distruggere le infrastrutture vitali dell’Ucraina». Con la stessa richiesta ieri sono scese in piazza a Kiev alcune decine di cittadini iraniani residenti in Ucraina, che hanno colto l’occasione per denunciare sia la repressione delle proteste che l’alleanza di fatto con Mosca da parte del regime di Teheran.
Sul campo, dal punto di vista militare, si registrano nuovi attacchi russi nella regione di Zaporizhzhia che hanno colpito anche abitazioni civili, provocando almeno 4 vittime e dieci feriti. Per il resto, minime variazioni rispetto ai giorni scorsi: da un lato i piccoli progressi della controffensiva ucraina a sud, con i russi che annunciano di aver ultimato l’«evacuazione» di 70 mila civili dalla riva occidentale del fiume Dniepr verso la Crimea e la Federazione russa; dall’altro i russi si sono avvicinati ancora un po’ a Bakhmut, sotto assedio dell’artiglieria da mesi, nell’intento di aprirsi la strada verso Kramatorsk e Sloviansk, roccaforti della resistenza ucraina nel Donbass.
A MOSCA il ministro della Difesa Serguei Shoigu ha comunicato a Putin il completamento della «mobilitazione parziale» lanciata tempo addietro: 82 mila nuovi soldati sono già al fronte – assicura Shoigu – e altri 218 mila stanno completando l’addestramento. Il totale ammonta esattamente a 300 mila, gli uomini che servivano, secondo i piani del Cremlino, per chiudere la partita con lo «stato artificiale» dell’Ucraina.
Armi che vanno e che vengono, minacce nucleari e batteriologiche che restano sospese a mezz’aria. Gli Stati uniti negano che siano in corso attività legate al possibile utilizzo di armi biologiche in Ucraina sotto la supervisione di Washington, come denuncia Mosca, che ha chiesto su questo una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Al tempo stesso gli Usa annunciano nuovi aiuti militari per 275 milioni di dollari. Il segretario di Stato, Antony Blinken, ha aggiunto che la Casa bianca sta «lavorando anche per consegnare i sistemi di difesa aerea di cui ha bisogno l’Ucraina».
Ma la “minaccia del giorno” è quella di Konstantin Vorontsov, vecchio funzionario della Difesa russa, secondo il quale i satelliti commerciali che sostengono gli sforzi bellici dell’Ucraina si potrebbero considerare «obiettivi legittimi».
MAGGIORE RILIEVO MEDIATICO hanno ottenuto sempre ieri le parole del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, vecchio sostenitore della necessità di stringere rapporti più stretti con la Russia. Riferendosi al sogno di Gorbaciov di una «casa comune europea», Steinmeier ha detto che «guardando alla Russia di oggi non c’è più spazio per vecchi sogni. Ci ha fatto piombare in un altro tempo, un’era di insicurezza che credevamo di aver superato, segnata da guerra, violenza e persone in fuga, con le preoccupazioni che un’espansione del conflitto possa incendiare l’intera Europa».
* Fonte/autore: Ester Nemo, il manifesto
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