by Andrea Cegna * | 21 Agosto 2022 8:17
Svolta nelle indagini sulla “sparizione” dei 43 studenti e sulla strage di Iguana nel 2014. Ribaltata la “verità storica” di Murillo Karam. Militari, agenti e malavitosi tra gli 83 arrestati
«Ya me cansè» (mi sono stancato) disse Jesús Murillo Karam, capo della Procura generale della Repubblica durante il governo dell’ex presidente Enrique Peña Nieto (EPN). Era il 7 novembre del 2014, durante la conferenza stampa che comunicava al Messico, e al mondo, la presunta «verità storica» sulla scomparsa di 43 studenti della scuola Normale Rurale Isidro Burgos di Ayotzinapa e l’omicidio di sei persone a Iguala la notte tra il 26 ed il 27 settembre dello stesso anno.
IL 19 AGOSTO DI 8 ANNI DOPO Jesus Murillo Karam è stato arrestato dallo stesso istituto, che ora ha cambiato – non solo formalmente – nome in Fiscalia generale della Repubblica (Fgr). In manette sono finite altre 83 persone tra cui militari, poliziotti, e alcuni malavitosi. L’ex procuratore è stato arrestato con l’accusa di sparizione forzata, tortura e mala gestione della giustizia, nel caso “Ayotzinapa”.
Potrebbe esserci qualche legame tra l’ondata di arresti, le indagini della Fgr e i risultati dell’ultima informativa del Giei che a marzo mostrò prove scientifiche sull’infiltrazione da parte dell’esercito negli studenti di Ayotzinapa, così come della manomissione del «luogo dove i 43 sarebbero stati bruciati», ovvero la discarica di Cocula, poche ore prima dell’arrivo di Jesus Murillo Karam e di altre cariche dello stato che avrebbero poi scritto la «verità storica». Tra le carte si legge che l’ex presidente e l’ex ministro della Difesa, il militare Salvador Cienfuegos Zepeda, non sono indagati.
IL GIORNO PRIMA dell’ondata di arresti Alejandro Encinas, presidente della Commissione verità e accesso alla giustizia, ha reso note alcune conclusioni preliminari per cui sarebbe evidente, come i familiari degli studenti han detto dal primo giorno, che il caso dei 43 normalisti di Ayotzinapa è stato un crimine di Stato, che a oggi non ci sono indicazioni che siano vivi e certo che governo ed esercito ne avrebbero potuto prevenire morte.
Nella relazione presentata giovedì scorso al Palazzo nazionale in presenza dei genitori dei 43, Encinas ha insistito sul fatto che non vi è alcuna indicazione che siano vivi. Al contrario, secondo le testimonianze e le prove sarebbero stati astutamente uccisi. Invece pr il Pri, ex “partito Stato” e riferimento di Murillo Karam, «l’arresto risponde più a una questione politica che di giustizia. L’azione non dà risposte alle famiglie delle vittime».
MANUEL VÁZQUEZ ARELLANO, conosciuto come Omar Garcia, oggi deputato di Morena, nel 2014 normalista sopravvissuto al massacro di Iguala, dice che «non siamo più ai tempi di EPN, ma è chiaro che c’è qualcosa legato a lui nella vicenda. Si è mobilitato un intero Paese, non è possibile che la voce di migliaia e milioni di persone in solidarietà con il movimento di Ayotzinapa non conti nulla. Allora EPN avrebbe dovuto rinunciare al suo ruolo, oggi dovrebbe essere, almeno, chiamato a testimoniare».
Per Gilberto Rivas y Lopez, antropologo e giornalista «è difficile dare un opinione, ora, visto che i familiari si sono presi il tempo di riflettere prima di rilasciare una dichiarazione pubblica. Pare però importante che finalmente si riconosca che la notte di Iguala e la pseudo indagine conseguente furono un crimine di stato, come sempre abbiamo detto. Pare anche importante l’arresto di Murillo Karam, se questo significa che si sta indagando su tutta la catena di comando civile e militare. Solo se si avrà il coraggio di indagare fino alle più alte sfere dell’esercito e della politica si potrà aver giustizia. Per questo è molto preoccupante che l’attuale presidente dica «la ricerca della verità rafforza le istituzioni e l’esercito», non è molto responsabile che si continui a difendere le forze armate che per decenni hanno vissuto nell’impunità.
PER FEDERICO MASTROGIOVANNI, giornalista autore di Ni Vivos Ni Muertos, «è una svolta interessante perché Murillo Karam non è un quadro intermedio e questo fa pensare che finalmente si stia facendo sul serio, non è usuale che in Messico venga arrestato un personaggio della sua caratura. Soprattutto per i capi di accusa per cui è stato arrestato».
* Fonte/autore: Andrea Cegna, il manifesto[1]
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