by Andrea Capocci * | 14 Settembre 2022 10:31
A pochi giorni dall’ultimo aggiornamento, in arrivo una nuova versione dei vaccini. Rischio caos e spreco di dosi. Dalla Corte dei conti Ue bacchettata alla Commissione: «ritardi negli appalti» e «negoziatori poco competenti»
L’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha autorizzato[1] anche la versione del vaccino anti-Covid della Pfizer adattata alle varianti Omicron 4 e 5. Il nuovo parere arriva a meno di due settimane dall’approvazione dell’aggiornamento precedente dei vaccini (mirato alla variante Omicron 1), che da pochi giorni è disponibile negli hub italiani.
Per l’autorizzazione, l’Ema non ha esaminato i dati di efficacia e sicurezza sull’uomo, non ancora disponibili. L’agenzia si è limitata a verificare la correttezza del processo produttivo e i dati provenienti dagli esperimenti in laboratorio. Per l’impatto umano, l’agenzia si è fidata dei dati sul vaccino precedente. «Il vaccino bivalente contro Omicron 4/5 – è il ragionamento – ha la stessa composizione di quello contro Omicron 1, a parte il contenuto di mRna».
Anche l’Ue dunque si allinea alla autorità regolatoria statunitense Fda, che non richiede dati clinici per approvare gli aggiornamenti dei vaccini (come per quelli anti-influenzali). È un netto cambio di rotta per l’Ema: ancora pochi giorni fa, l’agenzia prevedeva[2] di esaminare i vaccini «in autunno», quando i dati clinici sarebbero stati disponibili. L’obiettivo era rassicurare l’opinione pubblica poco incline a sottoporsi a nuove vaccinazioni. «È necessaria la massima fiducia nei confronti dei vaccini che autorizziamo», aveva detto al Financial Times la direttrice Emer Cooke.
La paura di apparire in ritardo rispetto agli Usa – e alle varianti – ha prevalso sulla prudenza.
Invece di accelerare le campagne di vaccinazione per la quarta dose, la decisione rischia ora di complicarle[3]. Da un lato, l’annuncio di un nuovo vaccino proprio all’avvio di una nuova campagna vaccinale per la quarta dose può creare confusione e diffidenza nella popolazione, già molto restia a vaccinarsi. Le somministrazioni delle quarte dosi procedono già a rilento, con poco più di diecimila dosi al giorno contro le centomila previste dal governo. Qualcuno ora potrebbe rimandare ulteriormente la vaccinazione nonostante, come assicura il virologo Fabrizio Pregliasco, «anche i vaccini originali determinano una forte protezione e proteggono anche dalle varianti».
Dall’altro, tutte queste dosi ora rischiano di andare sprecate. Il vaccino “nuovissimo” sarà disponibile «tra due o tre settimane» secondo il direttore generale dell’Agenzia italiana del Farmaco Nicola Magrini. Nel frattempo, i governi riceveranno le dosi contro Omicron 1. Per il mese di settembre, l’Italia ne ha in consegna 19 milioni. In più, nei depositi del governo ci sono già 26 milioni di dosi vicine alla scadenza. Cosa fare con tutti questi vaccini?
Una quota di spreco, va detto, è fisiologica: il governo accumula regolarmente scorte di vaccini contro malattie infettive pronte in caso di emergenza, sperando di non doverle mai usare. Ma in questo caso, l’eccesso di vaccini e la confusione sono determinate dallo scarso coordinamento tra agenzie regolatorie e aziende, che ha portato a introdurre tre vaccini aggiornati (i due di Pfizer e quello di Moderna, di cui è in arrivo un quarto prodotto) a distanza di poche settimane. E ora molti puntano il dito contro la strategia vaccinale dell’Ue.
Secondo un report[4] appena pubblicato dalla Corte dei conti europea, l’Unione ha investito 71 miliardi di euro per comprare 4,6 miliardi di vaccini secondo procedure straordinarie che non hanno funzionato al meglio. Secondo la Corte, la Commissione europea «ha avviato questo procedimento di appalto in ritardo rispetto al Regno Unito e agli Stati Uniti». Da rivedere la squadra che ha negoziato l’acquisto dei vaccini, composta da «membri del Comitato per i medicinali per uso umano dell’Ema e capi delle agenzie nazionali per i medicinali degli Stati membri» (la cui identità è stata tenuta segreta) e ritenuta poco competente. Risultato: «Nel valutare le offerte non sono stati rilevati i rischi per la catena di approvvigionamento e il processo produttivo in grado di causare problemi di consegna». Al contrario, «le task force per gli appalti di Stati Uniti e Regno Unito includevano esperti in materia di catena di approvvigionamento e logistica». La Corte è critica anche nei confronti della task force europea istituita «a sostegno delle catene di produzione e di approvvigionamento» ma di cui «è difficile quantificare il suo impatto sull’aumento della produzione di vaccini».
Il report denuncia infine la scarsa trasparenza del negoziato, menzionando il «rifiuto della Commissione europea di concedere l’accesso del pubblico ai messaggi di testo scambiati tra la presidente della Commissione (von der Leyen, ndr) e l’amministratore delegato di Pfizer durante i negoziati preliminari» come «un caso di cattiva amministrazione».
* Fonte/autore: Andrea Capocci, il manifesto[5]
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