A Mosca la fiera delle armi, Putin fa affari: «Così libero il Donbass»

A Mosca la fiera delle armi, Putin fa affari: «Così libero il Donbass»

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Il Cremlino fa mostra del suo arsenale, poi attacca gli Stati uniti: «Prolungano la guerra». Già sette miliardi di euro incassati dall’industria russa all’Expo. Si torna a parlare degli S-400, ma la Turchia nega di volerne ancora

 

A Mosca è riunito da un paio di giorni il gotha dell’industria mondiale degli armamenti. Compagnie private, generali, ambasciatori, qualche ministro in visita ufficiale. Discutono di affari alle porte della città, al Parco Patriot, tra gli enormi padiglioni di Armiya-2022, il solo forum che ancora attiri in Russia ospiti stranieri.

«I nostri soldati stanno combattendo con onore per garantire un futuro pacifico a Donetsk e Lugansk», ha detto il capo del Cremlino, Vladimir Putin, nel suo saluto inaugurale: «Passo dopo passo stiamo liberando il Donbass».

A QUELLE TRE PAROLE, «passo dopo passo», il presidente Putin ha dato una cadenza particolare. Non esiste campagna pubblicitaria più tragica. In Ucraina i russi conducono da mesi la peggiore guerra che l’Europa ricordi nella sua storia recente, e nella capitale il comandante in capo mostra come annichilire intere regioni. Gli ospiti sono numerosi, arrivano da trentadue paesi, sono seguiti da un sofisticato dispositivo di sorveglianza, osservano i tremendi progressi raggiunti attraverso il conflitto.

«Vi mostreremo tutte le possibilità delle nostre attrezzature», ha ribadito Putin dal palco. Accanto a sé aveva il ministro della Difesa, Sergeij Shoigu, l’uomo con cui ha condiviso l’ordine di invadere l’Ucraina, quello che negli ultimi mesi gli è rimasto più vicino. È stato Shoigu ad accompagnare Putin nelle retrovie alla fine del discorso.

Dopodiché il ministro ha discusso in pubblico la possibilità di usare in Ucraina armi nucleari: «Da un punto di vista strategico non è necessario farlo per raggiungere i nostro obiettivi», ha detto. Ad Armiya-2022, l’enorme sala vip di quello che è conosciuto con la sigla «Vpk», il complesso militare-industriale russo, Sergeij Shoigu si muove come un padrone di casa.

La Russia è il secondo produttore di armi del pianeta dietro agli Stati uniti. L’export vale quindici miliardi di dollari all’anno. Con gas, petrolio e cereali è una delle grandi fonti di finanziamento del paese. La competizione è aggressiva, soprattutto nel settore missilistico.

PROPRIO IERI si è ripreso a parlare del sistema antiaereo S400, da sempre al centro di trame diplomatiche. Il governo turco ha acquistato dai russi quattro batterie nel 2017 con un accordo da due miliardi di euro. Ieri ha dovuto smentire l’ipotesi di una ulteriore intesa: «Stiamo rispettando l’unico contratto che abbiamo firmato», ha detto un portavoce della Difesa turca.

Quel contratto è tra le leve di tensione con Washington. Funzionari dell’Amministrazione americana hanno suggerito ai loro colleghi di Ankara di trasferire gli S400 all’esercito ucraino per contrastare l’offensiva russa. L’appello è rimasto senza risposta. Ci sono troppe trattative aperte con il Cremlino.

LO DIMOSTRANO la recente visita a Sochi del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e gli accordi firmati con Putin. Questo non significa che i due siano stretti alleati. Anzi. Sul fronte militare la Turchia collabora apertamente con il governo di Kiev per sviluppare nuovi droni, tra le armi più efficaci di cui gli ucraini dispongono.

Oltre alla Turchia, anche Cina e India hanno ricevuto sistemi di difesa S400. I russi sembrano ora disposti ad aprire alla Bielorussia, l’unico partner che sia rimasto loro sulle mappe dell’Europa. «Ci stiamo lavorando», ha detto da Minsk all’agenzia Interfax il numero due delle forze armate, Dmitry Mikholap.

Il quotidiano russo Kommersant stima in sette miliardi di euro gli accordi chiusi sino a questo punto dalle agenzie del governo al Parco Patriot. Uno, particolarmente pesante, riguarda la fornitura all’esercito russo di missili intercontinentali Sarmat.

Ma Putin ha usato Armiya-2022 anche per ribadire la sua personale visione politica dei tempi che corrono. «Gli Stati uniti cercano di prolungare il conflitto in Ucraina e alimentano i conflitti in Asia, in Africa e in America latina», ha detto di fronte agli ospiti.

Il riferimento più diretto è stato al caso Taiwan e alla visita della speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi, «una strategia mirata e consapevole per destabilizzare e creare il caos», ha ripetuto il capo del Cremlino, «una sfacciata mancanza di rispetto alla sovranità altrui e agli obblighi internazionali».

* Fonte/autore: Luigi De Biase, il manifesto

 

ph by Government.ru, CC BY 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/4.0>, via Wikimedia Commons



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